La manovra. Meloni: «Manovra coraggiosa, aiuti ai ceti medi e non ai ricchi»
Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni
Una Giorgia Meloni tutta in rosso presenta la manovra da 35 miliardi varata nella notte dicendosi «soddisfatta e fiera» per una legge «coraggiosa, coerente con la nostra visione e figlia di scelte politiche di cui ci assumiamo la piena responsabilità» e «senza bonus o condoni», a suo avviso. Una legge che risponde anche «agli impegni della campagna elettorale», pur tenendo conto che per sviluppare l’azione dell’esecutivo c’è tutto il resto della legislatura davanti. Così il presidente del Consiglio inquadra il bilancio 2023 nella conferenza stampa di presentazione del testo. Una legge varata con un approccio «da bilancio familiare che, quando le risorse mancano, ti porta a fare ciò che è giusto e non ciò che serve al consenso». E che alla fine, malgrado gli sforzi contro il caro-bollette assorbano i due terzi dell’ammontare, contiene molti punti (forse anche troppi in relazione ai pochi fondi a disposizione) e anche qualche novità rispetto a quanto diffuso nella notte. Con diversi aiuti che, precisa però la premier, «vanno al ceto medio e non ai ricchi».
E’ il caso, a esempio, della Flat tax incrementale per i soli lavoratori autonomi, quella cioè sugli aumenti di reddito da un anno all’altro, che è entrata nel dispositivo, ma solo per una soglia massima di 40mila euro rispetto al triennio precedente. Idem per il taglio delle tasse sul lavoro (il cuneo fiscale), che aggiunge un punto percentuale a beneficio solo dei lavoratori fino a 20mila euro lordi ed è «la misura più costosa di tutte, 4 miliardi, e questo indica che l’altra priorità del governo è aumentare la retribuzione a coloro che hanno redditi più bassi».
Confermata è la revisione del reddito di cittadinanza, in modo significativo messa da Meloni soltanto verso la fine della sua esposizione: nel 2023 non potrà essere percepito per più di 8 mesi per chi ha sottoscritto il “Patto per il lavoro” (confermata però l’esenzione per le donne in gravidanza) e decade alla prima offerta di lavoro “congrua” rifiutata, in più ci sarà la riforma complessiva per tutti dal 2024 dello strumento che, tuttavia, «non sarà abolito». Corposo è il capitolo delle pensioni, con la “Quota 103” che introduce una flessibilità a favore di chi potrà lasciare il lavoro a 62 anni anziché 67 (con 41 anni di contributi), ma potrà percepire al massimo 5 volte la minima, quindi non più di 3mila euro. Un punto caro al vicepremier e ministro delle Infrastrutture, il leghista Matteo Salvini, il quale ha aggiunto il dettaglio che «chi rimarrà al lavoro beneficerà del 10% in più di stipendio».
Ma «la più grande riforma delle pensioni è quella che premia la natalità», ha aggiunto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E quindi non manca un capitolo familiare, con le maggiorazioni sull’assegno unico per i figli e l’aggiunta di un mese di congedo parentale facoltativo retribuito all’80% e utilizzabile fino al sesto anno di vita del bambino/a, «una sorta di salvadanaio del tempo perché io ho sempre pensato - dice Meloni - che molte madri non se lo potessero permettere al 30%». In definitiva, ha concluso Giorgetti, «in tanti si aspettavano che facessimo un po’ di follie, mega-scostamenti di bilancio, così non è, anzi abbiamo avuto coraggio anche su scelte impopolari».