Governo. Mercoledì la manovra alle Camere. Frenata su reddito e pensioni
Gli eventuali risparmi di spesa per l’introduzione del reddito di cittadinanza e di 'quota 100' sulle pensioni potranno essere usati anche per contenere il deficit pubblico sotto il 2,4% programmato. Nell’ultima bozza della legge di Bilancio, il cui testo dovrebbe approdare domani alle Camere, il governo fa un (piccolo) gesto distensivo verso la richiesta europea di modificare la manovra. Per i due ' must' dell’esecutivo gialloverde viene confermata l’istituzione di specifici Fondi, anche se le disposizioni attuative vengono demandate ad «appositi interventi normativi». Il testo del ddl conferma per il 'Reddito' 9 miliardi annui dal 2019 e per le pensioni 6,7 miliardi il primo anno e 7 dal 2010. Il ministero dell’Economia potrà effettuare variazioni compensative tra l’uno e l’altro fondo e in caso di risorse non spese anche apportare le «occorrenti variazioni di bilancio».
In sostanza si dà attuazione alla rassicurazione, già espressa dal premier Giuseppe Conte, che il deficit al 2,4% del Pil nel 2019 dov’essere inteso come tetto massimo mentre il livello effettivo potrebbe anche rimanere al di sotto di quella soglia. Nel caso della previdenza i meccanismi di accesso a quota 100 (quattro finestre di uscita per i privati, due per gli statali e divieto di cumulo con il lavoro), oltre al disincentivo economico legato alla più breve carriera contributiva, potrebbero ridurre la platea interessata all’uscita anticipata.
Mentre per il reddito potrebbe essere soprattutto la tempistica di avvio della 'macchina' a limitare inizialmente la spesa. Un colpo di freno legato ora anche alla definizione dei ddl attuativi che potranno essere varati entro la fine di gennaio. Il testo della legge di bilancio, varato dal Cdm il 15 ottobre, è chiuso e in queste ore è al vaglio della Ragioneria. Tra le novità c’è un aumento dei fondi destinati al pubblico impiego, che nel triennio saranno pari a 4,2 miliardi (1,1 nel 2019). Risorse, destinate ai soli enti centrali della Pa, per il rinnovo del contratto che scade a dicembre.
Entrano nel mirino la Regioni che non taglieranno i vitalizi (sulla falsariga di quanto fatto dalla Camera) entro sei mesi dall’entrata in vigore della manovra: subiranno nel 2019 una riduzione del 30% dei trasferimenti statali (esclusi sanità, sociale e trasporto pubblico). E a proposito di salute, l’accesso delle Regioni ai maggiori finanziamenti del Fondo sanitario rispetto al 2018 (114,4 miliardi nel 2019, altri 2 miliardi nel 2020 e 1,5 nel 2021) viene vincolato all’approvazione di un nuovo Patto che dovrà contemplare diverse misure di «programmazione e miglioramento della qualità delle cure» anche con l’obiettivo di rivedere il superticket. Si allenta intanto la 'stretta' sulle società partecipate: non ci sarà l’obbligo di procedere all’alienazione se la società partecipata ha «prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente».
«Buona scuola» nel mirino: viene ridotta l’alternanza scuola-lavoro – da 400 a 150 ore per i tecnici e a 180 per i professionali, da 200 a 90 per i licei. Cambiano anche le norme sul reclutamento degli insegnanti e salta anche la nomina diretta dei docenti da parte dei presidi su base territoriale.
Mentre arriva un nuovo bonus contributivo di un anno (tetto a 8mila euro) per chi assume laureati under 30 o dottori di ricerca under 34. Il fondo per i risparmiatori danneggiati dai fallimenti delle banche torna agli 1,5 miliardi promessi, su base triennale (525 milioni l’anno fino al 2021). Potranno accedervi gli azionisti di banche poste in liquidazione coatta o in risoluzione che hanno subito un 'danno ingiusto'. Il risarcimento sarà pari al 30% della perdita, nel limite massimo di 100mila euro. Oltre alle già annunciate assunzioni straordinarie nelle forze dell’ordine (6.150 unità in 5 anni), la manovra prevede anche 1.000 nuovi ingressi in tre anni negli ispettorati del lavoro.
Infine arriva la Flat tax per le ripetizioni private: i professori potranno versare un’imposta sostitutiva del 15% per le lezioni, invece delle più pesanti aliquote dell’Irpef. Un tentativo di far emergere un’attività oggi in larga parte sommersa. Confermata, infine, la sterilizzazione totale degli aumenti Iva e delle accise per il 2019. Per il biennio successivo il taglio è solo parziale.