Sui binari da qualche giorno, parte domani al Senato con la sessione di Bilancio il treno della Stabilità. Il via libera della commissione arriverà venerdì 13, mentre l’approdo in Aula è previsto per il 17 novembre, nella speranza di chiudere a Palazzo Madama entro il 20. Un viaggio che si prevede travagliato, con le proteste già in atto su più fronti, i sindacati pronti a scendere in piazza il 28 e le stime riviste ieri dai tecnici della Camera. Un quadro in cui diviene una boccata di ossigeno l’annuncio del presidente della Commissione europea Juncker dell’apertura alla flessibilità per le spese per la crisi dei migranti. Perché – come ogni anno – la coperta corta scopre i malumori di diverse categorie. Il pubblico impiego, con Cgil, Cisl e Uil, compresa la scuola, si dà dunque appuntamento fra un mese per rivendicare il diritto al rinnovo del contratto, scaduto da oltre sei anni. I sindacati chiedono «un rinnovo dignitoso », che significa un aumento medio di 150 euro sulle 'buste-paga', altro che «una mancia come vorrebbe il governo». E sul web imperversa l’hashtag #contrattosubito. Ma sulla possibilità di sforare le soglie previste rispetto ai circa 300 milioni stanziati, i margini sono davvero esigui se non inesistenti. Il valore della manovra, in termini di indebitamento netto, è salito da 26,5 a 28,7 miliardi di euro, al netto della clausola migranti. Il deficit dunque cresce di 14,5 miliardi, stando alle tabelle del dossier dei tecnici del Servizio bilancio di Camera e Senato. Con la flessibilità dello 0,2 per cento per le spese relative ai migranti la manovra salirebbe a 31,8 miliardi. Le minori entrate nel 2016, dunque, ammontano a 23,8 miliardi (al netto della clausola di salvaguardia): il calo delle tasse è perciò di 7 miliardi. Di questi 4,5 sono impiegati per cancellare la Tasi. Come primo passo la commissione Bilancio ha nominato ieri i relatori: sono Magda Zanoni (Pd) e Federica Chiavaroli (Ap). In fase di esame, non saranno solo l’abolizione delle tasse sulla casa e l’aumento dei contanti per i pagamenti a creare problemi all’esecutivo. Prima ancora dello sciopero (evocato dal leader Uil, Carmelo Barbagallo), i sindacati già ieri hanno inscenato una protesta spontanea al ministero dell’Economia, con una sorta di invasione di cortile e corridoi dei dipendenti del Tesoro, penalizzati soprattutto dal blocco delle risorse per il salario accessorio. E forti polemiche sta suscitando il taglio del 50 per cento (rispetto al triennio 2013-15) – pure annunciato da Renzi – alle spese della Pa per l’hi
tech. M5S lo valuta tra i 2 e i 3 miliardi, e parla di «schizofrenia» delle politiche del governo sul digitale. Una misura che peraltro è considerata «incomprensibile» anche da Confindustria digitale, visto che tagliare «la spesa nelle nuove tecnologie significa tagliare proprio lo strumento principale per operare una
spending reviewstrutturale e rendere efficiente la Pa». C’è poi il nodo dei Caf, cui già erano state ridotte le risorse lo scorso anno, che lanciano l’allarme «chiusura » per molti centri, e considerano la sforbiciata «immotivata», dopo il lavoro sul fronte del fisco, visto che anche quest’anno 17,5 milioni di contribuenti si sono avvalsi dell’assistenza fiscale per la dichiarazione dei redditi. Non si dovrebbe riaprire, invece, il capitolo pensioni, visto che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha assicurato che una proposta sulla flessibilità arriverà nel 2016.
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