Manovra. «Non cambiamo», così l'Italia risponde a Bruxelles
Conferme scritte su stime e numeri della manovra; timide ammissioni sul fatto di aver sconfinato il perimetro delle regole europee; ostinazione a non voler modificare nulla; disponibilità a intervenire soltanto in caso di crescita al di sotto delle attese. Prova a tenere insieme tutto la lettera di risposta alle osservazioni della Commissione Ue sulla legge di Bilancio, inviata ieri a Bruxelles, e su cui si attende una controreplica nelle prossime ore.
Nel documento, firmato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, si puntualizza che il governo italiano «è cosciente di aver scelto un’impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di stabilità e crescita». «È stata una decisione difficile ma necessaria – si sottolinea nella missiva – alla luce del persistente ritardo nel recuperare i livelli di Pil pre crisi e delle drammatiche condizioni economiche in cui si trovano gli strati più svantaggiati della popolazione». La concessione all’Europa è la promessa di modificare il piano in corsa nel caso in cui si vedesse un rallentamento del Pil rispetto a quanto preventivato: «Qualora i rapporti deficit-Pil e debito-Pil non dovessero evolvere in linea con quanto programmato, il governo si impegna a intervenire adottando tutte le necessarie misure affinché gli obiettivi indicati siano rigorosamente rispettati».
Di fronte a rilievi posti da Bruxelles comunque il numero uno del Tesoro prova a rassicurare, sostenendo che la manovra 2019 «non espone a rischi la stabilità finanziaria dell’Italia né degli altri Paesi dell’Unione europea», nell’ottica del ragionamento secondo cui il «il rafforzamento dell’economia italiana sia anche nell’interesse dell’intera economia europea». Tria suggerisce ai commissari europei una chiave di lettura diversa da quella che tanti suoi colleghi economisti hanno fornito sulla composizione della finanziaria. Per il numero uno del dicastero di via XX Settembre la legge di Bilancio rappresenta uno stimolo alla crescita: «Ad oggi il dibattito pubblico si è limitato alla consistenza dei numeri e degli indicatori e non ha ancora fatto emergere le riforme strutturali che formeranno parte integrante della manovra». Pur senza citarli espressamente, Tria ritiene che reddito di cittadinanza e provvedimenti sulle pensioni «avranno un impatto significativo sulla percezione e sui comportamenti dei cittadini, delle imprese e degli investitori».
Nel frattempo, cresce l’attesa per la reazione europea alla lettera italiana. Oggi il collegio dei commissari Ue, riunito a Strasburgo, discuterà i prossimi passi da compiere. E prima ancora di una posizione scritta, dal commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, arrivano un messaggio chiaro e un invito a rispettare le regole comuni nei confronti di Palazzo Chigi: «Non vogliamo una crisi tra Bruxelles e Roma, la Commissione europea pensa che il posto dell’Italia sia al centro della zona euro, non all’esterno». Sulla legge di Bilancio il giudizio non è positivo già dalla definizione che gli è stata incollata addosso: «Non mi piace l’espressione manovra del popolo, perché quando un popolo è molto indebitato alla fine sono i cittadini che pagano».
Eppure, nonostante gli avvertimenti, dell’eventualità di cambiare punti salienti del testo i due azionisti dell’esecutivo non ne vogliono sapere. Matteo Salvini esclude anche qualsiasi patrimoniale o prelievo dai conti correnti prima di chiarire che non ci saranno retromarce: «Se ci sono proposte sono le benvenute ma è chiaro che la manovra la fa il governo e i capisaldi non si toccano. Non recediamo di un millimetro». Sulla stessa lunghezza anche l’altro vicepremier Luigi Di Maio, che sembra quasi mettere in conto – senza farne un dramma – che la Ue respingerà il documento. «Per ora sta andando tutto come previsto ma se questo governo è nel giusto non avrà nulla da temere – afferma il capo politico del M5s –. E siccome siamo nel giusto, perché siamo dalla parte dei cittadini, non dovremo fare altro che spiegare le nostre ragioni. Anche se la Commissione europea, come si legge, dovesse bocciare le ragioni di questa lettera ci saranno altre settimane, altri tempi, per riuscire a interloquire con le istituzioni e spiegare quello che vogliamo fare».
Più possibilista dei due "vice" sull’eventualità di correzioni è il premier. Giuseppe Conte da una parte ribadisce la disponibilità «a sedersi a un tavolo» anche perché «non siamo una banda di scalmanati» e «se avessimo fatto una manovra diversa saremmo entrati in recessione», ma dall’altra parte rimarca come il 2,4% sia «il tetto massimo che ci siamo impegnati solennemente e faremo di tutto per rispettare». Nella precisazione finale si nota la volontà di non andare allo scontro con i vertici europei: «Se dovessimo accorgerci che il trend dell’economia non fosse in linea con gli obiettivi del deficit/Pil al 2,4% siamo anche disponibili a valutare misure che portino a un contenimento della spesa nel corso di attuazione della manovra». La cena di governo del trio Conte-Di Maio-Salvini serve a mettere a punto tutte le mosse possibili in attesa delle imminenti comunicazioni in arrivo da Bruxelles.