La manifestazione. Il popolo della pace: «Siamo in 100mila, ora il cessate il fuoco»
Il corteo di Roma
La via della pace non si percorre con le armi. La voce del popolo che invoca il cessate il fuoco arriva da Roma dove si sono radunati migliaia di cittadini, attivisti e membri del mondo associativo e della società civile per la manifestazione nazionale apartitica promossa dalle principali reti del movimento per la pace: Rete italiana pace e disarmo, Campagna Sbilanciamoci!, AOI (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale), #StopTheWarNow. Sono circa 600, in totale, le realtà che hanno aderito alla mobilitazione per chiedere un immediato cessate il fuoco, un negoziato per la pace, il bando di tutte le armi nucleari e la solidarietà per il popolo ucraino e per le vittime di tutte le guerre. QUI TUTTE LE ADESIONI
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ore 17 la manifestazione si conclude con le note di "Bella ciao". "Siamo più di centomila", hanno comunicato gli organizzatori della manifestazione.
Ore 16:30 Nel primo pomeriggio si intravedono sempre più volti vicini alla politica. Sono soprattutto esponenti del centrosinistra italiano. «La manifestazione nasce da un’iniziativa di tanti soggetti della società civile e quindi l’assenza di bandiere di partito è un segno di rispetto», dice Stefano Fassina convinto che «chi vuole il bene del popolo ucraino deve volere la pace, deve volere un negoziato che viene dal confronto con il nemico». Nei pressi del palco, anche il segretario del Partito democratico Enrico Letta che preferisce non rilasciare dichiarazioni.
«È una manifestazione di migliaia di persone che credono nella pace. Si sentiva questo vuoto», commenta l’ex presidente della Camera Laura Boldrini. «E allora - aggiunge - il messaggio è rivolto alla politica affinché il tema della pace sia centrale nell’agenda politica mentre fino ad oggi non lo è stato». E ancora: «Mi sembra giusto non mettere il cappello politico su questa iniziativa - dice Boldrini -, ma allo stesso tempo penso che tutte le forze politiche dovrebbero essere qui. E invece non è così».
In piazza, anche l’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola: «Questa piazza vuole ricostruire il popolo della pace per contrastare una narrazione offensiva e mistificante per cui chi invoca il cessate il fuoco è putiniano». Vicino a lui, il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni: «È una piazza giusta e necessaria in cui io mi sento a mio agio. Dopo nove mesi di guerra, l’unico modo per garantire sicurezza è cambiare passo. Mentre sino ad oggi l’unica parola è stata quella delle armi. Ora è il momento della diplomazia». Quella diplomazia invocata da chiunque gravita nella piazza del 5 novembre. «È una piazza che vuole dire no a chi continua a volerci far credere che la pace ha bisogno di armi», dice l’ex ministra Rosy Bindi. «La Russia e l’Ucraina devono cessare il fuoco e sedersi al tavolo per trovare un punto di incontro e trattare. La comunità internazionale deve fare questo. Oggi stare dalla parte dell’Ucraina significa trattare, non continuare con la guerra». Alla manifestazione anche i Cinque Stelle con il leader Giuseppe Conte, che "ha rimarcato come la voce della piazza non può essere ignorata dai governi. I cittadini oggi sfilando dicono che siamo stanchi di questa strategia, che prevede solo un'escalation militare. Vogliamo un negoziato di pace".
La manifestazione di Roma - Reuters
Dal palco, intanto, si è concluso l’intervento di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio: «Non abbiamo paura di dire con forza la parola pace. Lo diciamo con accenti diversi. Pace è la parola che diciamo pensando all’Ucraina, soprattutto a tutte quelle donne ucraine che sono fuggite con i loro figli».
Sul palco Flavio Lotti (Tavola della pace) e Giuseppe De Marzo (Rete dei numeri pari) hanno ringraziato il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, «il primo ad aver creduto in questa manifestazione» e ad aver appoggiato le ragioni della mobilitazione per la pace. La piazza ha risposto con un lungo e sentito applauso.
Ore 15:40 Non si contano le bandiere della pace che sventolano in piazza mentre altra gente continua ad arrivare per partecipare alla manifestazione in cui trova spazio anche un momento di solidarietà per il popolo iraniano. «La pace è di tutti: in mare e in terra», dice Rossella Miccio, presidente di Emergency. «Gino sarebbe felicissimo di vedere questa pace oggi», scandisce dal palco innescando un caloroso applauso nel ricordo di Gino Strada.
«Noi - ha proseguito Miccio - abbiamo deciso da che parte stare, come tutte le Ong umanitarie, perché essere contro la guerra significa in primis essere dalla parte delle vittime dell’Ucraina, ma di tutte le guerre. Noi ripudiamo la guerra, lo facciamo tutti i giorni negli ospedali in cui curiamo le vittime di guerra. Siamo stanchi di sentire dire che la guerra è una necessità. Non lo è: la guerra è una scelta. E fino a quando ci sarà guerra non potrà esserci diplomazia».
Ore 15:00 Prima dell’inizio degli interventi, dal palco si legge la lettera inviata dal cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei. «Liberi insieme dalla guerra», inizia con queste parole l’intervento rivolto a chi, oggi, si è messo in cammino nel nome della pace. «Caro amico - scrive Zuppi - sono contento che ti metti in marcia per la pace. Le guerre iniziano sempre perché non si riesce più a parlare in modo amichevole tra le persone. Siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Alcuni diranno che manifestare è inutile. Ma io desidero dirti perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti. È importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Ricorda che manifesti anche per quanti vogliono manifestare, ma non possono farlo. E allora grida la pace anche per loro. Quanti muoiono drammaticamente a causa della guerra? I morti non sono statistiche, sono persone. E quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre dimenticate? Per questo chiediamo aiuto: stanno male, stanno morendo, non c’è tempo da perdere perché questo significherebbe altre morti. Non c’è futuro se non insieme. L’unica strada è riscoprirci fratelli tutti. Fai bene a non portare nessuna bandiera, ma solo te stesso. Papa Francesco ha chiesto di fermare la guerra con molta insistenza. Chiediamo al segretario generale delle Nazioni unite di convocare urgentemente una conferenza internazionale per la pace. E chiediamo all’Italia di rarificare il trattato Onu della proibizione delle armi nucleari, perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta».
Mentre sul palco si susseguono gli interventi delle realtà aderenti alla manifestazione come Arci secondo cui «il cessate il fuoco deve esserci ora, subito», perché «solo una soluzione politica può fare giustizia», dietro il palco il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini parla di un concreto rischio nucleare. «Le ultime notizie dicono che abbiamo il Mediterraneo che inizia a riempirsi di sommergibili con testate nucleare che potrebbero distruggere più parti dell’Europa. È un rischio concreto che dobbiamo evitare. E quindi è necessario che i Paesi dicano “No” a questa logica. Bisogna fermare questa guerra e affermare una cultura della pace. La manifestazione di oggi ci dice che è il tempo del coraggio e della mediazione. Non possiamo rassegnarci alla guerra, bisogna superare l’idea che la guerra sia un modo per superare i conflitti. È il momento di spostare la spesa militare dalle armi alla sanità, alla cura, alla conoscenza, alla formazione e al lavoro, mettendo le persone nelle condizioni di vivere non solo in pace, ma anche con dignità».
Ore 14:40 Il corteo ha raggiunto il palco di piazza San Giovanni. Stanno iniziando i primi interventi. Intanto, dietro il palco arrivano alcuni degli ospiti che interverranno durante il pomeriggio. «La cosa più importante è esserci ritrovati in tanti», riferisce Lisa Clark di Beati costruttori di pace. «Sono state create, forse un po’ ad arte da esterni, delle tensioni tra tutti noi in questi mesi. Ma queste differenze non avevano ragione di esistere e anche se non abbiamo una visione identica, siamo convinti del fatto che il nostro primo compito è la solidarietà con il popolo ucraino. Il secondo è di spingere i governi e le istituzioni internazionali a riprendere in mano la diplomazia, perché non solo con le armi si può affrontare questa guerra. Per me mai con le armi. Dopo oggi avremo più fiducia in noi stessi uniti e avremo posizioni politiche più forti. Io, che mi occupo di disarmo nucleare, tornerò alla carica con il nuovo governo affinché rarifichi il trattato Onu della proibizione delle armi nucleari».
Tra i tanti a Roma oggi per dire basta alla guerra, c’è anche don Luigi Ciotti. «Ci metto la faccia per dire da che parte siamo. È un ruolo che abbiamo tutti. Le istituzioni, invece sono in ritardo. Ma c’è anche una responsabilità di noi cittadini. Otto mesi sono troppi e allora dobbiamo raccogliere le nostre forze per chiedere la pace. Dobbiamo costruire percorsi di libertà per la gente. Non dimentichiamo che la politica è servizio per il bene comune. Se la politica non fa questo, non è politica, ma un’altra cosa. Manifestazioni come queste sono segni importanti che però devono graffiare le coscienze. Noi camminiamo nel nome della vita e dobbiamo salire sulle barricate in nome della vita è di quei diritti fondamentali traditi».
Al corteo si sono visti anche padre Alex Zanotelli, 84 anni, e padre Enzo Fortunato: "Mi auguro - dice - che da qui parta un grande movimento popolare contro le armi, la guerra".
Ore 14:15 Il corteo sta proseguendo la sua marcia per la pace. Tra pochi minuti raggiungerà piazza San Giovanni in Laterano. Lì, sul palco allestito per l’occasione, inizieranno gli interventi delle realtà che hanno aderito alla rete e si susseguiranno diverse testimonianze. «La prima impressione che abbiamo dal corteo è che siamo molto di più del 5 marzo», commenta Sergio Bassoli della Rete italiana di pace e disarmo. «Riusciremo a riempire la piazza - aggiunge -. Abbiamo dimostrato che è possibile scendere in piazza con un’ampissima coalizione di 600 realtà che hanno aderito alla piattaforma che è un’agenda di pace. Questa è la nostra proposta che consegniamo al governo e al Parlamento e che porteremo in Europa. Questo è il nostro impegno».
Ore 13:30 Il corteo della pace è partito in direzione piazza San Giovanni in Laterano. Sono molto gli universitari in piazza. Circa 80 di loro provengono dall’Universita di Padova, come Samuele e Laura (20 anni). «Non crediamo che questa manifestazione sarà sufficiente a mettere fine al conflitto - dicono -, ma è sicuramente una cosa utile». E poi le famiglie, molte con bambini che indossano la bandiera della pace.
Tra le realtà aderenti alla manifestazione, anche la Rete dei numeri pari. «Siamo convinti che non può esistere pace senza giustizia sociale e giustizia ambientale», spiega il presidente dell’associazione Giuseppe De Marzo. «Oggi stiamo dichiarando guerra alla terra e abbiamo una situazione sociale catastrofica - prosegue -. Non si costruisce la pace con le armi e con il nucleare, bisogna cambiare modello produttivo». Ma il tema è cosa accadrà dopo oggi. «Ci si aspetta un negoziato, è gravissimo che abbiamo sdoganato parole come guerra nucleare. La pace è l’unica opzione che esiste, non è un’opzione morale».
La manifestazione di Roma - Ansa
Ore 12:30 In piazza continuano ad arrivare persone. Secondo le forze dell’ordine saranno 35mila in totale, ma il numero esatto sarà calcolato solo una volta che il corteo sarà partito.
Intanto, in piazza della Repubblica c’è anche Tiberiu. Lui è originario della Romania, ma vive e lavora a Roma da anni. «Sono qui per manifestare solidarietà con il popolo ucraino», dice in rappresentanza della sua comunità. «Oggi saremo una ventina - spiega - per chiedere lo stop di tutte le guerre e per dire “viva la pace!”».
«Non so cosa aspettarmi da questa manifestazione, ma è importante esserci perché non ho nessun altro mezzo per far sentire la mia voce». Michela è partita stamattina in treno da Castelnuovo val di Cecina, in provincia di Pisa. «Se l’eco della nostra voce arriva in Ucraina, le persone che sotto le bombe sapranno che non sono sole», dice.
Ore 12:00 La stazione Termini è un crocevia di persone. Di solito, nel fine settimana, sono i turisti a popolare la stazione centrale di Roma. Ma questa volta a loro si sommano le migliaia di cittadini in arrivo da tutte le parti d’Italia. Sono partiti in treno e in pullman per arrivare a piazza della Repubblica, a pochi passi da Termini, per radunarsi. Alle ore 13:00 partirà da qui il corteo in direzione piazza San Giovanni in Laterano dove, poco prima delle 15:00, sono previsti gli interventi e le testimonianze delle realtà aderenti alla manifestazione.
«Stiamo aspettando qualche centinaia di persone che sono in arrivo in bus». Alberto Cacopardo ha raggiunto Roma stamattina. È partito da Firenze con altre tre persone per dire in piazza «sì ai negoziati e no all’invio di armi - spiega Alberto - perché siamo convinti sia ora di mettere fine a questa guerra e non di alimentarla ancora».