Manifestazione. Il Pd riempie la piazza e ritrova il suo popolo che chiede unità
Manifestanti del Pd in Piazza del Popolo
E' una piazza del Popolo assolata quella che accoglie il popolo del Pd. Militanti arrivati da tutta Italia ma anche tanti semplici cittadini e giovani che hanno raccolto l'invito del Partito Democratico per la prima grande manifestazione politica contro il governo di Salvini e Di Maio. Per scaldare i cuori dagli altoparlanti partono Bella ciao, nella versione irlandese dei Modena City Ramblers, e l'Inno d'Italia di Mameli in una piazza colorata di bianco, rosso e verde. Non solo per i simboli e le bandiere del Pd, ma anche per i tricolori e i grappoli di palloncini ovunque. E poi il blu delle tante bandiere dell'Unione Europea. Perché sia chiaro da che parte sta il Pd: «Per l'Italia che non ha paura» è la scritta che campeggia a carattere cubitali sul palco. La stessa nelle migliaia di cartelli distribuiti tra la folla, che sul retro riportano anche le bandiere - italiana e europea - unite graficamente con lo slogan «Un solo futuro»
Quasi tre ore di manifestazione che - secondo gli organizzatori - raccoglieranno, nel momento clou dell'intervento del segretario Maurizio Martina, 70 mila persone. Probabilmente una cifra non troppo lontana dalla realtà, se vale la nota "formula" dei quattro manifestanti per metro quadro, in una piazza che ne misura circa 17 mila metri quadri. Affacciandosi dal Pincio il "catino" appare pieno ovunque, a parte le corsie per i mezzi di soccorso, con la folla che riempie anche la parte finale di via del Corso e le rampe che salgono a Villa Borghese.
I dirigenti del partito stavolta ci sono tutti, nonostante divisioni e diatribe. Ma sul palco prima di Martina parlano solo esponenti della società civile: Federico Romeo presidente del municipio della Val Polcevera di Genova, dove è crollato il Ponte Morandi, un operaio dell'Ilva, un operatore ecologico dell'Ama di Roma, un immigrato africano, una mamma pro-vaccini, giovani volontari antimafia, un insegnante di Tor Bella Monaca.
Dalla folla applaude e risponde. E il messaggio che lancia ai dirigenti del partito è semplice e chiaro: unità. Lo dimostrano i cori scanditi a più riprese. E "unità" è anche la parola ripresa e rilanciata dal segretario Martina e dai leader delle diverse correnti che parlano con i cronisti nel retroplaco o in piazza, compresa l'ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Unità per contrastare le politiche del Governo gialloverde. Si nota l'assenza del governatore pugliese Michele Emiliano. Per la sua corrente, però, c'è Francesco Boccia che si dice comunque soddisfatto. Per un giorno le liti sono sospese. A beneficio di telecamere Matteo Renzi e Paolo Gentiloni si abbracciano, poi tocca a Graziano Delrio e Carlo Calenda. Quindi Maurizio Martina e Renzi. Abbracci e selfie come se non ci fosse un congresso all'orizzonte. Quello che chiedono i militanti con i cartelli «Congresso adesso»
Ed è un «nuovo Pd per una nuova sinistra» quello che chiede Maurizio Martina in un discorso appassionato di quasi tre quarti d'ora, che a tratti secca la gola al segretario. Il segretario non vuole "tifosi", ma una "comunità di destino". «Ho visto tra voi una maglietta con una scritta bellissima: Siamo somma, non divisione» o ancora «Un segretario non parla di unità, la pratica». Martina chiude il suo discorso chiedendo a tutti «un passo avanti». Parola d'ordine, scuotersi e "alzare la mano" perché è troppo pericoloso il rischio rappresentato dall'esecutivo M5S-Lega. Il Pd è pronto a costruire l'alternativa. «Voglio dire a tanti elettori di centrosinistra che non ci hanno votato il 4 marzo: abbiamo capito». E lo dice urlando e scandendo le parole. «Adesso voltiamo pagina, dateci una mano». L'invito, forte, è a militanti e intellettuali a mettersi in gioco in prima persona.
Il segretario richiama i valori «della Resistenza di cui siamo figli», e punta il dito contro le cene di Matteo Salvini con Casapound, senza nemmeno nominarla. Martina replica anche alla frecciata di Luigi Di Maio: «Noi non gufiamo per lo spread - dice - noi abbiamo a cuore il futuro degli italiani a cominciare dai più giovani». Quindi difende Matteo Renzi dall'attacco dell capo politico dei Cinquestelle: «Vergogna, non si dà dell'assassino politico a un esponente dell'opposizione». Poi Europa, legittima difesa, femminicidi, migranti e stranieri (in piazza una delegazione della Somalia), lotta alla mafia, condoni. «Un governo di nazionalisti di destra e oscurantista». E attacca: «C'è chi ama il balcone, una cosa da repubblica delle banane, noi preferiamo la piazza». I temi ci sono tutti. Una stoccata sul condono fiscale e un'altra a Matteo Salvini che «deve restituire i 49 milioni truffati agli italiani». La piazza applaude e intona sarcasticamente lo slogan «onestà, onestà, onestà» targato Cinque stelle.
Nel backstage i leader ascoltano e sorridono. Le parole infuocate delle direzioni sono state sospese per un giorno. Ci sono Dario Franceschini, Gianni Cuperlo, Andrea Orlando, Ettore Rosato, Lorenzo Guerini, Francesco Bonifazi, Luca Lotti, Maria Elena Boschi. Ma l'attenzione è (quasi) tutta concentrata su Matteo Renzi e Nicola Zingaretti. Renzi chiarisce di non aver «mai detto che Zingaretti non è adatto» a fare il segretario, rinnova gli appelli all'unità, dice che dopo il congresso «il segretario o la segretaria» avrà il sostegno di tutto il aprtito perché sarebbe «illogico e incomprensibile litigare di fronte al rischio Venezuela» che si prospetta con le politiche di questo Governo. «Salvini ha detto che saremmo stati quattro gatti? Attento, perché i gatti hanno sette vite».
Per Nicola Zingaretti la piazza dimostra che la sfida dell'unità nel Pd è stata «vinta». Per il governatore però il Pd è un partito «che soffre» e per questo va cambiato, per costruire l'alternativa. Quindi la stoccata finale ai Cinquestelle, a cui è stato accusato di occhieggiare: «Chi già aveva le bottiglie di champagne in frigorifero - perché loro brindano a champagne - per festeggiare il fallimento del Pd rimetta quelle bottiglie a posto perché il Pd combatterà dalla Val d'Aosta alla Sicilia per salvare l'Italia». «Una vera manifestazione di popolo, di unità. Il popolo del Pd c'è e continuerà ad esserci per opporsi alla deriva
populista», dice il senatore dem Edoardo Patriarca. Alla sfida dell'unità ora i big devono dimostrarsi all'altezza, perché il popolo democratico ha dimostrato di esserci. La manfestazione è finita e la folla sciama rincuorata, sulle note epiche di "Born to run" di Bruce Springsteen. Siamo nati per correre, canta il rocker del New Jersey, perché anche se la strada è lunga il Pd sembra deciso a percorrerla tutta.