L'intervista. Manfredi: un patto dei sindaci del Sud contro la povertà educativa
L'ex ministro dell'Università Gaetano Manfredi
Le prime settimane di campagna elettorale hanno restituito a Gaetano Manfredi una serie di urgenze deragliate, con la pandemia, in veri e propri drammi: dispersione scolastica, adolescenza abbandonata, giovani e giovanissimi senza gli strumenti minimi per cogliere le opportunità della ripartenza. Se non si interviene, spiega l’ex ministro dell’Università del secondo governo Conte ed ex rettore della Federico II, Napoli e il Sud non ce la faranno. Perciò il candidato sindaco del centrosinistra nel capoluogo campano - che tra l’altro porta anche la responsabilità politica di una delle poche alleanze riuscite tra Pd e M5s - vuole lanciare un appello a chi competerà per la fascia tricolore nelle città del Meridione, per «scrivere insieme un Patto di contrasto alla povertà educativa».
Professore, le città al voto a ottobre sembrano avvicinarsi alla scadenza elettorale senza enormi entusiasmi. Riesce a trovare una motivazione?
La pandemia ha indubbiamente sfiacchito le persone, concentrate a tutelare prioritariamente la salute propria e degli altri. In molti hanno perduto il posto di lavoro o rischiano di perderlo, il confronto con i cittadini non può che partire da questo allarme. Di questo fattore dobbiamo tenere conto se vogliamo costruire una campagna elettorale che sia coinvolgente, ma che soprattutto elabori risposte concrete per coloro che hanno subito gravi conseguenze dagli effetti del virus. Per quanto riguarda il mio percorso a Napoli, l’entusiasmo sta crescendo di giorno in giorno.
Dal suo punto di vista, e anche come ex ministro, non crede che il dibattito sia totalmente sbilanciato su una ripresa economica che non si fa carico delle diseguaglianze?
Condivido pienamente il timore. La vera sfida che abbiamo tutti di fronte sul piano politico ed istituzionale - governo centrale, Unione Europea, Regioni e Comuni - è saper coniugare la necessaria ripresa dell’economia reale con la riduzione delle diseguaglianze sociali, ampliate come detto dalla pandemia tramutatasi ormai in una sindemia. A Napoli poi l’urgenza è ancora più stringente. Occorrono nuove politiche di welfare, che vedano protagoniste tutte le forze sane della città nell’ottica non solo di "difendere" ma anche far "vivere" i diritti primari delle persone, troppo spesso ignorati in questi anni.
Come si potrebbe riequilibrare il rapporto tra sviluppo e recupero delle fasce sociali più massacrate dal Covid?
Cogliendo subito la grande opportunità rappresentata dalle direttrici del Recovery plan. Altrimenti perderemo la grande occasione di imprimere quel cambiamento che gran parte della società chiede alla politica. Spendere bene le risorse europee è un dovere istituzionale e persino morale. Per questa ragione, mi sento di lanciare una proposta a tutti i candidati a sindaco delle città del Sud: scriviamo insieme un Patto di contrasto alla povertà educativa, che costituisce il vero problema che attanaglia il Mezzogiorno. Possiamo e dobbiamo costruire un sistema di welfare che metta insieme la programmazione degli enti pubblici con le iniziative dei soggetti privati per innescare un percorso virtuoso. Sanità, scuola e politiche sociali, sono settori strettamente legati tra di loro: ragioniamo quindi sulle linee di intervento e finanziamento utili a ridurre i divari sociali, economici, territoriali. Napoli e l’intero Sud hanno tutte le potenzialità per essere competitivi: per farlo, dobbiamo preliminarmente contrastare le varie forme di povertà educativa.
Che ruolo avrebbero associazioni, Terzo settore e oratori in questo piano?
Un ruolo determinante. Troppe volte l’associazionismo sia di origine cattolica che laica hanno colmato le lacune dello Stato in tutte le su articolazioni. Ma una cosa deve cambiare: chi governa deve assumersi la responsabilità di agire da regia programmatoria mettendo in rete tutte le esperienze che sui singoli territori sono prossimi a chi soffre.
A Napoli e in molte città del Sud mancano asili nido e per elementari e medie il tempo pieno è l’eccezione e non la regola: un sindaco ha poteri?
I napoletani, dopo anni di urla e conflittualità, chiedono un ritorno alla normalità, ai servizi minimi essenziali, quella sarà la priorità dal punto di vista amministrativo. Su minori e scuola, un sindaco può fare molto. Per quanto riguarda gli asili nido, servono più fondi per aprirli nonché per consentire alle donne-mamme di andare a lavorare: a tal scopo vanno intercettate le risorse del Recovery. Tra le voci principali del Pnrr c’è appunto il tema dell’istruzione, dai nidi all’Università. Sul tempo pieno, dopo mesi di didattica a distanza, è necessario far tornare gli studenti in classe per recuperare in primis quel bagaglio di relazioni sociali a cui hanno dovuto rinunciare.