Estate a rischio. I balneari minacciano: siamo pronti a chiudere le spiagge
Manifestanti contro la direttiva europea Bolkestein
La stagione balneare 2024, almeno simbolicamente, non si è aperta al mare ma in città. A Roma, ieri mattina, migliaia di lavoratori sono scesi in piazza Santi Apostoli per protestare contro i ritardi nell’approvazione di una legge che dia certezze al settore. Ma, stavolta, i balneari si sono divisi. Da una parte, Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti hanno radunato imprese da tutta Italia (si contano ormai 7mila stabilimenti nel Paese, in crescita del 25% dal 2013), lamentandosi dell’assenza del Governo al loro fianco. «Consideriamo Giorgia Meloni una presidente coerente e forte – sostiene il presidente Sib Antonio Capacchione – ma oggi ha sbagliato a non essere qui con noi». Dall’altra, Assobalneari-Confindustria e Base Balneare hanno organizzato due conferenze stampa, alla Camera dei deputati e al Parlamento europeo di Bruxelles, puntando piuttosto il dito contro l’Unione, accusata «di gettare nell’incertezza lavorativa decine di migliaia di persone» – come sostengono i presidenti delle due sigle, Fabrizio Licordari e Bettina Bolla – consentendo «un’applicazione distorta della Bolkestein».Le spiagge italiane, del resto, sono un campo di battaglia da oltre dieci anni. In Europa, continua il braccio di ferro fra Governo e Unione sull’applicabilità della direttiva Bolkestein, che impone la concorrenza in caso di «scarsità della risorsa naturale» (le spiagge libere). In Italia, gli imprenditori lamentano di essere bloccati negli investimenti da una legge, mai promulgata, che riordini un settore dal fatturato vicino ai 31 miliardi di euro. Con ordine. A Bruxelles la partita si gioca sul calcolo delle spiagge libere italiane. Molte (i due terzi di tutto il litorale), secondo il Governo che si affida al dato elaborato a ottobre scorso da un tavolo tecnico istituito a Palazzo Chigi, con rappresentanti di diversi ministeri, alcune Regioni e associazioni di categoria. Parecchie meno, al contrario, secondo il commissario europeo al Mercato interno Thierry Breton che tre settimane fa, rispondendo all’europarlamentare Rosa D’Amato (Verdi), ha ribadito i dubbi sui lidi annoverati nel monitoraggio e ha suggerito di cambiare i criteri del calcolo, «basandosi su un’analisi qualitativa».
La preparazione delle spiagge in vista dell'estate - Fotogramma
Se la Commissione dovesse dare ragione all’Esecutivo italiano – per adesso si è sempre espressa negativamente –, non sarebbe necessaria la messa al bando delle concessioni demaniali marittime. Per il momento, però, prosegue l’iter della procedura d’infrazione a nostro carico e, di pari passo, il dialogo tecnico per scongiurare sanzioni. Un tira e molla che arena anche la redazione di una legge di riordino: in questo contesto, la maggior parte dei Comuni ha rinnovato le concessioni per il 2024, mentre alcuni – Veneto in primis – hanno già avviato le gare. Ieri, perciò, la maggioranza ha continuato a difendere i risultati della propria analisi. «Come dimostrato in sede di mappatura – afferma Maurizio Gasparri (Forza Italia) –, la maggior parte delle spiagge italiane sono disponibili per l’insediamento di nuove imprese: pertanto la direttiva Bolkestein che regola la concorrenza non dev’essere applicata, perché la scarsità di risorse non sussiste». Fratelli d’Italia fa eco alle parole del forzista e si affretta a ribadire la vicinanza del Governo ai balneari: «Andiamo avanti per garantire la massima tutela a chi, con i propri investimenti – spiega Carlo Fidanza, capodelegazione del partito al Parlamento europeo – ha fatto della balneazione attrezzata un’eccellenza del turismo italiano». Per le opposizioni, invece, il caos amministrativo è proprio un effetto dell’inadempienza dell’Esecutivo. «La strategia della non decisione che il Governo Meloni sta mettendo in atto rispetto alla questione delle concessioni balneari – accusa il co-portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) – è inaccettabile. Questo Esecutivo, costantemente in cerca di scuse per rimandare le decisioni, sta giocando con il tempo, cercando di aggirare le direttive dell’Unione europea. Bloccano le gare e chiedono di decidere dopo le elezioni Ue, dopo aver lavorato a una mappatura taroccata che allungava di 3.000 chilometri le coste italiane». È in piazza, però, che molti lavoratori hanno condiviso storie e incognite per il futuro, con una paura che è la stessa da tempo: «Regalare ai grandi capitali» le spiagge italiane. L’attuale incertezza pare aver condotto molti, che minacciano persino la chiusura, all’esasperazione: «Per avere regole certe, se sarà necessario, nei prossimi mesi ci saranno ulteriori step di forte pressione verso la politica – avverte il presidente Fiba, Maurizio Rustignoli –, anche valutando, ahimé, nei primi giorni di giugno, di bloccare l’offerta balneare italiana». Una proposta che, fra un intervento e un altro, è stata rilanciata anche con ironia: «Con grande rispetto, presidente della Repubblica e presidente Meloni – dichiara dal palco Antonio Capacchione, presidente Sib –, il 2 giugno la Festa della Repubblica ve la organizziamo noi sulle nostre spiagge. Poi vi organizziamo anche la campagna elettorale per le Europee e, visto che una settimana dopo i politici verranno in Puglia, vi organizziamo pure il G7». Insomma, per i balneari «non c’è più tempo» e, continuando la propria battaglia contro «un’Europa che in questi anni non ha voluto dialogare con la categoria», iniziano ora a mettere pressione anche al Governo, accusandolo di non aver ancora mantenuto le promesse fatte. Eppure, almeno per quest’anno, trascurando qualche piccola eccezione, il pericolo gare sembra scongiurato. E, al di là della paventata chiusura, a preoccupare i turisti sono piuttosto i prezzi degli stabilimenti: a fronte di circa 115 milioni di euro incassati in totale dai canoni balneari, i costi di un ombrellone in Italia sono in crescita. Con aumenti, lo scorso anno, in quasi tutte le regioni italiane. Così, proprio sul peso economico del settore, fanno leva anche le associazioni di categoria. Che, prima, mettono le mani avanti sullo zelo ecologico – più volte ipotizzato come criterio determinante per l’assegnazione delle future concessioni – dei balneari: «Continuano a impegnarsi – scrivono in una nota congiunta i presidenti di Assobalneari e Base Balneare – contrastando il degrado ambientale e tutelando il paesaggio marino». Poi, però, non si dicono ancora pronte ad affrontare la spada di Damocle della concorrenza sulle spiagge italiane: «Noi siamo tutti uniti e vogliamo una sola cosa – conclude Capacchione – continuare a fare il nostro lavoro».