Migranti. Malta, prime ammissioni: «Da tre anni respingimenti segreti verso la Libia»
La registrazione del "motopesca fantasma" con doppio nome: "Mae Yemanja" e "Dar Al Salam 1"
Altri 57 migranti sono stati intercettati dal solito motopesca libico–maltese dalla tripla identità, stavolta in vista di un trasbordo su una nave quarantena: Malta non vuole rischiare l'ennesimo respingimento illegale. A La Valletta, infatti, c'è stato un colpo di scena. Nell'inchiesta sulla “Strage di Pasquetta” ha fatto le prime ammissioni Neville Gafà, l'uomo che ha rivendicato il negoziato con le fazioni libiche per organizzare la cattura e il respingimento di migranti.
Davanti al giudice Joe Mifsud, Gafà ha dichiarato di avere coordinato personalmente anche il respingimento conclusosi con 12 morti nei giorni seguenti la Pasqua. E di averlo fatto per ordine del primo ministro Robert Abela, a sua volta indagato per l'omissione di soccorso.
Non solo. Rispondendo alle domande di Newsbook, il portale d'informazione di ispirazione cattolica a Malta, Gafà ha precisato di suo pugno: «Confermo che nella notte di Pasqua e nei giorni seguenti sono stato coinvolto in una missione in cui una nave con 51 migranti irregolari tra cui 8 donne e 3 minori è stata portata in porto a Tripoli. Sulla stessa barca c'erano cinque cadaveri». Incalzato dalla giornalista Sylvana Debono, il negoziatore maltese, già noto per la sua dichiarata avversione nei confronti della reporter Daphne Caruana Galizia, uccisa nell'ottobre 2017, ha aggiunto: «Ho fatto tutto questo su istruzioni dell'Ufficio del Primo Ministro, dopo che il suddetto ufficio mi ha chiesto di aiutare attraverso il coordinamento diretto con il ministero degli Affari interni libico e la Guardia costiera libica. Mi è stato chiesto di farlo poiché sono stato coinvolto in queste operazioni negli ultimi tre anni».
Nei giorni scorsi Gafà aveva pubblicamente attaccato pubblicamente Avvenire. Ma ora Newsbook, che ha avuto accesso a fonti investigative, scrive che «questa dichiarazione giurata è arrivata dopo che il giornale Avvenire ha rivelato, con una inchiesta che ha smentito colpo su colpo le dichiarazioni ufficiali de La Valletta ciò che è accaduto nelle fatidiche ore in cui Malta, l'Italia e l'Ue hanno fatto del loro meglio per sottrarsi al loro dovere di salvare vite umane». E ieri il Tribunale della capitale ha voluto ascoltare nei dettagli la ricostruzione e visionare i documenti in possesso del nostro giornale, in vista dell'interrogatorio del primo ministro Abela, atteso per i prossimi giorni.
Sull'isola c'è un certo scetticismo per gli sviluppi di un'inchiesta che rischia di mettere alla sbarra l'intero governo e i vertici delle forze armate. Già nei mesi scorsi Malta aveva visto cadere un intero governo a causa dell'inchiesta sul movente e i responsabili dell'omicidio di Daphne Caruana Galizia. E ora una ventina di organizzazioni della società civile, tra cui il "Jesuit Refugee Service", la "Daphne Caruana Galizia Foundation", l'Ong "Repubblika" e numerose altre, hanno chiesto al premier di «dire la verità» sulle intese segrete con la Libia, e alle autorità di non spegnere i riflettori e indagare sulle responsabilità dei respingimenti vietati dal diritto internazionale e compiuti segretamente in questi tre anni. Non è dato sapere, infatti, quanti episodi siano avvenuti, quanti altri morti e dispersi in mare vi siano stati, e se davvero Malta ha potuto agire indisturbata senza che il principale vicino, l'Italia, si accorgesse di nulla.
Per ore intanto si erano perse notizie di un altro gommone partito dalla Libia con 57 persone. Ieri il motopesca “Mae Yemanje”, che viaggia anche con il nome di “Dar al Salam 1”, ma è conosciuto anche come “Maria Christina” (una modalità di registrazione navale vietata da tutti i codici) ha raggiunto i naufraghi. Verranno trasbordati su una motonave turistica maltese, che dovrebbe poi sostare a 13 miglia dall'isola per il periodo di quarantena. Il governo di Malta ha già avvisato l'Ue: da ora migranti al largo su "barconi quarantena".