Migranti. Malta, indagato il premier Abela per la morte di 12 profughi dalla Libia
Il "motopesca fantasma", senza bandiera, né nome, né "targa" interazionale IMO che ha riportato i migranti a Tripoli dalle acque maltesi con 5 cadaveri. Altri 7 sono dispersi
La morte dei 12 migranti abbandonati in mare per 5 giorni con altri 51 profughi è costata al primo ministro maltese, il laburista Robert Abela, una indagine che potrebbe sfociare nella contestazione del reato di omicidio in concorso con il comandante delle forze armate e una decina di militari della catena di comando incaricata del coordinamento dei soccorsi in mare.
La notizia, confermata da fonti ufficiali maltesi, arriva pochi giorni dopo la mobilitazione di organizzazioni, associazioni e movimenti, tra cui il Jesuit Refugee Service, che hanno chiesto chiarezza sulle modalità con cui prima si sarebbe omesso l’intervento di soccorso e poi sono stati mobilitati un cargo e un motopesca quando ormai, a bordo, alcuni migranti erano deceduti mentre altri sette sono affogati dopo aver tentato di raggiungere a nuoto una nave civile nelle vicinanze.
Anche la Chiesa maltese, con l’arcivescovo Charles Scicluna e gli altri presuli, aveva chiesto un intervento per il salvataggio dei migranti, al contempo rinnovando la richiesta per una maggiore solidarietà dell’Europa.
La denuncia presentata presso il tribunale de La Valletta dal movimento Repubblika conteneva la ricostruzione dei fatti così come era stata anticipata da Avvenire e rilanciata dai media maltesi e poi dettagliata da Alarm Phone, il servizio di emergenza telefonica che per primo aveva raccolto la richiesta d’aiuto dei migranti, implorando per giorni che Italia e Malta intervenissero.
Gli esposti contro le autorità sono due e riguardano "l’omissione criminale di soccorso" e la conseguente morte dei profughi, sette dei quali ancora dispersi. Il premier laburista si è già è presentato presso l’ufficio investigativo esprimendo la volontà di collaborare alle indagini.
Molti sono gli aspetti ancora da chiarire. A Tripoli il “motopesca fantasma” (a tutt’oggi non è stato fornito il Codice Imo dell’imbarcazione, una sorta di numero di targa obbligatorio) è arrivato con 51 superstiti e 5 cadaveri. Bisognerà accertare se i profughi sono morti di fame e sete prima o dopo il soccorso. Se venisse accertata questa seconda ipotesi, i capi di imputazione si aggraverebbero perché un tempestivo intervento della Guardia costiera maltese avrebbe forse potuto salvarli. Il motopesca che li ha tratti a bordo si trovava a circa 30 miglia da Lampedusa (poco più di due ore di navigazione) ma in acque di Ricerca e soccorso di Malta, che distava circa 50 miglia.
Nel pomeriggio le autorità maltesi avevano trasmesso e successivamente ritirato un’allerta ai naviganti limitandosi a spiegare, secondo quanto riferiscono fonti della Guardia costiera italiana, che non vi era più alcuna emergenza in mare. Tuttavia alcune motovedette e velivoli italiani hanno pattugliato l’area fino a notte, quando ormai il soccorso era stato completato.
"Di sicuro le vite avrebbero potuto essere salvate, il salvataggio non avrebbe dovuto essere ritardato, i le persone soccorse non avrebbero dovuto essere restutuite alla Libia", è l'accusa di Vincent Cochtel, inviato speciale dell'Unhcr-Acnur per il Mediterraneo Centrale. Ma il premier Abela ha sempre sostenuto di "aver agito nell'interesse nazionale di Malta proteggendo i suoi cittadini dalla pandemia di coronavirus".
I migranti erano partiti dalle coste libiche il 10 aprile e dopo alcune drammatiche richieste d’aiuto registrate da Alarm Phone, si erano persi i contatti. «Un chiaro respingimento illegale», avevano ribadito i funzionari delle Nazioni Unite, che puntano il dito contro l'ennesima grave violazione del Diritto internazionale compiuta da Malta.
Il gommone era stato spinto in acqua venerdì a Garabulli, una delle roccaforti dei trafficanti, tra le coste meglio sorvegliate di tutta la Libia. Eppure, ancora una volta, la cosiddetta Guardia costiera non si sarebbe accorta di almeno cinque barconi salpati nel giro di poche ore nei due giorni precedenti la Pasqua.
A causa della nuova tragedia la Chiesa di Malta, che aveva tentato di sensibilizzare il governo de La Valletta, ha scritto alla Santa Sede chiedendo un intervento della diplomazia vaticana per insistere sull’Ue in favore di una maggior condivisione dell’impegno per i soccorsi e l’accoglienza, sperando così di far riaprire il porto di Malta, chiuso con quelli italiani per l'emergenza pandemia. Il messaggio dei vescovi dell'isola, primo firmatario l'arcivescovo Charles Scicluna, per un verso riconosce «la pressione che Malta sta subendo», ma per l'altro insiste affinché in una cornice negoziale europea e con l'impulso della Santa Sede si possano realizzare corridoi umanitari evitando di sbarrare i porti.
Per tutto il tempo della “ricerca” nel Lunedì dell’Angelo, Malta ha negato informazioni anche alla Guardia costiera italiana, limitandosi a dire che non c'erano emergenze in mare. Un modo, sostengono diverse fonti di agenzie internazionali, per tentare di nascondere il respingimento illegale. Il giorno successivo, prima che si sapesse dello sbarco a Tripoli, una fonte di alto livello della diplomazia maltese aveva assicurato che «non ci sono migranti né dispersi in mare», negando però di sapere dove fosse il barcone che mancava all'appello. In realtà i naufraghi erano stati soccorsi poche ore prima proprio da Malta, che ha perfino emesso un comunicato stampa che però contiene un’accusa all’Unione europea e all’agenzia Frontex. “Il Malta Rescue and Coordination Centre ha coordinato il salvataggio di una barca di migranti - si legge nella nota ai giornalisti del 15 aprile - che ha lasciato la Libia e, dopo alcuni giorni nelle acque libiche, è entrata nella zona di ricerca e salvataggio di Malta”. Ma ecco l’accusa che, fino ad ora, non è stata smentita da alcun Paese Ue né da Frontex: “L'Unione europea era a conoscenza dell'imbarcazione che si trovava nella zona di ricerca e salvataggio della Libia. “L'Ue ha inviato i suoi velivoli nell'area, ma non ha inviato navi per far trasbordare i migranti”.
Se mai si farà il processo al governo Maltese, certamente il primo ministro avrà l’occasione per fornire le prove delle “omissioni criminali” dell’Europa.