Attualità

SALUTE E CIVILTA'. Malattie rare, un piano per il diritto di sperare

Alessia Guerrieri giovedì 26 settembre 2013
Rare sono le malattie, non le persone. Quelle, invece, sono oltre due milioni in Italia, colpite da mali dai nomi impronunciabili e sconosciuti fino a quando, in casa, una di quelle patologie entra senza bussare, cambiando la vita della famiglia. E loro, i pazienti "rari", si sentono orfani. Orfani perché spesso per le sindromi di cui sono affetti mancano farmaci specifici; orfani perché altrettanto spesso non ci sono centri specializzati per la cura, se non all’estero; orfani perché ancor più spesso la loro patologia non compare nel registro delle malattie rare, fermo dal 2001, e nei livelli essenziali d’assistenza. E ciò è ancor più frequente quando si parla di tumori non comuni. Tanto è stato fatto in questi anni, ma continua a mancare un quadro normativo organico di riferimento che porta di fatto a una disuguaglianza di accesso alle terapie. La medicina a piccolissimi passi procede, insomma. Molto più lumaca invece la politica. Tra le proposte sulle malattie rare che giacciono tra Montecitorio e Palazzo Madama, c’è un ddl (il numero 1.168), però, che tenta di superare questa lacuna con un programma a 360° gradi, presentato a Camera e Senato a giugno, in attesa di approvazione. A chiederne la celere calendarizzazione sono adesso operatori sanitari, scienziati, familiari e malati. Loro, i "rari", sono in prima fila. Uno accanto all’altro sulle carrozzine a motore che gli consentono di muoversi. E di continuare a sperare. «Da dodici anni tutto è fermo», ricorda Ombretta Fumagalli Carulli, presidente dell’associazione Dossetti, che ha riunito a Roma politici ed esperti in materia. Con queste proposte di legge (allo studio dell’associazione ce ne è anche una sulle neoplasie rare), aggiunge, si vuole «ridare diritto alla vita e alla salute di tutti i malati».Una presa in carico uguale da Nord a Sud, dunque, che garantisca l’esenzione delle spese sanitarie per le patologie rare, l’aggiornamento annuale del registro nazionale, la creazione di una rete di centri ad hoc per la cura e la defiscalizzazione della ricerca sui farmaci orfani. Fino a creare un’agenzia nazionale ed un fondo di sostegno specifici. In sostanza, si mette in cantiere un piano nazionale per le sindromi non comuni. Basta aspettare, è il messaggio del deputato Udc Paola Binetti, prima firmataria alla Camera del ddl, «i malati si sentono soli e abbandonati. La commissione calendarizzi quanto prima» questa proposta di legge, «frutto di un’intensa e profonda collaborazione con le associazioni». È una particolarità tutt’altro che isolata quella dei malati rari, visto che in Europa sono circa 36 milioni. Per questo servono protocolli chiari e condivisi, sia in Italia che oltreconfine. Spesso invece ci si scontra «con un muro di gommapiuma» è l’immagine usata dal direttore scientifico dell’Ospedale Bambino Gesù, Bruno Dallapiccola. È vero, l’Italia spende 900 milioni l’anno per i farmaci orfani, ma più di un terzo delle patologie rare non ha ad oggi terapia. E ci sono ancora tanti tasselli da aggiungere. Come l’unione dei dati regionali in materia, «per poter fare un piano economico sulle malattie rare», aggiunge il genetista, oppure la creazione di una rete di centri terapeutici nazionali e sovranazionali, «fondamentali per le famiglie di pazienti». In più, c’è qualche problema da risolvere - conclude Dallapiccola - riferendosi agli screening allargati, che consentono di analizzare più patologie contemporaneamente, presenti solo in alcune realtà ospedaliere, alla «diagnosi lenta o sbagliata» e alla mancata «presa in carico globale del malato» che superi le frammentazioni mediche.