Attualità

INTERVISTA. Andria: «Mai affidamenti usando la forza»

Antonella Mariani venerdì 12 ottobre 2012
«Le modalità dell’esecuzione del provvedimento del giudice non sono accettabili»: l’opinione di Pasquale Andria è netta. Il presidente del Tribunale per i minorenni di Salerno e consigliere dell’Associazione dei magistrati per i minorenni e per la famiglia (Aimmf), di cui in passato è stato presidente, lo dice con una certa sofferenza: gestito così, l’allontanamento del bambino «è lesivo non solo della sua integrità psichica, ma anche della sua dignità di persona».Dottor Andria, alla base di questa brutta storia c’è una diagnosi assai discussa, secondo la quale il bambino soffre di Sindrome di alienazione parentale (Pas). Le capita spesso di incrociare questo disturbo tra i minori coinvolti nella separazione?Senza entrare nel caso specifico e senza parlare della Pas, di cui in ambienti medici si discute molto, la mia esperienza è che quando c’è conflitto tra i genitori il minore può risentire di influenze negative esercitate dall’uno (in genere quello con il quale convive) nei confronti dell’altro. E capita che i due si accusino l’un l’altro di avergli alienato il figlio. Il tutto contro l’interesse del bambino.Pas o non Pas, comunque, bambini vittime dei conflitti tra adulti...Sì, i figli sono troppo coinvolti nelle contese genitoriali e ancora oggi spesso diventano oggetto e strumento di ricatto. Questo richiama la necessità di interventi di effettiva tutela dei minori, i cui interessi spesso si trovano in conflitto con quelli di entrambi i genitori. Dovrebbe essere garantita, cioè, una rappresentanza autonoma del bambino, mediante una più diffusa presenza di una figura tutoriale che possa difendere la sua posizione. La quale è sempre preminente rispetto agli interessi degli adulti. Purtroppo questo oggi non si verifica in Italia, tanto più in un momento in cui la presenza di giudici laici (onorari) nei collegi giudicanti è minacciata. Fatte salve le possibili influenze di un genitore, si può imporre con la forza un provvedimento di affidamento all’altro genitore, o non è più utile e rispettoso dei diritti del bambino avviare un percorso di recupero graduale di un rapporto che di fatto si è infranto?Un provvedimento di affidamento non si può mai fare con la forza, in modo coattivo. Bisogna tenere conto delle opinioni del bambino e, nel caso, il giudice deve motivare perché si discosta da esse. Non entro nel caso specifico, ma posso dire che le modalità di esecuzione non sono accettabili.Quindi ci potevano essere altre strade per riportare il bambino di Padova al padre?Purtroppo le modalità di esecuzioni dei provvedimenti che riguardano i minori non sono disciplinati in modo specifico dalla legge. Questo è un vuoto normativo grave. A mio parere l’esecuzione dovrebbe attuarsi sotto il controllo e il monitoraggio di un giudice, meglio se lo stesso che ha emesso il provvedimento. Ma questo caso fa emergere un’altra questione...Quale?È il modo di concepire i minori nei conflitti familiari. Il minore non è un comprimario ma il centro dell’interesse, perché davvero la sua posizione, che è quella del soggetto debole, deve essere più tutelata di quello dei soggetti adulti. Questo episodio, assieme ad altri che si sono verificati, conferma la necessità di una giustizia in ogni sua fase veramente a misura di minore, con una magistratura minorile specializzata, una unificazione in capo a uno stesso giudice specializzato del procedimento e dell’esecuzione, e di una cultura dell’infanzia che metta il bambino prima degli adulti e che quindi preveda anche che il bambino sia autonomamente rappresentato in un processo.Un caso come quello di Padova rende esplicita anche l’esasperazione di un padre e riporta d’attualità il tema dell’affidamento condiviso.Non metterei in discussione la superiorità dell’affidamento condiviso, perché il bambino ha diritto alla bigenitorialità. Ma non è questo il problema: qui si tratta dell’irresponsabilità degli adulti che non sono abbastanza maturi per gestire l’affidamento condiviso. Bisognerebbe investire seriamente nella mediazione familiare, che oggi non è sufficientemente regolamentata ma che è molto importante per abilitare le persone a gestire responsabilmente il conflitto.