Operazione antimafia. Dopo gli attentati a Foggia, lo Stato reagisce
Nel fermo immagine del video diffuso il 20 gennaio 2020, un momento della maxi operazione condotta dalle forze di polizia a Foggia. Centinaia di agenti della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno eseguito decine di perquisizioni e controlli a "tappeto", in contemporanea, nelle aree più sensibili alla ricerca di armi, sostanze stupefacenti e eventuali soggetti latitanti. Eseguito anche alcuni provvedimenti di fermo emessi da un pool di magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e della Procura di Foggia nei confronti dei presunti autori di tentate estorsioni a danno di imprenditori foggiani.
Era ancora buio. E da queste parti non ricordano d’aver mai visto tutte insieme tante macchine delle forze dell’ordine, né elicotteri volteggiare così a lungo. Dall’alba fino a metà mattinata di lunedì 20 gennaio, cioè quanto è durato un maxiblitz interforze contro la “società foggiana”, mafia di queste parti, una delle tre che si spartiscono la provincia e non solo (con quella garganica e quella cerignolana). Centodieci uomini fra poliziotti, carabinieri e finanzieri, insieme ai reparti speciali, coordinati dalla Dda di Bari e dalla Procura di Foggia, hanno setacciato i quartieri più “caldi” del capoluogo dauno e dintorni, a caccia di armi, droghe e latitanti. E a questi da lunedì 20 gennaio si sono aggiunti, sul campo, i 91 poliziotti del contingente straordinario annunciato dalla ministra dell’Interno Lamorgese una settimana fa.
Agenda e videocamera. Risultato? Quattro fermi, (tre eseguiti, il destinatario del quarto dovrebbe essere riuscito a fuggire) per tentata estorsione, un arresto per droga, due fucili sequestrati con 19mila euro in contanti, con 5mila litri di carburante in un deposito non autorizzato a Orta Nova, soprattutto con un’agenda piena di nomi e numeri (bottino che va ad aggiungersi ai proiettili da guerra e ai tre chili e mezzo di esplosivo già sfilati alle cosche negli ultimi giorni). Ed è saltata fuori anche una videocamera nascosta fra le cassette della posta di una palazzina, serviva a tener d’occhio se fossero arrivate le forze dell’ordine, ma stavolta è andata maluccio.
Messaggio alla gente. «Questa è la nostra risposta ai cittadini – dice il capo della Procura di Foggia, Ludovico Vaccaro –. Lo Stato è qui per tutelare le persone offese con misure di protezione nei confronti delle vittime. Basta “terre di mezzo” (si riferisce all'ultima Relazione semestrale della Dia, ndr), è tempo di coraggio e scelte e porre fine alle ambiguità. È il tempo del rigore e delle schiene dritte». Per il resto, inquirenti e investigatori non si sbottonano troppo, visto che le indagini non sono finite ieri mattina. Anzi. Il capo della Direzione distrettuale antimafia barese, Giuseppe Volpe, aggiunge che «si lavora tutti i giorni, abbiamo voluto dimostrare come questo lavoro, svolto con continuità, produca risultati». Poi anche lui ribadisce che il blitz è un «messaggio alla cittadinanza, perché creda nelle istituzioni».
Tre ipotesi. Adesso c’è da capire, magari riuscendo a prevederlo, cosa accadrà. E gli scenari più probabili sono due, forse tre. Il primo, il peggiore, è che la criminalità organizzata provi a rialzare la testa, a mostrare i muscoli, duramente, scompostamente, non a caso la Dia ha spiegato nella sua ultima Relazione semestrale di tre giorni fa che la mafia del Foggiano «è spietata» e «punisce pesantemente chi si ribella».
Il secondo è l’esatto contrario, silenzio e tutti fermi e buoni, profilo mafioso bassissimo per lasciare diradare la bufera investigativa e mediatica creata per gli «assalti mafiosi» (definizione sempre del Procuratore Volpe) degli ultimi mesi.
Il terzo scenario appare il più difficile che possa realizzarsi, ma non può essere escluso e sarebbe una guerra tra bande (mafiose) che cavalchi il momento per rimescolare poteri interni e strategie criminali.
Le mafie, da queste parti, stanno del resto avviandosi «verso forme più strutturate e sistematiche di organizzazione» – ha appena sottolineato sempre la Dia – con un ruolo «di centralità assunto dalla “società foggiana”», che ha parecchia voglia di «controllare monopolisticamente le attività illecite », superare «le criticità» create dalla risposta dello Stato e vedere di superare «i magmatici rapporti tra le stesse consorterie mafiose.
Nel fermo immagine del video diffuso il 20 gennaio 2020, un momento della maxi operazione condotta dalle forze di polizia a Foggia. Centinaia di agenti della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno eseguito decine di perquisizioni e controlli a "tappeto", in contemporanea, nelle aree più sensibili alla ricerca di armi, sostanze stupefacenti e eventuali soggetti latitanti. Eseguito anche alcuni provvedimenti di fermo emessi da un pool di magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari e della Procura di Foggia nei confronti dei presunti autori di tentate estorsioni a danno di imprenditori foggiani. - Ufficio Stampa Polizia di Stato
“Area grigia” in cortocircuito. Però c’è intanto una certezza o quasi. Negli ultimi qui è saltato qualcosa, piccolo o grande, nel patto (scellerato e saldissimo) sistematicamente necessario a permettere che la malavita organizzata s’impossessi di un territorio. «Anche nella provincia di Foggia – sottolinea ancora la Dia – si sta consolidando un’“area grigia”, punto di incontro tra mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione». Ecco, è accaduto qualcosa proprio nell’“area grigia”, qualche cortocircuito, che sta mandando fuori giri la giostra. Tant’è che adesso, qui, oltre che la gente, cominciano ad aver paura anche certi colletti bianchi e non soltanto loro…
Inizia nella notte di San Silvestro l’incubo di Foggia, con due bar incendiati. Il 2 gennaio due sicari in moto uccidono il commerciante Roberto D’Angelo. Il giorno dopo esplode la macchina di Cristian Vigilante, responsabile del personale in un centro socio-sanitario per anziani che in passato aveva denunciato un’estorsione ed è testimone in un processo antimafia. Il 7 gennaio tocca a una macelleria andare in fiamme.
La grande marcia
Il 10 gennaio un esercito pacifico di oltre 20mila persone si stringe attorno a Libera e marcia per le strade della città per dire “basta” alla criminalità. Il corteo parte proprio dalla casa di Roberto D’Angelo. La gente grida: «La paura si vince con la legalità».
La vendetta
Il giorno dopo la grande marcia antimafia di Libera un nuovo attentato dinamitardo colpisce la frazione di Orta Nova. Nel mirino il negozio della sorella del presidente del Consiglio comunale, al quale a dicembre è stata incendiata l’auto.