Attualità

TREVISO. Madre e figlia uccise: confessa il marocchino

sabato 28 febbraio 2009
Le ha uccise lui, per gelosia. È la prima sconcertante "verità" di Fahd Bouichou, il marocchino accusato di aver sgozzato la compagna, Elisabetta Leder, e la figlioletta di nemmeno due anni, a Castagnole di Paese (Treviso). Per assumere il valore di una confessione, però, Bouichou dovrà ripetere ai magistrati italiani, quando sarà estradato dalla Slovenia, le ammissioni fatte davanti al giudice del Tribunale di Capodistria, città dov’è attualmente in carcere. Ma già nel primo confronto con il magistrato sloveno - l’equivalente dell’interrogatorio di garanzia - il giovane, 26 anni, non ha negato nulla. Ha cominciato a chiarire le proprie responsabilità - ha riferito il questore di Treviso, Carmine Damiano - buttando lì, come movente, «un eccesso di gelosia» nei confronti di Elisabetta. Della sua bimba, Fahd non ha voluto parlare. Per spiegare il duplice, atroce delitto, resta però un altro possibile movente: la richiesta di affido esclusivo della piccola che Elisabetta aveva comunicato nei giorni scorsi a Fahd. Il rapporto tra i due giovani era ormai giunto al capolinea. Per estradare Fahd Bouichou in Italia servirà ancora qualche giorno. Il mandato d’arresto europeo, che ha consentito di velocizzare le procedure, è stato notificato ieri sera al marocchino nel carcere di Capodistria. La sua destinazione finale in ogni caso sarà il carcere di Treviso. La procura di Treviso, intanto, ha dato il nullaosta alla sepoltura di madre e figlia. I funerali, non ancora fissati, potrebbero essere celebrati martedì. La tragedia ha colpito anche le comunità marocchine di Treviso, che hanno annunciato di volersi costituire parte civile nel processo a carico di Bouichou.Sulla tragica vicenda è intervenuta Franca Pizzardo, mediatrice familiare dei consultori Ucipem, che segue i disagi familiari e le coppie separate. «A Treviso le unioni miste sono in aumento - dice - ma c’è una pervicace leggerezza da parte delle donne italiane nell’intraprendere una vita di coppia con compagni di altra cultura e di altra religione». E a rischiare di più «sono proprio le donne italiane, a causa delle maggiore debolezza, in altre religioni e tradizioni, della componente femminile che spesso, dopo l’unione, viene ostacolata nei legittimi percorsi di emancipazione».