Attualità

Dopo la sentenza di prescrizione. Casale, tra chi piange le vittime dell'Eternit

Fabrizio Assandri venerdì 21 novembre 2014
Le bandiere a mezz’asta e le campane di tutte le chiese che suonano a morto. È il giorno del lutto a Casale Monferrato, dopo la sentenza della Cassazione, tanto inaspettata quanto dolorosa. Il sindaco si dice allibito, il vescovo piange. In tanti temono che ora la città, dopo tante fatiche e una sentenza- beffa, possa sfaldarsi, possa perdere quell’energia che l’ha tenuta unita in questi lunghi anni di lotta.  Una signora, in piazza, dice tra i singhiozzi: «Ieri abbiamo seppellito mio cognato. Come si fa a parlare di prescrizione?». «Non riesco a seguire le notizie, mi fa troppo male. Non è mancata solo la giustizia, ma anche il rispetto per i morti». Carla Robbio è l’anziana madre di Ornella Montaldi, morta per mesotelioma a 50 anni. «Ieri sera ero delusa, sconvolta, disperata. Ora provo solo rabbia» dice Assunta Prato, che ha perso il marito 18 anni fa. Non lavorava all’Eternit: ha respirato l’aria della città. Alle finestre delle case sono appese bandiere con richieste di giustizia: «Molti miei amici l’hanno tolta – racconta il diciannovenne Lorenzo Gaia – perché sullo sfondo ci sono i colori dell’Italia: dopo la sentenza non ci sentiamo più rappresentati dal nostro Paese». Mostra lo smartphone:  molti hanno il lutto come profilo di Facebook,  non si parla d’altro che di Eternit.  Sono in tanti che qui vivono con la foto sul comodino di un caro strappato dal tumore causato dall’amianto: 1.750 i morti in città, 3mila nel circondario dice la fredda contabilità, in una città di 36mila abitanti dove sorgeva lo stabilimento principale di Eternit. Numeri da guerra: 50 nuovi morti in città ogni anno. E il picco di morti è da venire: è previsto nel 2025. Piazza Mazzini, salotto della città, si riempie di scritte, bandiere, fiori bianchi. I negozi tirano giù la serranda. Alle 8 di mattina arriva da Roma un pullman coi parenti ch’erano andati ad aspettare la sentenza. I cittadini li accolgono, chiedono di far partire una manifestazione spontanea, si uniscono i ragazzi delle scuole. Domenica per la gara di basket, i tifosi hanno invitato tutti a indossare la maglia nera del lutto. Tra tanta indignazione, solidarietà e voglia di non mollare, non mancano segni di sconforto. «C’è già chi dice che sono stufi, che la città è diventata conosciuta solo per l’amianto, che è un danno anche al turismo. Oggi mi aspettavo più partecipazione, tutti dovevano scendere in strada a protestare» dice Prato. C’è chi critica i familiari che hanno accettato i risarcimenti proposti dall’azienda per sfilarsi dal processo. Due ragazze, uscite dall’istituto tecnico, dicono che se non era per un accenno della professoressa di diritto, a scuola non si sarebbe parlato della sentenza. E loro non pensano che sia grave: «Tanto cosa possiamo farci noi?» dicono. E persino alcuni malati non s’indignano neanche più. Remo Martinotti ha lavorato 35 anni all’Eternit: «Andavo in tutti i reparti per la manutenzione» racconta col fiatone. «Ho l’asbestosi, al 40 per cento». La sentenza? «Non ho più fiducia» dice e se ne va.  «Come possiamo avere fiducia nella giustizia?» dice il vescovo, monsignor Alceste Catella. Parla tra le lacrime: «Le vittime sono i vincitori morali. Il diritto è diventato formalismo, ora dobbiamo lottare, su tutti i piani, quello legale, quello dell’educazione e delle bonifiche». Anche un sacerdote è morto per l’amianto, tre anni fa. Si chiamava don Italo Varvello, era missionario fidei donum a Neu Quen in Argentina. Era stato viceparroco al quartiere Ronzone, dove c’era la fabbrica. Anche il sindaco, Titti Palazzetti, mette in guardia dal rischio che prevalga la sfiducia: «Dobbiamo restare uniti». Parla di amarezza, di sentenza ingiusta. «Pensare che erano arrivate da tutto il mondo le delegazioni dei parenti delle vittime. Sono venuti persino dal Perù, tutti sotto choc». L’amarezza è ancora più forte se confrontata alla gioia di qualche giorno fa: «Abbiamo ottenuto una deroga al patto di stabilità per anticipare le bonifiche al 2015. I lavori per costruire un parco dove sorgeva la fabbrica di amianto sono fermi per mancanza di fondi». La sentenza non è solo una sconfitta morale. Il Comune ha perso decine di milioni di risarcimenti. Li avrebbe usati per le bonifiche. «L’Arpa ha calcolato che servono ancora 60 milioni». Ma il sindaco rivendica la scelta della precedente amministrazione – dopo le fortissime proteste dei cittadini – di non accettare, come in un primo momento s’era deciso, i 18 milioni proposti dall’azienda per far uscire il Comune dal processo. A Casale si scopre presto cos’è l’amianto. «Una bambina di cinque anni ha fatto un disegno del nonno morto per Eternit – spiegano dall’associazione familiari –. Ha disegnato una sagoma umana, poi ha preso una penna rossa e l’ha piantata nel foglio, facendo un buco al posto del cuore».