Lo tsunami ora è interno al Movimento 5 Stelle. A scatenare il terremoto è stata l’ultima batosta elettorale arrivata dalla Sicilia, preceduta dal tracollo di due settimane fa nel resto d’Italia e, prima ancora, dalla sconfitta di aprile nelle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia. A tenere banco - in un clima generale da resa dei conti - è stato lo scontro durissimo tra la senatrice Adele Gambaro e Beppe Grillo. La prima ha osato criticare il leader. La replica dell’ex comico è stata perentoria: «Non vale niente, la invito ad uscire al più presto dal movimento».La parlamentare bolognese ha accusato il fondatore di M5S di essere il principale responsabile del flop elettorale: «Il problema del movimento è Beppe Grillo - ha tuonato in un’intervista a
Skytg24 -. Stiamo pagando i suoi toni, la comunicazione, i post minacciosi, soprattutto quelli contro il Parlamento». Gambaro ha sfidato apertamente Grillo, suggerendogli persino di cambiare atteggiamento: «Mi chiedo come possa parlare male del Parlamento se qui non lo abbiamo mai visto. Lo invito a scrivere meno e osservare di più».Parole forti, troppo pesanti per far finta di nulla. «Vorrei sapere cosa pensa il Movimento 5 Stelle di queste affermazioni e se sono io il problema», ha replicato l’ex comico sul suo blog dopo aver riportato le parole della senatrice ribelle. Così Grillo ha lanciato una sorta di referendum su se stesso in Rete. Obiettivo: sondare l’umore della base nei suoi confronti. Dopo appena due ore si contavano oltre 2.000 commenti.Non soddisfatto, Grillo ha alzato il tiro. Con un altro post il leader ha "consigliato" alla senatrice ribelle l’uscita dal movimento per aver rilasciato «dichiarazioni false e lesive che danneggiano M5S».Ma il web è diviso. E’ spaccato a metà proprio come la pattuglia parlamentare. L’elezione di ieri del nuovo capogruppo al Senato ha confermato la frattura. Il sostituto di Vito Crimi a Palazzo Madama, "l’integralista" Nicola Morra, ha vinto con 24 preferenze, appena due voti in meno di quelli ottenuti da Luis Orellana, il cosiddetto "dialogante".Inoltre, il crollo verticale dei consensi sta complicando i piani di chi vorrebbe riportare unità nel movimento. Nel primo turno delle elezioni regionali siciliane la bilancia pende a favore del centrosinistra, mentre M5S in tre capoluoghi su quattro (Catania, Messina e Siracusa) non ha superato la soglia minima di sbarramento del 5 per cento ed è rimasto fuori dai Consigli comunali. La Sicilia - dove in autunno partì la cavalcata trionfale con l’attraversamento a nuoto dello Stretto di Grillo - nel giro di sue stagioni si è trasformata nell’isola del movimento che non c’è. Nel momento più difficile i parlamentari provano a ricompattarsi schierandosi al fianco del leader: «Per me Grillo è un patrimonio mondiale dell’umanità», ha sparato il deputato Roberto Fico. Il coro è stato unanime. Anche i più critici, come la deputata Mara Mucci, non hanno avuto dubbi: «Il problema non è Grillo».A gettare benzina sul fuoco, però, si aggiunge una nuova divisione interna: quella tra gli attivisti sparsi sul territorio e i parlamentari. Molti consiglieri (grillini della prima ora) iniziano a scagliarsi contro deputati e senatori: «Di quelli eletti saranno al massimo venti coloro che meritano davvero di stare in Parlamento - si è sfogato un consigliere comunale emiliano -. Prendono più di 3.000 euro al mese, non portano voti, con le dirette streaming ci stanno rendendo ridicoli agli occhi dei cittadini e si lamentano pure?». La tensione, insomma, resta altissima. E il motto del movimento sembra essersi trasformato. Da "uno vale uno" si è passati al "tutti contro tutti".