Nel Movimento Cinque Stelle si rimette in moto la macchina delle espulsioni. E ricominciano le fibrillazioni interne. Fino ad arrivare a una mezza rivolta con tanto di chiarimento chiesto a Beppe Grillo in persona. Il nodo del contendere è, come già accaduto, la questione della rendicontazione delle spese. Nel mirino stavolta sono finiti due deputati: Massimo Artini (uno dei più votati nell’ultima scelta del capogruppo
pro temporee in
pole per la prossima) e Paola Pinna, per i quali il blog del leader ha aperto in mattinata la procedura di espulsione online. Che si è conclusa in serata con l’out ai due con 19.436 voti favorevoli all’espulsione su 27.818 iscritti, il 69,8%. A nulla è valsa la difesa dei due deputati, che hanno esibito ricevute di bonifici sui loro siti. La spaccatura non si è fermata davanti a un cedolino, sia pure fotografato e postato in rete. Da quanto si apprende, altre espulsioni sarebbero in arrivo. Ma la parte del movimento che è con i 'dissidenti' non si arrende: una delegazione, guidata proprio da Artini, ma senza la Pinna, si è recata in serata a Marina di Bibbona (Li) per un faccia a faccia con l’ex comico. Davanti alla villa toscana di Grillo già si era formato un sit-in di una cinquantina di attivisti, con i quali un primo breve confronto sarebbe finito con un rifiuto di tornare sui suoi passi da parte di Grillo. «Chi non restituisce parte del proprio stipendio (come tutti gli altri) viola il codice di comportamento dei cittadini parlamentari M5S, impedisce in questo caso a giovani disoccupati di avere ulteriori opportunità di lavoro, oltre a tradire un patto con chi lo ha eletto. Un comportamento non ammissibile in generale, ma intollerabile per un portavoce del M5S»: è l’accusa messa nero su bianco sul blog gestito dalla Casaleggio e associati. Presa di mira da Artini, per il quale «è evidente che chi dovrebbe assumere esclusivamente il ruolo di 'fornitore di servizi informatici', si diletta a pronunciare editti privi di ogni fondamento». Pinna parla di «esecuzione sommaria». In realtà sul sito 'tirendiconto. it' solo un parlamentare su 143, Vittorio Ferraresi, ha presentato le spese fino a ottobre, un paio si sono fermati a giugno, gli altri ad aprile. Il nuovo giro di vite interno di certo acuisce divisioni già emerse in passato. Anche perché gli animi erano da giorni nuovamente surriscaldati. Sia per il deludente voto delle regionali, che ha aperto una discussione interna sulle cause. Sia in vista del raduno organizzato per il 7 dicembre a Parma dal sindaco pentastellato Federico Pizzarotti, al quale guarda parte del movimento e che finisce periodicamente anche lui sotto il fuoco amico. Ieri si è schierato non a caso a difesa dei due 'processati'. «Qualcuno riprenda lucidità e si fermi in tempo. Non ho sacrificato parte della mia vita per vedere accadere tutto questo», ha twittato. Sulle varie piattaforme
social il movimento si è spaccato tra innocentisti e colpevolisti, con tanto di riunioni 'riservate' e conte interne. I duri insistono sulla bontà delle espulsioni e rivangano anche fatti passati per giustificarle. Come l’accusa ad Artini di aver «usato i server del gruppo alla Camera per clonare il portale, creando di fatto le condizioni per il reato di phishing», accusa Vito Crimi. I filo-espulsi lanciano hashtag del tipo 'beppefermati' o 'OccupyAssemblea'. Giudicano il voto non rappresentativo. Tancredi Turco ricorda, infatti, che gli iscritti al sito sono mezzo milione e invoca una certificazione da una società esterna. Ma soprattutto rinfacciano al leader la violazione proprio delle tanto invocate regole del movimento, che prevedono, prima dell’appello alla rete, una votazione dei gruppi parlamentari. Ora, oltre a nuove fughe, si profila lo stallo. Con un paradosso che evoca l’ex portavoce europeo, Claudio Messora. Per rimediare, si dovrebbe convocare l’assemblea, ma questa non potrebbe che ratificare il «sì» alle espulsioni per non incorrere nella stessa sorte. Alla fine, scrive il blogger, «mi viene in mente Agatha Christie: e poi, non ne rimase nessuno...».