Soldi all'estero. L’ultimo treno per i “furbetti”
È questo, infatti, il principio cardine del decreto legge che ha ricevuto ieri il via libera del Consiglio dei ministri. In pratica si tratta di un meccanismo che prevede per il contribuente il versamento in un’unica soluzione delle somme dovute, rivelando l’esatta consistenza dei propri redditi e del patrimonio con tanto di prove documentali. Per regolarizzare la propria posizione in merito alle violazioni commesse fino al 2013 si avrà un anno e mezzo di tempo: il termine è fissato al 30 settembre 2015.
Come funziona concretamente? Semplice. Il pagamento garantisce al cittadino di non essere perseguito per i cosiddetti reati dichiarativi. Le pene per la frode fiscale, invece, saranno ridotte del 50 per cento. Entro 30 giorni la procura della Repubblica competente verrà informata della conclusione positiva della procedura. Da questi elementi risulta piuttosto evidente che lo strumento messo in campo è ben diverso dallo scudo fiscale. «Non prevede alcuna forma di anonimato, amnistia o condono», precisano il premier Letta e il ministro dell’Economia Saccomanni. Ma perché, viene da chiedersi, chi non ha sanato finora, beneficiando dei precedenti scudi fiscali, dovrebbe farlo adesso in modo spontaneo e senza sconti? «I possibili destinatari della norma devono capire che questo per loro è l’ultimo treno e non possono perderlo - risponde Alessandro Dragonetti, responsabile dell’area tax per lo studio di consulenza fiscale Bernoni Grant Thornton -.
Gli accordi bilaterali e gli scambi di informazioni tra Paesi (compresi quelli fino a poco tempo fa considerati 'paradisi fiscali') renderanno praticamente impossibile farla franca. Queste persone, dunque, non hanno altra scelta se non quella di pagare». Il rischio di 'confessare' non si limita alle ripercussioni penali, divenute sempre più stringenti con il testo del governo. «Ci sono delinquenti che operano in un contesto di criminalità - aggiunge l’esperto - . Questi soggetti non potranno scegliere di ravvedersi e continueranno a rimanere fuori pista. Coloro che in questi anni non hanno pagato le tasse, se non approfittano dell’opportunità, resteranno in compagnia solo di 'gentaglia', ovvero di personaggi che operano nella malavita. Sintetizzando si potrebbe dire che i 'furbetti' corrono il pericolo di essere associati ai furbastri, ai farabutti, ai malviventi».
Non è facile fare una previsione di rientro con il nuovo trattamento. Ci si muove su un terreno delicato e negli ultimi anni, attraverso strumenti diversi e più vantaggiosi economicamente, i risultati ottenuti non sono stati entusiasmanti. Per capirlo bisogna partire da quanto ammonta il 'tesoro' italiano nascosto oltreconfine. Gli ultimi dati ufficiali risalgono a uno studio di Bankitalia del 2011. Il documento mette in evidenza come nel 2008 (prima dell’ultimo scudo fiscale) i capitali sotto forma di titoli di portafoglio (fondi, azioni, obbligazioni) detenuti all’estero all’insaputa del nostro Fisco oscillassero 124 e i 194 miliardi.
Per rendersi conto dell’entità della somma basti pensare che equivale a una percentuale che va dal 7,9 al 12,4% del Pil. Nello stesso testo - redatto dai ricercatori Valeria Pellegrini ed Enrico Tosti - si sostiene che le regolarizzazioni (scudo) di titoli in portafoglio fossero quantificabili in 60 miliardi. Si escludevano, però, altri patrimoni come denaro contante, depositi in conto corrente, immobili. Ecco perché il conto complessivo potrebbe essere tra i 150 e i 200 miliardi. L’esecutivo spera di riuscire a recuperare una somma sostanziosa. Alcune indiscrezioni parlano di un rientro tra i 10 e i 20 miliardi da cui si potrebbe ricavare un gettito di quasi 4 miliardi. Ma il tesoretto - se tutti i destinatari comprendessero che sono di fronte all’ultima spiaggia potrebbe anche essere più alto.