Chissà cosa devono aver provato concessionari, titolari di agenzie e operatori del gioco online nell’apprendere dall’interessato della fatica a cui si è sottoposto alzandosi addirittura alle 4.30, e poter così raggiungere Milano per prendere parte alla partecipata presentazione di una ricerca sui giochi. D’azzardo, ovviamente. E chissà la gioia nell’apprendere, sempre dall’interessato, dell’«affetto» con cui li salutava. E dei «ringraziamenti», si badi bene, non solo «meritati», ma persino «doverosi», che lo stesso, a nome del suo ufficio, ha rivolto alla platea. Ma Francesco Rodano, seppur amalgamato nel contesto, non fa parte di quella platea. Non è un operatore del gioco d’azzardo. Rodano è lo Stato. Perché al convegno di ieri, il dottor Rodano, ci è andato come dirigente responsabile del Gioco a distanza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Servitore dello Stato, dunque. E da dirigente dello Stato, pur nel mezzo della singolare affettuosità scaturita da un clima confidenziale simile a quello di una classica riunione tra amici, Rodano ha attaccato la stampa. Anzi «certa stampa». Non bastava lodare le performance degli operatori del gioco online che è cresciuto – «appena», l’avverbio è citato testualmente in un comunicato dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – del 2%. Il dirigente se l’è presa con gli «allarmismi» di alcuni mass-media «che scambia spesa con raccolta», e che afferma che questo è «un mercato incontrollato che affligge milioni di persone». Rischi che, per il dirigente dei Monopoli, sono fisiologici, simili d’altra parte, a quelli presenti «in altri settori, dall’alcol al fumo». Ma se sul primo punto Rodano può aver ragione (spesso i due termini, spesa e raccolta, sono oggetto di confusione), sul secondo la sua dichiarazione è quantomeno preoccupante.Di certo in una platea come quella di ieri – tra gli applausi di partecipanti (che legittimamente fanno il proprio lavoro e difendono i propri interessi) e partner dell’iniziativa, svoltasi sotto la regìa di un compiaciuto Umberto Bertelè (School of Management del Politecnico) e gli occhi di sponsor quali: Betfair, Lottomatica, Snai, bwin, PokerStars.it, Sportradar, Colgetec, Sisal – ben difficilmente si può aver contezza dei "rischi". Perché i "rischi", quelli giudicati tutto sommato fisiologici, diventano drammaticamente reali quando si incontrano gli occhi di migliaia di giocatori che hanno sviluppato dipendenza da gioco e che, per questo motivo, affollano Consultori e Centri dipendenze delle Asl di tutta Italia; o quando si entra negli uffici diocesani della Caritas e di tante parrocchie o nelle Fondazioni anti-usura, sempre più frequentati da famiglie rovinate dal gioco. Ma questo, allo Stato, deve importare molto poco se, posto di fronte all’inquietante dato di 800.000 giocatori patologici, il dirigente dei Monopoli, cioè lo Stato, risponde: «Ma chi è in grado di confermare questo dato? Ne siamo proprio sicuri? Finché non ci sarà un serio studio internazionale accreditato non saremo in grado di avere stime certe». Peccato che il numero, 800.000, sia stato fatto, tra gli altri, dal Dipartimento nazionale per le Politiche antidroga e poi riportato negli atti ufficiali della XII Commissione permanente della Camera dei deputati (Affari sociali) in una seduta del 2 agosto 2012. Lo Stato, appunto.