Regolarizzazioni. «Lottiamo anche per tanti italiani»
Aboubakar Soumahoro
In questi giorni difficili sta distribuendo mascherine e dispositivi di protezione ai dimenticati dall’emergenza, agli irregolari sfruttati dai caporali cui vengono negati i diritti più elementari, nei punti più caldi del Mezzogiorno. Dai ghetti della Capitanata come negli insediamenti di Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, mentre nei prossimi giorni arriverà in Sicilia. E poi su al nord. Perché l’italo ivoriano Aboubakar Soumahoro è il loro sindacalista, da tempo si batte per la dignità non solo dei lavoratori agricoli. In queste ore ha incassato l’adesione del sindaco di Milano Giuseppe Sala, politico con una formazione manageriale, alla campagna del sindacato di base Usb per la regolarizzazione di tutte le persone senza permesso che stanno lavorando in nero in Italia. «Vorrei anzitutto ricordare – esordisce – che negli insediamenti in giro per le campagne d’Italia ci sono centinaia di migliaia di persone. Quando si parla di loro, prende il sopravvento purtroppo la dimensione quantitativa. Papa Francesco direbbe che anziché avere al centro l’essere umano abbiamo l’economicismo».
La regolarizzazione almeno dei braccianti stranieri annunciata anche ieri ad “Avvenire” dal ministro Lamorgese potrà cambiare qualcosa secondo lei? La regolarizzazione è una questione di civiltà, un dovere dello Stato direbbe Giuseppe Di Vittorio. Abbiamo una legge sull’immigrazione, la Bossi– Fini, che rende ricattabile ogni lavoratore straniero. Per questo ci sono persone che anziché lavorare le 6 ore e 30 del contratto, sono costrette a lavorare 12–14 ore al giorno. E in questo periodo di pandemia i lavoratori sfruttati e precari sono sprovvisti anche dei dispositivi di protezione individuale.
Quindi? Quindi se parliamo di regolarizzazione dobbiamo riferirci al contesto nel quale ci troviamo, dove un nemico invisibile sta portando via molte persone, parecchie delle quali, direbbe un saggio africano, sono biblioteche viventi: gli anziani. Per me lo Stato deve prendere tutti per mano senza lasciare nessuno indietro. Non possiamo regolarizzare le persone in base a quello che possono produrre, dobbiamo salvare la vita che è sacra. Oltre al settore agricolo vorrei ricordare ad esempio le lavoratrici domestiche che lavorano nelle famiglie con le persone anziane e non autosufficienti Salvezza e regolarizzazione non possono diventare una questione di privilegio, non possono essere subordinate alle scelte di un modello economico che in questi anni ci ha disumanizzati.
C’è chi si oppone alla regolarizzazione dei braccianti dicendo che bisognerebbe far lavorare invece disoccupati, studenti e pensionati italiani. Che ne pensa ? Per lavorare nelle campagne occorre competenza. Più che carenza di manodopera, lì abbiamo carenza di diritti. A chiunque vada a lavorare nelle campagne, non ha importanza da dove provenga, vanno garantiti diritti che in questo momento non ci sono. Sto incontrando famiglie italianissime di braccianti che si vergognano perché non riescono a farcela in questa emergenza. Prendono 3,50 euro l’ora, come fanno a pagare l’affitto? Per non parlare delle giornate di lavoro effettivamente comunicate all’Inps. Per esempio su 30 giornate effettuate, ne vengono comunicate 5 o 10, precludendo al lavoratore la possibilità di avere la disoccupazione agricola. Oppure si comunicano i nominativi per la disoccupazione di persone che nei campi non ci hanno mai messo piede. Mi stupisce che i ministri continuino a non pronunciare una sola parola su questo. Nelle campagne italiane è in corso una privazione dei diritti umani più elementari. Non basta solo regolarizzare.
Su quale altro piano si deve intervenire? Penso ai giganti del cibo che detengono il monopolio. Sono loro a dettare le regole di produzione, a fissare i prezzi e ad avere il monopolio delle sementi. I braccianti sono sotto gli stivali degli agricoltori, i quali a loro volta stanno sotto lo stivale della grande distribuzione. È qui che si inseriscono i caporali, che vanno contrastati a ogni livello. Faccio allora un appello alla ministra del Lavoro Catalfo perché convochi urgentemente il tavolo contro lo sfruttamento, dove affrontare una volta per tutte anche con la grande distribuzione la questione dei prezzi e dell’utilizzo dei fondi Pac europei. L’Italia ha ricevuto 37 miliardi dal 2014 al 2020, non possiamo più tollerare questo sfruttamento. Al presidente del Consiglio Conte abbiamo invece chiesto di istituire un codice etico pubblico. Il cibo che arriva sulle nostre tavole deve tenere conto di questa dimensione etica, deve essere cibo sano perché non è prodotto da persone sfruttate. Ci vuole una sorta di patente etica del cibo, ci vuole la consapevolezza dei consumatori.
Cosa ci serve per ricominciare nella “fase 2” dopo la pandemia? Abbiamo bisogno di una rivoluzione spirituale, di una solidarietà nuova, di ripartire dall’altro mettendo da parte il modello di avidità e di egoismo. Quando il primo maggio dell’anno scorso il Papa mi ricevette in udienza, mi disse: “Vai avanti e non ti fermare mai”. Si riferiva a quella ricerca che stiamo facendo del “noi” contro l’egoismo, fino alla difesa della sacralità della vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Il sindacalista italo-ivoriano, Aboubakar Soumahoro: lo Stato prenda tutti per mano