Attualità

LA LOTTA AI FURBI. Evasione, un cancro che mina la società

Angelo PIcariello giovedì 1 settembre 2011
Non è solo un problema di quadratura di conti, di strumenti di contrasto più efficaci. La lotta all’evasione, con i numeri «impressionanti» - per dirla con il cardinale Bagnasco - che fa registrare, e le lacrime e sangue che finiscono per cadere sui soliti noti, diventa un problema che interroga in profondità non solo la politica ma il senso di responsabilità di ogni cittadino.«Tolleranza zero verso gli evasori», promette Franco Frattini. «Alle parole del cardinale Bagnasco - ricorda il ministro degli Esteri - ha fatto seguito il monito durissimo lanciato dal presidente Napolitano all’apertura del Meeting di Rimini». La manovra correttiva promette, ora, nuovi introiti dalla lotta all’evasione e una maggiore responsabilizzazione degli Enti locali, in particolare i Comuni anche per la loro vicinanza ai cittadini (tutti, furbi e onesti), che finiscono per conoscersi. Ma, alla fine il punto non è nemmeno quello di sollecitare le spinte alla delazione. «Chi evade - rimarca Frattini - oltre a minare le fondamenta dello Stato, le fondamenta della convivenza civile stessa, mette a repentaglio anche le prospettive del welfare, il dovere di solidarietà per chi non conosce il benessere, e men che meno lo conosce in questa fase di crisi». E qui la voce del ministro degli Esteri si fa più accorata: «Chi fa così offre un pessimo esempio alle giovani generazioni negando un principio che è quello della solidarietà sociale. Come padre e come uomo delle istituzioni non posso tollerare e non giustificherò mai questa pessima abitudine che dà un’immagine di illegalità e di immoralità del nostro Paese».In internet spunta anche il sito (Evasori.info) nel quale vengono segnalati - cartina d’Italia alla mano, e in tempo reale - somme non dichiarate, al motto: «Chi evade deruba anche te». Segni inequivocabili di una coesione sociale messa a rischio.Per Alfredo Mantovano, però, anche lo Stato deve fare autocritica: «Fermo restando che quello di pagare le tasse è un dovere di responsabilità per contribuire al bene comune (ciascuno secondo la sua capacità contributiva) lo Stato - rimarca il sottosegretario all’Interno - avrebbe il dovere di agire in profondità con il principio di sussidiarietà». Che cosa significa in soldoni? «Che lo Stato dovrebbe ritirarsi da tutte quelle funzioni che non gli competono, rinunciando ad apparati autoreferenziali che sono vissuti dal cittadino come un peso e non come un servizio a loro reso. Non si tratta - precisa Mantovano - di offrire loro alibi a una prassi inaccettabile, ma di rispettare il principio della dottrina sociale della Chiesa "tanta società quanto è possibile, tanto Stato quanto è necessario", che avvicina il cittadino alle istituzioni».«È necessario passare dalle parole ai fratti - incalza però dall’opposizione Enrico Letta. «E soprattutto parlare il linguaggio della verità, come ha detto Napolitano a Rimini». Si tratta, anche per il vicesegretario del Pd, di intervenire sui costumi, anche sulla piccola quotidiana tolleranza. Un malvezzo che accresce i numeri dell’evasione: «Bisogna inserire in manovra il contrasto di interessi fra fruitore e fornitore della prestazione, attraverso la detraibilità delle ricevute. Evitando facili demagogie come sul fisco e la Chiesa», conclude Letta.Un problema su cui anche la società civile si interroga. Contro questo «bubbone che rischia di rompere il patto di cittadinanza - interviene il segretario della Cisl Raffaele Bonanni - bisognava intervenire prima e con più incisività, mentre dai ripetuti condoni è partito un pessimo messaggio. Ora, pur sperando che queste cifre messe in manovra vengano effettivamente recuperate, sarebbe giusto tenerle da parte per far funzionare la delega fiscale, e non metterle a copertura degli sprechi non tagliati. Si dovrebbe creare un tesoretto con cui alleggerire il carico per chi non ce la fa. Introducendo almeno per gradi, un meccanismo di quoziente familiare, ancora una volta "non pervenuto"».Suo malgrado anche il mondo del calcio è stato tirato in ballo in questo obbligo di solidarietà che è alla base di un patto di cittadinanza che rischia di saltare. Giovanni Galli, ex portiere della nazionale, prestato poi alla politica, fa qualche ammissione: «Nel mondo del calcio forse scendendo di categoria temo che possano esserci delle società che, specie in tempi di grande crisi economica come questi, usino l’espediente dell’evasione fiscale per sottrarsi a tasse e spese che non possono sostenere, per risparmiare sugli ingaggi e i contributi da versare ai propri tesserati». Ma ilcalcio non vive in un’isola felice (neanche poi tanto ultimamente) e uno come Galli, toccato negli affetti più cari e impegnato nel sociale, lo sa bene. «L’evasione è un male sociale, e come tale va combattuto - aggiunge -, ma vorrei che ci fossero le garanzie, per tutti, che pagando regolarmente le tasse poi i proventi vengano ridistribuiti a coloro che per tutta la vita hanno pagato regolarmente le imposte». I veri nodi restano quello degli sconosciuti al fisco, quello di chi esporta i i propri capitali all’estero, per non dire del vero grande «bubbone», che prospera e non paga dazio: la criminalità organizzata. «I calciatori professionisti - rivendica Galli -, che erroneamente vengono visti come una “casta”, quei contributi li versano fino all’ultimo centesimo e a fine carriera si ritrovano delle pensioni che arrivano al massimo a 3mila euro lordi. Non mi sembrano affatto cifre da casta. Né tanto meno da potenziali grandi evasori».