Non è facile trovare le stelle nella notte che stiamo attraversando, metafora scelta dalla Caritas italiana per questo 33° convegno nazionale che si chiude oggi al Lingotto di Torino con l’intervento del cardinale Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis. Tuttavia la Caritas riparte da Torino dai nodi emersi dal confronto tra le antenne sul territorio delle 193 diocesi. Anzitutto preoccupa il clima che si respira. «Oggi per noi è più difficile operare - denuncia il direttore, il sacerdote Vittorio Nozza - non abbiamo mai ricevuto tante lettere di critica per le nostre posizioni sull’accoglienza dei migrantes. C’è qualcosa di strano in tutto questo: è come se il nostro Paese fosse stanco e appesantito, colpito da un virus che provoca il silenzio della ragione e il trionfo del parlare e dell’agire contro. Si afferma l’idea che i problemi planetari - la povertà, la fame, l’ingiustizia, la guerra, la società multietnica - non richiedano impegno duro e faticoso per raggiungere soluzioni reali, ma sia preferibile rimuoverli. Ad ostacolare un autentico clima di pace e sicurezza sociale è l’eccessiva disuguaglianza nei diritti e doveri. Si tratta di collocare le nostre società dentro una prospettiva che garantisca a tutte le persone, oltre la sicurezza e la legalità, eguale dignità di vita e di speranza. Invece i tavoli nazionali sulle politiche sociali non vengono convocati da tempo dal governo». Poi la crisi, della quale non si intravede la fine. «A maggio – prosegue il direttore della Caritas – in molte diocesi i centri di ascolto avevano già esaurito la dotazione di un anno. Siamo preoccupati, non si può continuare a lungo. In tre mesi sono stati persi 204 mila posti. Crollano autonomi e piccoli imprenditori. In Italia la questione centrale resta la lotta alla povertà che riguarda milioni di cittadini e famiglie, che sempre più si trovano in situazione di precarietà, o rischiano di cadervi, soprattutto le famiglie con figli». Nozza indica gli strumenti che met- terà in campo la Caritas dopo il Lingotto. «Si tratta di rafforzare anzitutto le funzioni di coordinamento locale rendendo visibile uno stile ecclesiale sobrio, credibile ed efficace di intervento. Occorre poi sviluppare forme nuove di interventi concreti, realizzabili attraverso Fondi straordinari nelle diocesi – alimentati da offerte dei fedeli oltre che da altre risorse – e forme di sostegno a famiglie in difficoltà da parte di famiglie più abbienti. In particolare si potranno avviare interventi di integrazione al reddito delle famiglie per chi è in cassa integrazione, per chi lavora a settimane alterne o è precario. Ancora, forme di sostegno alle spese scolastiche per chi ha il padre o la madre che perde il lavoro, alle cooperative che danno lavoro soprattutto ai soggetti più deboli, al mondo artigianale e del commercio in riferimento soprattutto a mancati pagamenti che possono mettere in crisi l’attività, alle forme di sostentamento finanziario eticamente valide. Quindi difesa della famiglia e della casa soprattutto per le famiglie numerose o con portatori di handicap o anziani, assumendo con cura la scelta della Cei attraverso la valorizzazione del prestito della speranza». Resta infine l’emergenza post terremoto in Abruzzo. «Finora le Caritas hanno impiegato 600 volontari. Abbiamo raccolto con la colletta del 19 aprile, 20 milioni e i conti non sono ancora completati, a luglio sarà inaugurata a Coppito la nuova sede della Caritas diocesana aquilana, dove è ospitato anche il Centro di coordinamento nazionale. Tutte le Delegazioni regionali hanno messo in cantiere un piano di intervento e attivato presenze stabili. Sono già in cantiere opere di ricostruzione: centri di comunità, scuole, edilizia abitativa per soggetti fragili».