Attualità

NAPOLITANO. «Lo Stato ci sarà. Uniti ce la faremo»

Angelo Picariello sabato 2 giugno 2012
La festa del 2 giugno non è mai stata una cerimonia esteriore, ma un segnale importante di coesione nazionale». Giorgio Napolitano ha aperto le celebrazioni della festa della Repubblica e davanti al panorama mozzafiato che si gode dal Quirinale - e a un parterre de roi di alte cariche e grandi personalità della politica, dell’economia e della cultura - il suo pensiero è andato alla gente che soffre  in Emilia, dove il capo dello Stato si recherà giovedì 7 giugno. «In nessun luogo meglio che qui – rivendica Napolitano nel suo breve saluto, nei giardini che oggi, come al solito, saranno aperti al pubblico – è possibile esprimere il sentimento di partecipazione e l’impegno di solidarietà che accomuna il Paese verso coloro che soffrono nelle zone duramente colpite dal sisma». Solidarietà che deve tradursi subito in fatti concreti, ammonisce, «mobilitando risorse adeguate per l’assistenza e la ricostruzione».Napolitano già in mattinata, in un video-messaggio registrato proprio in vista del 2 giugno, aveva descritto il suo «animo turbato», pur confermando la ancor più ferma determinazione di «celebrare concordemente in questi giorni la Repubblica e la Costituzione, per trarne forza, per costruire un’Italia migliore». E simbolicamente, un po’ defilato, a rappresentare il mondo della cultura, nel vasto campionario dell’Italia che conta, c’è anche Paolo Villaggio, simbolo cinematografico dell’Italia che non conta per niente, seduto a un tavolo con Lino Banfi. Ancor più simbolica, e certamente più voluta, la scelta del catering, affidato all’associazione Libera. Scelta che Napolitano sottolinea, ringraziando «coloro che hanno voluto gentilmente contribuire, in particolare don Ciotti e la sua associazione, con prodotti delle terre confiscate alla criminalità, a una modesta accoglienza per i nostri ospiti». All’ingresso viene consegnato un cartoncino per contribuire  concretamente alla causa dell’emergenza Emilia. Davanti alla scala d’ingresso del Palazzo si intrattengono, con Napolitano le altre alte cariche. Giarda scherza col presidente: «Potevamo far pagare il ticket a tutti», dice. Ci sono i presidenti delle Camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini; Mario Monti ha un lungo colloquio col presidente del Senato. Anche il premier difende con la scelta di confermare le celebrazioni: pur se «nel giorno della festa nazionale siamo provati, stanchi, forse avviliti. Anzi – aggiunge –, uniamoci soprattutto per questo: perché uniti ci sentiremo più forti. Il 2 giugno ci ricorda i legami profondi che ci uniscono  e che hanno consentito di superare in passato momenti drammatici», conclude Monti.Napolitano va col ricordo al suo esordio, in questa cerimonia, nel 1953,. Rievoca «l’immagine del presidente Einaudi cui facevano corona proprio qui gli esponenti delle maggiori opposte forze politiche». Ma c’è chi registra una presenza ridotta di "ex", fra tanti ministri in carica (Terzi, Fornero, Severino, Di Paola, Giarda e Clini). Presente solo l’ex sottosegretario Gianni Letta e l’ex ministro Angelino Alfano, nella veste di segretario del Pdl. Fra le presenze politiche di spicco da registrare Casini, Veltroni, D’Alema, Rutelli, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello, esponenti del mondo della cultura come Stefania Sandrelli, Giorgio Albertazzi, Carla Fracci, Roberto Vecchioni e Luciano De Crescenzo. Fra le autorità presenti il capo della Polizia Antonio Manganelli, il procuratore Antimafia Piero Grasso, il sottosegretario ai Servizi Gianni De Gennaro. L’avvio della festa non fa registrare pur temute manifestazioni di protesta, solo turisti a caccia di foto all’uscita, a parte uno striscione comparso in via dei Fori Imperiali, dove i timori si ripropongono oggi. Le proteste, infatti incendiano il Web, e con l’ex presidente del Consiglio, Arnaldo Forlani che diventa una star, suo malgrado, per la scelta nel 1976 di rinunciare alla parata per il terremoto del Friuli. Anche se il paragone si rivela improprio, nota chi ha la memoria lunga, essendo dettata, quella scelta, più che da obiettivi di risparmio dall’esigenza di schierare l’esercito in assenza al tempo di una Protezione civile strutturata e in presenza di un sisma più forte.«Unità e solidarietà per superare tutte le emergenze e le prove, questo ci dicono i nostri 150 anni di storia», aveva invocato Napolitano nel video-messaggio. Convinto che lo «spirito di solidarietà e unità nazionale costituisca la miglior garanzia in tempi così difficili e anche dolorosi, per l’anniversario della nascita della Repubblica». E aveva anche rinnovato l’assicurazione che «l’impegno dello Stato e la solidarietà nazionale non mancheranno per assistere chi soffre e per far partire la ricostruzione». Poi si era rivolto direttamente alla gente colpita: «Sentiamo profondamente il dolore di chi nel terremoto dei giorni scorsi ha perduto i propri cari, la propria casa, sentiamo l’angoscia di chi ha visto travolte vite operaie e certezze di lavoro nel crollo dei capannoni. Ce la faremo – era stato l’augurio – e lo dico con fiducia innanzitutto a voi - gente emiliana - conoscendo la vostra tempra».