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SICILIA. Mafia, Lombardo indagato a Catania Il presidente: pattumiera di notizia

lunedì 29 marzo 2010
Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha respinto oggi come «pattumiera» sostenendo che abbia una «matrice politica» l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per la quale sarebbe indagato dalla Procura di Catania insieme con il fratello Angelo, parlamentare del Movimento per l'autonomia.«Non ho avuto notificato alcun avviso di garanzia... è un'accusa che non sta né in cielo né in terra», ha detto Lombardo oggi in una dichiarazione, dopo che è stata pubblicata la notizia di un'inchiesta, nata due anni fa e coordinata dal procuratore della Repubblica Salvatore D'Agata e nella quale sarebbe indagato.«Replico a questa pattumiera di notizia di oggi, dicendo molto chiaramente che si tratta di notizie paradossali fino a essere ridicole. La matrice della loro diffusione, ne sono convinto anch'io, è politica», ha aggiunto Lombardo, che ha convocato d'urgenza la Giunta regionale a Catania per il pomeriggio.Lombardo, fondatore del Movimento per l'Autonomia dopo essere uscito dall'Udc nel 2005, è stato eletto presidente della Regione Siciliana due anni fa, con quasi due milioni di voti, pari al 66% dei consensi. Nel corso di due anni di indagini i carabinieri del Ros hanno confezionato un corposo dossier, all'esame della Procura, nella quale figurano rivelazioni di un pentito e intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero presunti contatti tra i Lombardo ed esponenti della criminalità organizzata, tra i quali Vincenzo Aiello, ritenuto dagli inquirenti vicino al capo mafia ergastolano Benedetto Santapaola, per raccogliere voti durante il periodo elettorale.«Non ho mai avuto a che fare o trattato, neppure indirettamente, con uomini della mafia. Tanto meno con questo signor Aiello o l'altro, Avola, che mi attribuiva le visite in una bar, alla guida di un'automobile che non ho mai guidato che non saprei descrivere», ha dichiarato Lombardo, aggiungendo di non aver fatto «nessun affare con i boss» e di aver combattuto «concretamente la mafia», e che querelerà e si costituirà parte civile «contro chiunque osi, pentito, collaboratore o confidente, dichiarare il contrario».