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Intervista. Lo statistico: "Al Nord la svolta c'è. Apprensione per il resto d'Italia"

Massimo Calvi mercoledì 25 marzo 2020

Un grafico della Protezione civile

«I dati sui positivi giornalieri? Al momento sono meno affidabili, perché dipendono dalle strategie diagnostiche e riguardano tamponi fatti anche dieci giorni prima. È più utile analizzare le cifre sui ricoverati e soprattutto sulle terapie intensive»

E cosa dicono questi numeri?

«Che la Lombardia mostra un andamento incoraggiante, anche più roseo delle previsioni di qualche giorno fa. Invece per il resto d’Italia, in particolare il Centro e il Sud, saranno decisivi i prossimi giorni: se non si noterà una flessione significativa dei ricoveri, allora vorrà dire che la data dei picchi locali dell’epidemia si è spostata più avanti, anche di diverse settimane. E potrebbero servire ulteriori misure di contenimento».

Alessio Farcomeni, professore ordinario di Statistica all’Università di Roma “Tor Vergata”, è stato il primo a segnalare, già il 18 marzo, quando ancora le cifre di morti e ricoveri erano estremamente drammatiche, che per la Lombardia l’inversione di tendenza sarebbe arrivata nel giro di pochi giorni. Esperto di statistica applicata alla medicina e all’epidemiologia, con i colleghi dello Stat-Group-19 sta monitorando da tempo l’andamento dell’epidemia di Covid-19, fornendo ogni giorno, grazie a un modello ad hoc, una previsione dei posti letto in terapia intensiva necessari in ogni regione. E in questo momento, spiega, l’attenzione va posta sul Centro-Sud.

Cosa sta succedendo?

La speranza è quella di vedere in questi giorni una brusca frenata del contagio, in tutte le aree. Sul Sud però non si possono fare previsioni, perché non si conosce l’effetto dei rientri dal Nord – in molti casi prontamente isolati in casa, comunque – e quanto le misure siano state rispettate strettamente. Si possono solo monitorare i numeri fino almeno a sabato e sperare in una riduzione generalizzata dei ricoveri giornalieri, anche in terapia intensiva. Se così non fosse vorrebbe dire che l’effetto benefico del lockdown del 10 marzo può essere stato mitigato in queste aree, a causa di comportamenti scorretti.

Quale regione ha un andamento più preoccupante in questo momento?

Campania e Lazio hanno tendenze che vanno tenute sotto osservazione. Al Nord il Piemonte. Nei prossimi giorni si capirà di più, soprattutto se serviranno altre misure restrittive.

Più di così?

Ci sono diverse azioni, non legate al distanziamento sociale, che possono essere messe in campo. Come l’uso più massiccio dei test diagnostici, magari con una strategia di raggruppamento dei campioni, e re-test dei gruppi con un campione positivo. O il tracciamento dei soggetti positivi, come ha fatto la Corea del Sud con le applicazioni per smartphone.

Torniamo al Nord: si può veramente essere ottimisti?

Un’epidemia non segue un andamento deterministico, ma può oscillare e quindi mostrare temporaneamente degli incrementi, anche in una tendenza orientata alla stabilizzazione o alla decrescita. L’inversione in questo momento, però, è chiaramente avviata, ed è accelerata proprio dalle misure restrittive in atto. Se le persone continueranno a rispettare il distanziamento le cose continueranno a migliorare. La domanda giornaliera di posti in terapia intensiva si sta attenuando da vari giorni, ogni giorno ci sono più guariti che deceduti, sono segnali positivi. Anche a Milano, che destava molta preoccupazione, si incominciano a vedere ora i primi effetti del lockdown.

È possibile fare previsioni ancora più accurate?

Se potessimo avere a disposizione alcuni dati a livello individuale potremmo stimare in maniera accurata, per area, il numero di non diagnosticati. Avremmo una valutazione più realistica. Inoltre se si potesse disporre di un database con i ricoveri in terapia intensiva per provincia, o per Asl, si avrebbero indicazioni utili sui picchi locali e si potrebbe così prevedere la domanda di risorse sanitarie per ogni area.