Stasera il Cdm. Iv verso la crisi: «Nessun passo indietro». Domani parla Renzi
Prima una schiarita, poi nuove voci di un’uscita delle ministre di Iv nel perdurante non dialogo fra le parti. Ma c’è chi punta ancora a coinvolgere Renzi (che rilancia il tema Mes) agli Esteri per un patto di legislatura
La crisi ormai è nell'aria: «Nessun passo indietro», fa sapere Italia Viva. Domani pomeriggio è attesa una conferenza stampa in una sala parlamentare di Matteo Renzi (che stasera alle 22 parlerà a Rai3) e finalmente ne sapremo di più. ma ormai le dimissioni delle due ministre di Italia Viva vengono date per certe. O quasi, sarebbe solo una questione di tempo. Era circolata nel primo pomeriggio una mezza smentita, che accreditava una frenata dei renziani sull'ipotesi di dimissioni, ma - subito - è arrivata la smentita della smentita, da parte di Ettore Rosato. «Invenzione di chi vive di veline», ha detto il presidente di Italia Viva. Dopo le schiarite sul Recovery plan, giunto nella tarda serata di lunedì all'esame dei ministri (e che sarà al vaglio del Consiglio dei ministri convocato per le 21.30 di oggi), era stato lo stesso Renzi, ieri, su Twitter, a riaprire le ostilità. Il piano pandemico nazionale, lamentava Matteo Renzi, a causa delle «poche risorse» ha dovuto scegliere chi curare. «Ho un’idea più semplice - rilancia l’ex premier -. Prendiamo il Mes. Ci vuole tanto a capirlo?». Un segnale che il percorso della crisi-non-crisi si ingarbuglia di nuovo, una voita approvato il piano.
Il precipitare della situazione lo si è colto già stamattina dalle parole dei leader, fin qui abbottonati per lasciare spazio ai mediatori al lavoro. Ma ecco Nicola Zingaretti: «La crisi? Un grave errore politico. I motivi non li capisco, come gli italiani. Attenti a non rotolare verso le elezioni», avverte il segretario del Pd. «Inspiegabile una crisi di governo nel mezzo di una pandemia», anche per Luigi Di Maio. Il quale esclude scenari da larghe intese («Non con noi», avverte) e denuncia l'evocazione di Mario Draghi come «corpo contundente contro Conte». Al quale assicura la piena «lealtà» del M5s: «Ha ottenuto lui i 209 miliardi. Adesso che bisogna spenderli lo si vuole fare fuori...».
Gli scenari che si fanno, dunque, per un Conte-3, l'ingresso di Maria Elena Boschi o Ettore Rosato alla Difesa (con la 'promozione' del dem Lorenzo Guerini all’Interno, e la delega ai Servizi che potrebbe andare all’attuale titolare del Viminale, Luciana Lamorgese) sono proiettati in un futuro ancora lontano e alquanto incerto. Raccattare i cocci, in caso di crisi dirompente, sarà complicatissimo, di qui la forte preoccupazione che si registra in queste ore sul Colle. Dal M5s trapela indisponibilità a riprenderere il cammino con Iv, in caso di rottura. Peraltro c’è il fuoco di sbarramento che trapela dalle fila dei parlamentari pentastellati sul capogruppo alla Camera di Iv, ma questo, secondo alcuni, potrebbe rafforzare - agli occhi di Renzi - la volontà di mettere alla prova l’alleanza proprio sul nome di Boschi. La quale la prende con ironia: «Abbiamo chiesto il Mes, non Meb», replica al M5s, evocando le sue iniziali. «Non leggete mai fino in fondo...».
Al Quirinale che si era prodigato lo scorso fine settimana per mettere in sicurezza almeno il Recovery il clima è di nuovo preoccupato. Ottenuta una tregua dai due contendenti sul percorso di approvazione dei 209 miliardi europei dai radar nessuna comunicazione arriva sul prosieguo della navigazione. Il timore di Sergio Mattarella, ora, che cresce col passar delle ore, è quello di una crisi al buio, a seguito delle dimissioni ormai scontate delle due ministre di Italia Viva, senza che da Giuseppe Conte arrivi - per ora - alcuna rassicurazione di voler intraprendere un nuovo percorso con chi nel frattempo gli ha staccato la spina. Men che meno Renzi scopre le sue carte.
Il contrario di una crisi pilotata insomma, o - se si vuole - l’opposto di quanto auspicato dal capo dello Stato nel messaggio di fine anno: mettere da parte «vantaggi di parte». I «costruttori», per ora, oltre il Recovery non sono disposti ad andare. Ieri, fra l’altro, era il compleanno di Renzi. «Noi vogliamo portare a casa un risultato politico e non le poltrone...», ha spiegato a chi gli faceva gli auguri.
Tuttavia non esistono in politica intese che non si traducano, alla fine, anche in un accordo sugli incarichi. E dunque seguitare a parlare di poltrone, fra accuse e smentite, è come un voler seminare continue mine sul terreno che stanno arando i mediatori. Renzi - si è saputo - ha scelto lo 'stratega' dei dem Goffredo Bettini per far arrivare a Conte 30 punti programmatici. Un percorso in salita quand’anche ci fosse la volontà comune di venirne a capo, che in queste ore proprio non si vede. Il Piano di rilancio, indubbiamente, rappresenta la partita più corposa. Ma i renziani ci tenevano a far sapere di non aver avuto «al momento» alcuna risposta da Conte «su nessuno dei nodi politici, dal Mes alla giustizia ai servizi segreti», Insomma, non c’è l’intesa e al momento nemmeno dialogo vero. «Che percentuale darebbe all’ipotesi che l’attuale governo vada avanti?», chiedevano ad Andrea Marcucci: «Bassa, sotto al 10% - è la risposta -. Si potrebbe fare un rimpasto, sia esso un Conte-bis con un rimpasto o un Conte-ter», si tiene largo il capogruppo del Pd al Senato. Per Bettini, che parla ancora di una crisi «breve e gestibile», non sarebbe nemmeno «eresia» guardare ai moderati di Forza Italia. In realtà tanto i mediatori del Pd, quanto sul Colle, si vedrebbero più rassicurati da un ingresso nel governo dei leader 'politici', Andrea Orlando, numero due del Pd e - soprattutto - lo stesso Renzi, per Iv, agli Esteri, che era l’ipotesi iniziale. Sarebbe il segnale che l’intesa c’è, chiara e di legislatura. Uno scenario, al momento, ancora molto lontano, su cui pochi sono ancora disposti a scommettere.