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Lettera. Meloni si sfoga sulla libertà di informazione, per l'opposizione è vittimismo

Redazione lunedì 29 luglio 2024

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

«Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto dell'Ue e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione». Parole durissime, quelle usate domenica dalla premier Giorgia Meloni, e indirizzate alla Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

​La lettera: «In Italia l'informazione non è a rischio»

Un intervento doveroso, secondo Meloni, per fare chiarezza e spazzare via la sola ipotesi «che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo», come riportano «attacchi maldestri e pretestuosi», «fake news» e inaccettabili valutazioni di alcuni media della Relazione, di cui certa stampa ha «distorto a uso politico» i contenuti «nel tentativo di attaccare il Governo italiano».

La premier si trova a Pechino per un bilaterale con l'omologo Li Qiang e per una delicata missione quando la sua lettera alla «Cara Ursula» viene diffusa per dire che non c'è stata «nessuna interferenza sulla governance Rai». Parole meditate nei giorni successivi al report europeo di cui certa stampa e le opposizioni hanno fatto - spiegano ambienti di governo - un uso strumentale, dipingendo il nostro come un Paese dove sono a rischio libertà fondamentali come quella di informazione.

Nessun collegamento, si mette subito in chiaro, con le parole del Presidente Mattarella durante la cerimonia del Ventaglio sulla libertà di informazione e sull'indipendenza in particolare del servizio pubblico. Meloni respinge con sdegno «il fatto che il sistema di governance della RAI non garantirebbe la piena indipendenza del servizio pubblico, che sarebbe soggetto ad un'eccessiva ingerenza politica». La riforma che disegna l'attuale sistema di governance della Rai non l'ha fatta il suo governo, ma quello di Matteo Renzi nel 2015, quando il Pd era partito di maggioranza relativa. «Con la contrarietà del partito da me guidato (Fratelli d'Italia)» che «quella norma l'ha subita» e semmai ne è stato sfavorito per decenni, sottolinea la premier.

Anche gli attuali vertici della Rai li ha scelti il governo di Mario Draghi «con Fratelli d'Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai». «L'attuale Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali», spiega Meloni a Von der Leyen rispondendo così agli attacchi subiti in Italia. «Gli attuali componenti del CdA della RAI, come ricordato, sono stati nominati nella scorsa legislatura da una maggioranza di cui Fratelli d'Italia non era parte, non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della RAI». Sulle nomine del nuovo Cda, peraltro, ancora non c'è una convocazione del Parlamento, anche perché ancora non sarebbe stata raggiunta una intesa con gli alleati.

Altra questione: la scelta di diversi giornalisti e conduttori di lasciare la Rai non è dipesa da cambio di linea editoriale, bensì da «normali dinamiche di mercato». «Alcuni di questi conduttori hanno lasciato la Rai prima dell'arrivo del nuovo AD ed altri hanno deciso di percorrere nuove esperienze professionali o editoriali, pur avendo l'azienda confermato i loro spazi di presenza nei palinsesti», precisa la premier. Infine, le norme sulla par condicio sono state esattamente quelle valide per le passate competizioni elettorali, quando «tutti i governi in carica hanno potuto legittimamente continuare ad informare i cittadini sulla loro attività, senza che l'informazione istituzionale rientrasse nel conteggio dei tempi della par condicio, così come previsto dalla legge vigente».

La premier chiude con parole dure contro le attuali opposizioni. «Da parte del Governo italiano confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell'Unione Europea e l'assiduo impegno a far progredire l'Italia nell'ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo del servizio pubblico radiotelevisivo, dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica».

​Le reazioni delle opposizioni

L'esternazione della presidente del Consiglio Meloni nella lettera a Ursula von der Leyen è stata criticata dalle opposizioni.

Il maggior numero di commenti arriva dal Pd: «Se tutta l'Europa e almeno mezza Italia - ha detto il capogruppo in Vigilanza, Stefano Graziano - condanna la faziosità della Rai meloniana sarebbe bene che il governo desse ascolto. A furia di andare contromano si va a sbattere. E il guaio in questi casi è che ci rimettono anche gli altri».

Il Movimento 5 Stelle, con il capogruppo in Commissione di Vigilanza Rai, Dario Carotenuto, chiede ora una riforma della governance Rai in linea con l'Ue. «Qualcuno spieghi a Meloni - dice - che c'è un Regolamento Europeo vincolante per l'Italia che impone al nostro Paese di modificare profondamente la legge sulla governance della Rai. Il M5S ha messo da tempo sul piatto una proposta, gli Stati generali, per fare proprio questo in maniera condivisa. Si assuma dunque l'impegno a partecipare a un tavolo che oltre ai nuovi stringenti vincoli europei, guardi al futuro e alla sopravvivenza del servizio pubblico e della più importante azienda culturale del Paese. Tutto il resto sono parole che si porta via il vento triste della sua propaganda». Questa mattina sul caso è intervenuta anche la presidente pentastellata della Commissione, Barbara Floridia, convinta che «Giorgia Meloni si rivolge all'Europa per parlare di libertà di informazione e di Rai con lo sguardo rivolto perennemente al passato. Sa benissimo che proprio in queste ore è in cantiere l'accordo tra i partiti della sua maggioranza per spartirsi le nuove nomine. Così come le fa gioco banalizzare i tanti episodi che hanno visto lei e il suo partito non solo favoriti dall'informazione del Servizio Pubblico. Le chiacchiere stanno a zero. Serve una nuova legge che cancelli quella di Renzi del 2015 e che rispetti i principi imposti dall'Unione Europea. Dopo l'estate ci si sieda al tavolo e si ragioni seriamente su questo».

Piero De Luca, capogruppo Dem in Commissione per le politiche Ue, giudica invece sgrammaticata da un punto di vista istituzionale la replica della premier a von der Leyen: «Per la premier sono fake news tutti i rilievi rivolti all'esecutivo che non gradisce. Invece di prendere atto di raccomandazioni che, come ogni anno, la Commissione elabora in modo oggettivo e asettico, Meloni preferisce inviare una lettera irrituale alla Presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, per lamentare complotti politici inesistenti. Ancora una volta emerge l'incapacità di questo governo di fare i conti con la realtà. Invece di dialogare e collaborare con le istituzioni europee e invece di occuparsi dei problemi dell'Italia, Meloni preferisce continuare ad ingaggiare una penosa e inutile battaglia contro i mulini a vento».

Per Simona Malpezzi, «Meloni, come al solito, fa la vittima e cerca nemici inesistenti: il rapporto sullo stato di diritto nella Ue è impietoso per il nostro Paese«. Simile l'osservazione del segretario di +Europa, Riccardo Magi, secondo il quale il «vittimismo» di Meloni «assume tinte comiche e alimenta l'isolamento dell'Italia in Europa a cui questo governo ci ha condotto». «Siamo nel mondo dell'incredibile», ha commentato Angelo Bonelli, leader dei Verdi e membro della Vigilanza Rai. «Non era mai successo neanche con Berlusconi che un premier intervenisse contro le critiche europee. Nessuna notizia, nella lettera, sullo scandalo di Gioventù Nazionale, sulle ore di comizi in diretta sulla Rai delle iniziative della Meloni da Atreju».

Al di là del commento, Bonelli invita Meloni a presentarsi davanti alla Commissione di Vigilanza per spiegare la sua lettera. Nei prossimi giorni spetterà alla presidente Barbara Floridia (M5s) dare seguito a questa richiesta.

Altri partiti di opposizione preferiscono evitare commenti a caldo. C'è chi legge la lettera come la volontà della premier di accelerare le nomine e di superare lo stallo nella maggioranza. La lettera, rivolta più all'opinione pubblica interna che a un interlocutore istituzionale europeo, servirebbe in questa ottica a smentire la narrazione delle opposizioni. Di qui la prudenza di chi non commenta. Ma altri pensano a un «fallo di reazione» della stessa Meloni per lo stallo a cui la costringe la maggioranza, che la porterebbe, commenta un maggiorente Dem, ad «aver perso la trebisonda».