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Sanità. Liste d'attesa, via libera al decreto per ridurle. I dubbi delle Regioni

Alessia Guerrieri martedì 4 giugno 2024

Un medico compila una ricetta

Alla fine nessuna sorpresa. Due i provvedimenti previsti sulle liste d’attesa, un decreto legge e un disegno di legge. Il Consiglio dei ministri, in poco più di un’ora e mezza ha dato il via libera ai due interventi che dovrebbero mettere mano al problema delle liste d’attesa chiuse in sanità. Ma a preoccupare da due giorni le Regioni, che ieri hanno incontrato anche il ministero della Salute sul tema, sono proprio l’assenza di coperture economiche nel decreto legge appena approvato, anche perché non hanno potuto vedere il testo in anteprima prima che andasse a palazzo Chigi. Ma il contenuto dei due interventi, in parte trapelato alla vigilia del Cdm, viene spiegato per sommi capi dal ministro della Salute Orazio Schillaci, orgoglioso principalmente del fatto che «dal primo gennaio 2025 sarà abolito il tetto di spesa per il personale sanitario» e ci sarà anche l’estensione degli orari per le viste diagnostiche e specialistiche di sabato e domenica. In più saranno «i direttori generali di Asl e ospedali – dice il ministro - che dovranno far rispettare i tempi certi per le prestazioni o con la possibilità dell'intramoenia o con il privato convenzionato». E ci saranno 250 milioni defiscalizzati per gli straordinari dei professionisti, così come 60 (non 80 come annunciato dal ministro Schillaci alla vigilia) alla milioni per i dipartimenti di salute mentale.

Schillaci non nasconde qualche momento di tensione all’interno del governo per l’approvazione dei due provvedimenti, in particolare con il ministro dell'Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti, con cui «c'è stata qualche frizione, ma anche grande rispetto e collaborazione, abbiamo portato a casa quello che ci siamo prefissati» e sul rispetto dei tempi delle prestazioni dopo l'ok al Dl anti-liste d'attesa «mi aspetto da subito un cambio di passo e una piena collaborazione da parte delle Regioni, dei direttore generali, sanitari e dei medici, ma io confido assolutamente che ognuno farà la sua parte». I provvedimenti, il Dl e il Ddl, approvati oggi in Cdm infatti «sono frutto di lavoro di confronto con le regioni, gli ordini professionali e le associazioni dei cittadini, che sono i veri scontenti delle liste d'attesa. Si va incontro ai cittadini».

Ma sono proprio le Regioni a non pensarla così. Già ieri, dopo l’incontro con il ministero, si erano lamentati dell’assenza di un teste su cui fare proposte e della difficoltà – a loro dire – di trovare risorse adeguate per le necessarie coperture. E oggi sono tornate alla carica. «Da quello che posso esprimere a titolo personale, come assessore alla Salute della Regione Emilia-Romagna si tratta di un decreto ancora privo di coperture finanziarie e molto astratto», dice Raffaele Donini, che è anche coordinatore della Commissione Salute in sede di Conferenza delle Regioni. «Le Regioni hanno avuto il testo del decreto a poche ore dal Consiglio dei ministri e quindi significa che il nostro parere non si è ritenuto utile acquisirlo preventivamente – spiega -. Quindi ci si risparmi almeno l'imbarazzo di dover smentire ogni riferimento alla concertazione con le regioni. Ci riuniremo nei prossimi giorni e faremo pervenire le nostre proposte di modifica del decreto concordate in modo unanime».

Meloni: promesse mantenute

Quasi in contemporanea in un video di cinque minuti la premier Giorgia Meloni interviene sul tema dei due provvedimenti approvati dal Cdm. « Avevamo promesso ai cittadini che ci saremmo occupati di due problemi che in passato non sono stati affrontati efficacemente – l’esordio le liste d'attesa e la cronica assenza di medici e personale sanitario e questa mattina lo abbiamo fatto». Meloni ricorda che la materia è competenza delle Regioni, in virtu' della riforma del 2001 «fatta dalla sinistra», ma aggiunge che «abbiamo deciso di fare la nostra parte per aiutare le Regioni ad affrontare questo problema», rivendica che con la legge di Bilancio «abbiamo portato il Fondo sanitario al suo livello piu' alto di sempre» e sottolinea che «con i provvedimenti di oggi facciamo dei passi in avanti molto significativi». Si riferisce al sistema di monitoraggio «dal nostro punto di vista, uno strumento fondamentale ma che, incredibilmente, non esisteva fino a oggi, perche' nessuno prima di noi ci aveva pensato», e all'obbligatorieta' della priorita' e del tempo di attesa massimo previsto.

La corsia di un ospedale - Ansa

Cosa si sa finora del contenuto del decreto e del ddl

Quello che finora si sa è che nel decreto, più immediato nella sua approvazione, confluiranno misure d’impatto e di riorganizzazione come la piattaforma di monitoraggio delle prestazioni che sarà in capo all'Agenas, per capire il peso di domanda e offerta di prestazione; l'interoperatività dei sistemi regionali e poi una struttura ispettiva creata ad hoc; l’implementazione dei cup regionali con il privato accreditato e l'acquisto di pacchetti di prestazioni in intramoenia. All'interno del decreto dovrebbe essere garantito l'accesso alla telemedicina anche a medici di famiglia e pediatri. Mentre nel disegno di legge, che dovrà passare al vaglio del Parlamento con conseguente allungamento dei tempi, invece dovrebbero confluire - dopo un confronto più approfondito anche per la necessità di maggiori risorse impegnate - l’innalzamento del tetto di spesa per il privato e le risorse aggiuntive per il personale.

A tentare di mettere ordine nel vociare di notizie alla vigilia del Cdm erano arrivate le parole del ministro della Salute Orazio Schillaci. «Alcune misure anti-liste d’attesa saranno operative dopo il Cdm», aveva precisato, come per esempio «l’aumento del tetto di spesa per l’assunzione degli operatori sanitari, che passerà dal 10% al 15%». E una detassazione dal 43 al 15% degli straordinari. Altre, come l’abolizione del tetto «da inizio 2025. Cosa che rappresenterebbe un fatto epocale dopo 20 anni». Inoltre, aveva assicurato il ministro, «ci sarà da subito un'agenda unica di prenotazione, che metta insieme tutti i posti disponibili nel pubblico e nel privato accreditato». Infine, sono previsti 80 milioni per provvedimenti legati alla salute mentale. Il fine ultimo degli interventi aveva concluso è «finalmente far sì che quando un cittadino ha bisogno di fare una prestazione, la faccia a carico del Servizio sanitario nazionale», perché non sarà più possibile per una struttura «effettuare più prestazioni in intramoenia che nel Ssn».