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Il voto. “Liguria first”: cosa c'è in ballo nelle elezioni regionali più attese

Dino Frambati, Genova venerdì 25 ottobre 2024

Il porto di Genova

Le elezioni che andranno in corso in Liguria avranno un significato più ampio della semplice scelta di un nuovo ”numero uno” del palazzone di piazza De Ferrari. Costituiscono un test vero per la politica nazionale, il primo di un trittico che proseguirà in Umbria e in Emilia-Romagna. Tanto importante da portare a Genova oggi, per lo sprint finale della campagna elettorale, tutti i big, da Giorgia Meloni a Elly Schlein, passando per tutti i capi dei relativi partiti alleati (con l’eccezione di Matteo Renzi, tenuto ai margini per il veto pentastellato di Giuseppe Conte e che ha lasciato libertà di voto ai suoi; mancherà pure Calenda, che però era stato in Liguria il 21 ottobre per sostenere Orlando e che sarà sostituito da Elena Bonetti), per spingere il proprio candidato. Il centrosinistra, dopo aver pensato a piazza Matteotti, viste le previsioni ha dirottato l’evento delle 17 e 30 al teatro Politeama, mentre la maggioranza uscente aveva già scelto il chiuso dei Magazzini del Cotone, al Porto Antico.

Sono elezioni anticipate, data l’inchiesta-choc per i liguri iniziata il 7 maggio, inaspettata e improvvisa, sulla clamorosa vicenda giudiziaria - politica – economica che ha portato alle dimissioni di Giovanni Toti, dopo la “caduta degli dei” di personaggi eccellenti della zona. Elezioni che dovranno stabilire un nuovo equilibrio. L’esito dovrebbe portare la quiete dopo la tempesta, per tornare a navigare in acque tranquille com’è tipico della flemma ligure, che ama poco i sobbalzi. Sono un milione e 348.601 gli elettori chiamati a scrivere la parola fine ad un turbine inaspettato, iniziato nel tepore della primavera e che terminerà appunto lunedì, al culmine di una stagione autunnale che ha rispettato in pieno le sue specificità con tanta pioggia, lampi e tuoni ed immancabili alluvioni e frane, mestamente tradizionali in una regione orograficamente difficile. Un territorio complesso pure politicamente, tra una sanità zeppa di problemi, una viabilità da percorso di guerra e collegamenti con il resto d’Italia scarsi quanto ad aerei, via ferroviaria, per non parlare delle scassatissime autostrade. Oltre a varie crisi industriali da Ponente a Levante, sia di grandi siti che di medie e piccole aziende, con decine di migliaia di posti a rischio. Tale è lo scenario che si troverà davanti e con cui si dovrà confrontare chi sarà il più votato nella tornata elettorale. Oltre 650mila sono gli aventi diritto al voto della Città metropolitana di Genova, 161mila di quella di Imperia, quasi 17mila a La Spezia, circa 147mila savonesi, più poco meno di 150mila residenti all’estero. Nove sono i contendenti, (vedi scheda a lato), anche se non occorre affidarsi alla sfera di cristallo per capire che la partita si gioca soltanto a due, tra il sindaco di Genova, ex manager in Usa prima di entrare in politica e d’insediarsi a Palazzo Tursi, Marco Bucci, nato nel 1959, candidato dal centro destra (Forza Italia, Fdl, Lega, Udc, Alternativa popolare più 2 liste civiche, Orgoglio Liguria e Vince Liguria) e voluto dalla stessa Giorgia Meloni che lo ha convinto al cimento con una telefonata, chiedendogli se si sentisse fisicamente in grado malgrado la malattia che lo attanaglia e ottenendo una risposta negativa; e Andrea Orlando, targato Pd, 55 anni, quattro volte ministro, origini spezzine ed esponente di un “campo abbastanza largo” che mette assieme Pd, M5s, Avs, +Europa, Azione, più il Patto civico e altre due liste.

Orlando ha spiegato la candidatura come «frutto di scelta ponderata, per passione. Comunque sia, la lotta per diventare presidente della Liguria sarà forse da sviluppare, più che contro gli avversari istituzionali, rispetto a un elettorato deluso che potrebbe far diventare primo partito l’astensione. Terra “rossa” in passato, la Liguria è stata trascurata dalla sinistra quand’era al governo della zona, forse pensando che votasse comunque da quella parte, a prescindere. Invece, delusa, ha fatto inversione di marcia votando nelle ultime occasioni, soprattutto nelle periferie degradate, il centrodestra. Il Ponte Morandi e poi la gestione del Covid, oltre ad una buona Protezione Civile presente in un territorio fragile (la Liguria ha registrato oltre 20 eventi alluvionali seri dagli anni ‘70 al 2020, hanno favorito il mantenimento dell’asse verso destra. Ma quando tale maggioranza pareva destinata a mettere radici ecco l’inchiesta, fragorosa e clamorosa, che ha decapitato Regione e porto. Un impatto non da poco per l’opinione pubblica, tanto da far dire a Orlando che lui si presenta come un paladino contro corruzione e malaffare. E con la replica di Bucci, politicamente in “coppia di fatto” con Toti per 9 anni, che le cose buone fatte anche da Toti o insieme da loro due sono state molte e saranno proseguite, mentre si cambierà su quelle (poche) da modificare. «Come ho fatto – afferma il primo cittadino della Lanterna – ereditando la città dal sindaco Doria (centrosinistra, ndr). Molte non andavano e le ho cambiate; ho proseguito quelle poche, positive». “Sindaco della Liguria” che ascolterà il territorio è il suo slogan, visto il discreto consenso ottenuto nel ruolo per due legislature sotto la Lanterna. Opposto è il parere di Orlando: “Liguri a testa alta” e “Fare per bene” sono i suoi mantra.

La campagna elettorale è stata breve e brutta, aspra, talvolta al limite dell’insulto. Dinamiche non esaltanti, forse più dei supporter che dei contendenti, in quanto Bucci e Orlando qualche episodio di fair play lo hanno regalato. Ora siamo all’ultimo chilometro e la vittoria potrebbe arrivare al fotofinish. Buttando un occhio anche al meteo: c’è un “pre-allerta” di Arpal per possibili piogge abbondanti nel fine settimana, che potrebbero far restare a casa molti liguri, influendo sul risultato. “Tu chiamale se vuoi... elezioni”, si potrebbe dire insomma, usando un’ardita parafrasi da una mitica canzone di Lucio Battisti.