L'inchiesta. Libia, torture e soccorsi: ora indaga la Corte dell'Aja
Un'immagine del centro di detenzione migranti di Zawiya, a 30 chilometri da Tripoli (Ansa)
E' un’indagine a vasto raggio quella che la Procura internazionale dell’Aja sta conducendo sui crimini contro l’umanità commessi in Libia. Un’inchiesta monstre che l’Ufficio del Procuratore svolge da mesi «in collaborazione con una serie di Stati, organizzazioni internazionali e regionali e altri partner nella raccolta e analisi di informazioni e prove relative a presunti crimini contro i migranti in Libia».
Fonti dell’Aja lo hanno confermato ad Avvenire. Un team di investigatori sta «analizzando» una serie di segnalazioni circostanziate. L’ultima delle quali è arrivata da Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite che nel report consegnato al Consiglio di sicurezza dell’Onu e divulgato da Avvenire nei giorni scorsi, accusa di violazioni dei diritti umani anche la Guardia costiera libica. Un Paese, la Libia, con cui l’Italia ha stretto accordi, vale la pena ricordarlo, proprio con l’obiettivo di contenere i flussi migratori. Nel dossier Guterres scrive che la missione internazionale su mandato Onu (Unsimil) ha continuato a documentare «la condotta spregiudicata e violenta da parte della Guardia costiera libica nel corso di salvataggi e/o intercettazioni in mare».
Alla domanda se le denunce del segretario generale siano state acquisite nell'indagine aperta sulla Libia, dall’Aja rispondono senza mezzi termini: «Sì». Aggiungendo che «i presunti crimini contro i migranti sono una questione seria che continua a riguardare il procuratore ». Crimini commessi da una varietà di soggetti sul campo: trafficanti, milizie, autorità locali.
La Libia non ha aderito alle convenzioni per la giurisdizione internazionale dell’Aja, ma la Corte penale può intervenire anche a carico di Paesi non membri se a richiederlo, come in questo caso, è il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che nel febbraio 2011 incaricò la magistratura dell’Aja a investigare. A novembre arrivarono i primi mandati di cattura per l’allora colonnello Gheddafi e gran parte dei suoi fedelissimi. L’indagine è guidata dal procuratore Fatou Bensouda il cui «Ufficio riceve informazioni da una varietà di fonti sulla situazione in Libia – ribadiscono dalla procura dell’Aja– comprese le relazioni del Segretario Generale sulla Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil)».
L’inchiesta, ancora nella fase preliminare e dunque senza alcun mandato di cattura né indagati, procede anche nell’analisi delle effettive modalità operative delle motovedette e come i militari di Tripoli si rapportino con le forze navali dell’Unione Europea. I funzionari del Palazzo di Vetro nel loro rapporto ricevuto da Bensouda «hanno anche documentato l’uso di forza eccessiva e illegale da parte dei funzionari del Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale». Già nel maggio 2017 la procuratrice intervenendo al Palazzo di Vetro per aggiornare sull’andamento del dossier Libia disse che «secondo fonti credibili, gli stupri, gli omicidi e gli atti di tortura sarebbero all’ordine del giorno e sono rimasta scioccata da queste informazioni che assicurano che la Libia è diventato un mercato per la tratta di esseri umani».
All’Aja procederanno per gradi. «Come facciamo con tutte queste informazioni – spiegano dalla procura internazionale – analizzeremo i materiali, a seconda dei casi, in conformità con lo Statuto di Roma con piena indipendenza e imparzialità». Tra gli episodi documentati e citati da Guterres vi è quello avvenuto il 6 novembre 2017 in acque internazionali, quando «i membri della Guardia Costiera hanno picchiato i migranti con una corda e hanno puntato le armi da fuoco nella loro direzione durante un’operazione in mare».
Anche a terra gli uffici che afferiscono al governo riconosciuto dall’Onu non si distinguono per le buone maniere. «L’Unsmil ha visitato quattro centri di detenzione supervisionati dal Dipartimento per la lotta alla migrazione illegale – ricorda Guterres – e ha osservato un grave sovraffollamento e condizioni igieniche spaventose ». I prigionieri «erano malnutriti e avevano limitato o nessun accesso alle cure mediche».