Fondi alla Libia. Vivi e morti abbandonati in mare. Partiti uniti contro i migranti
Uomini abbandonati al loro destino su una nave che non si vuole soccorrere, mentre l'Italia, nonostante la crisi della pandemia, continua a finanziare la Libia degli orrori
Poche ore prima che il Parlamento confermasse, con una sparuta dissidenza, i fondi per la cosiddetta Guardia costiera libica, a cui si chiede di catturare i migranti in mare e riportarli nei campi di prigionia a terra, l’Organizzazione mondiale delle migrazioni aveva descritto cosa vuol dire gettare degli esseri umani tra i carcerieri finanziati dall’Italia.
“Innumerevoli vite perse, altre detenute o trattenute da trafficanti in orrori inimmaginabili”. Proprio così, “orrori inimmaginabili” li ha chiamati Federico Soda, l’italiano a capo della missione dell’Oim a Tripoli: “L'Ue deve agire per porre fine ai ritorni del limbo migratorio della Libia”.
Tutto inutile.
Gli autori degli “orrori indicibili”, già denunciati dal segretario generale Onu e ribaditi dalla Corte penale dell’Aja, non dovranno spegnere la macchina istituzionale della tortura. Da governi diversi, il voto ha riunito tutti i protagonisti di questi anni, da destra a sinistra, riuscendo nel “miracolo libico” di creare una maggioranza trasversale nelle stesse ore in cui 65 esseri umani rischiano di perdere la vita mentre nessuno interviene: né le motovedette di Tripoli, né Malta e meno che mai l’Italia, ormai autorelegata all’interno delle acque territoriali.
Abbandonato in mare senza sepoltura nonostante gli appelli. Il cadavere di un migrante incastrato in quello quello che resta di un gommone semiaffondato - Sea Watch Facebook
In questi mesi si sono verificati naufragi, molti dei quali sconosciuti, e se nel Mediterraneo quasi non si da più soccorso ai vivi, figurarsi ai morti. Come quel cadavere, incastrato in quel che resta di un gommone, che dal 29 giugno è stato avvistato almeno per 4 volte dall’aereo di Sea Watch.
Le organizzazioni umanitarie chiedono alle autorità di intervenire e dargli una sepoltura, se possibile anche un nome. Ma recuperarlo insieme al relitto sarebbe un dovere anche per scoprire se si vi sia stata un’altra strage di cui non è avuta notizia.
La Caritas di Roma “da’ voce allo sdegno per quel corpo in mare da quindici giorni a largo della Libia senza nemmeno una sepoltura”. Nessuno vuole dargli “una degna sepoltura. Quattro avvistamenti e quattro alert inviati da Seabird.
Ma le guardie costiere di Italia, Libia e Malta li hanno ignorati. Il corpo del migrante - scrive Caritas sui social - è ancora in acqua, alla deriva". Come i diritti umani, lasciati fuori dalla porta delle decisioni politiche, e calpestati con il benestare delle democrazie più avanzate.
Pochi giorni prima, ricorda la Caritas Ambrosiana in un tweet, si era espresso Papa Francesco, raccogliendo un plauso trasversale: “Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza. Tutto quello che avete fatto…l’avete fatto a me". Parole che non hanno impedito di rinnovare "l'accordo della vergogna".