I carabinieri dei Reparti Operativi Speciali hanno eseguito in Sicilia, Calabria e Lombardia un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nei confronti di 13 indagati per associazione a delinquere finalizzata al sequestro di persona a scopo di estorsione, al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, nonché alla falsificazione di documenti di identità e di soggiorno.
Un'organizzazione ramificata. Al centro delle indagini un'organizzazione transnazionale specializzata nel trasferimento dalla Libia alle coste dell'Italia meridionale di clandestini sottoposti a sfruttamento in varie località del territorio nazionale, dopo essere stati fatti fuggire dai centri di accoglienza in cui erano stati collocati. Sono stati documentati numerosi sequestri dei migranti che venivano rilasciati dopo il pagamento di un riscatto da parte dei congiunti. L'operazione è stata denominata 'Addhìb'. I provvedimenti scaturiscono da un'indagine avviata dal Ros nel 2005, nei confronti di un gruppo di stranieri in contatto con soggetti indagati per terrorismo internazionale, allo scopo di verificare la natura di questi collegamenti. Le investigazioni non hanno evidenziato attività connesse al terrorismo ma hanno individuato un vasto sodalizio criminale dedito al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di extracomunitari dalle coste libiche a quelle italiane ed al successivo sfruttamento delle vittime.
Come avveniva la tratta dei clandestini. È stato accertato che l'organizzazione era strutturata in cellule collegate, con referenti nei Paesi di origine, in Libia e nel territorio nazionale. Ciascun gruppo assicurava il reclutamento di connazionali in Marocco, Egitto, Tunisia, Algeria e Sudan, provvedendo quindi al loro trasferimento via terra presso il porto libico di Zouara. Qui, i referenti libici reperivano le imbarcazioni per il trasporto dei clandestini sulle coste dell'Italia meridionale, prevalentemente Lampedusa, mantenendo i contatti con la componente presente in Italia, che segnalava le rotte da percorrere in relazione alle zone di sbarco ritenute più propizie. In particolare, un trafficante sudanese dirigeva una cellula preposta alla gestione degli immigrati, dopo l'arrivo nel nostro Paese ed il loro trasferimento nei centri di accoglienza o di permanenza temporanea di Crotone, Agrigento e Caltanissetta. Attraverso affiliati già ospitati in queste strutture, la cellula sudanese ristabiliva infatti i contatti con i clandestini, ne organizzava la fuga curandone l'accompagnamento presso località finali di destinazione nel nord Italia, munendoli di documentazione contraffatta per la successiva regolarizzazione.
Le fughe dai centri di accoglienza. L'indagine ha altresì accertato che l'organizzazione ricercava e selezionava altre vittime tra i clandestini nei centri, interessati al ricongiungimento con parenti già presenti in Italia. Nei confronti di venti di questi, è stata documentata la consumazione di veri e propri sequestri di persona a scopo di estorsione. Una volta fatti fuggire dai centri, gli stranieri venivano infatti segregati in ricoveri di fortuna, sino al pagamento di un riscatto da parte dei familiari direttamente nelle mani di referenti dell'organizzazione, oppure attraverso rimesse effettuate presso agenzie di money transfer. I proventi, ammontanti complessivamente a centinaia di migliaia di euro, avrebbero dovuto essere investiti nell'acquisto di ristoranti etnici nell'Italia del Nord. La testimonianza delle vittime individuate e liberate, ha fornito ulteriori conferme al quadro investigativo, documentando intimidazioni e violenze, inflitte anche con l'utilizzo di armi da fuoco. Le indagini hanno confermato, quindi, l'operatività di sodalizi transnazionali dediti al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, in grado di provvedere al trasferimento in Europa degli immigrati ed alla loro "assistenza" nei Paesi di destinazione, grazie a strutture reticolari su basi multietniche.