Migranti. Esperti Onu: «Provata la complicità delle autorità nel traffico di persone»
Un profugo sopravvissuto a una operazione di "salvataggio" dei guardacoste libici
Il cimitero degli scartati è a Kufra, lungo le piste desertiche verso il Sudan. Un camposanto tra sassi e sabbia con i resti di almeno 20 migranti seviziati e gettati nelle fosse. La commissione indipendente Onu sui diritti umani in Libia ha raccolto nuove prove sulla «complicità da parte delle autorità». Ma quando hanno chiesto chiarimenti hanno ricevuto «nessuna risposta».Il dossier è stato chiuso a maggio e consegnato ai vertici Onu il 21 luglio. I Paesi coinvolti nelle relazioni con la Libia, a cominciare dall’Italia, ne sono stati informati. Ma nessuna denuncia ferma la consegna di motovedette e l’addestramento dei guardacoste che gli esperti Onu accusano di essere lo strumento essenziale per il mercato degli esseri umani.La fossa comune di Kufra non è che un indizio. «Secondo le indagini e le testimonianze - si legge -, le sepolture sono avvenute in tempi diversi». La filiera del contrabbando di uomini coinvolge istituzioni e criminalità. Un sistema integrato che da una parte finge di assecondare le richieste europee per fermare i flussi migratori, e dall’altro lo alimenta alzando il prezzo che le cancellerie devono versare ai trafficanti attraverso i loro prestanome nelle istituzioni. Sono stati trovati «ragionevoli motivi per ritenere che il personale di alto livello della Guardia Costiera libica, dell'Apparato di Supporto alla Stabilità e della Direzione per la Lotta alla Guardia costiera libica, dell'Apparato di supporto alla stabilità e della Direzione per la lotta alla migrazione illegale - è l’accusa - sia colluso con trafficanti e contrabbandieri, che sarebbero collegati a gruppi di miliziani, nel contesto dell'intercettazione e della privazione della libertà dei migranti».
Nelle ultime settimane, in concomitanza con la crisi migratoria in Tunisia e con le consegne di equipaggiamento per Tripoli dall’Italia, alcuni canali della propaganda libica mostrano con frequenza le operazioni di polizia per l’arresto di trafficanti di uomini. Nient’altro che un trucco per ingannare anche i governi europei, a cui far credere che in Libia le cose stiano cambiando e che la caccia ai contrabbandieri di esseri umani sia senza quartiere. Tra i molti, gli esperti Onu citano un caso. I nomi dei protagonisti sono coperti da omissis, anche perché tra loro vi sono alcuni ricercati della Corte penale internazionale le cui identità verranno tenute in segreto ancora per alcune settimane.
«Nonostante il coinvolgimento di almeno un noto cittadino libico - si legge nel report -, a quanto pare sono stati arrestati solo cittadini non libici per presunto coinvolgimento in abusi di detenzione». Allo scopo di coprire le «complicità da parte delle autorità libiche» a cui viene rimproverata «l'incapacità di condurre indagini efficaci per garantire la responsabilità di queste gravi violazioni dei diritti umani».