Piazza del Popolo era piena, sabato pomeriggio, per la manifestazione in favore della libertà di stampa promossa dalla Fnsi, il sindacato dei giornalisti. Gli organizzatori hanno parlato di 300mila presenze, quando sono arrivati anche i cortei dei lavoratori precari e degli studenti contrari alla riforma Gelmini. La Questura ne ha calcolate 60mila. Certo è che alle 16,30 anche i dintorni (via di Ripetta, il Corso, via del Babuino, piazzale Flaminio) erano stipati di dimostranti. Tutto intorno, il traffico si è composto in un lungo, strombazzante, immobile serpente di lamiera. Altrettanto certo è che chi denunciava il pericolo di strumentalizzazioni antigovernative ha avuto diversi elementi a favore delle proprie tesi: il colore prevalente era, infatti, il rosso delle bandiere della Cgil (che, come il Partito democratico, ha contribuito alla riuscita dell’evento con la sua notevole macchina organizzativa), di Rifondazione comunista e di altre sigle della sinistra. Presenti i tre candidati alla segreteria del Pd (Pierluigi Bersani, Dario Franceschini, Ignazio Marino), l’ex-segretario Walter Veltroni e l’ex-premier Massimo D’Alema, che con la stampa non è mai stato tenero. Tra i più acclamati, l’autore di Gomorra Roberto Saviano e il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro. Fischi, invece, per la Cisl e per la Uil, che non hanno aderito. Presenti con gazebi e strilloni per vendere copie la Repubblica, l’Unità, il manifesto. Numerosi i cartelli e gli striscioni contro Berlusconi. Sul Pincio, poi, qualcuno ha scritto su un grande lenzuolo bianco contro l’idea di dedicare un monumento ai nostri paracadutisti uccisi a Kabul. «No all’informazione al guinzaglio», era lo slogan della manifestazione, che si è aperta con un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Messina. «Siamo scesi in piazza per problemi seri e reali della nostra categoria», ha spiegato dal palco il segretario della Federazione della stampa Franco Siddi, auspicando ironicamente che «non si arrivi a un Lodo Alfano per l’informazione. Se ciò avverrà, non lo permetteremo », anche se «non siamo professionisti dell’anti-berlusconismo » ma votati «a disturbare i mano-vratori, sempre e in ogni tempo». Il segretario del sindacato dei giornalisti ha quindi rinnovato al premier Berlusconi la richiesta di «ritirare il disegno di legge sulle intercettazioni» e «le cause intentate contro i giornalisti». In questo momento, ha insistito, «è in discussione la stessa autonomia della professione» e molti giornalisti lavorano «in una situazione pesante e non sopportabile». Il presidente dell’Ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca ha rilevato che «la libertà di stampa non è né di destra, né di sinistra». È intervenuto anche l’ex-presidente della Corte costituzionale Valerio Onida, secondo il quale «il potere politico è troppo spesso intollerante nei confronti delle voci critiche». Per Saviano, invece, «verità e potere non coincidono mai». Eugenio Fatigante, in rappresentanza del comitato di redazione di Avvenire, ha osservato, ricordando l’aggressione mediatica subita dal nostro direttore Dino Boffo, che spesso «la libertà d’informazione è vissuta senza responsabilità». E che «se la politica condiziona l’informazione è perché ci sono giornalisti disposti a farsi strumenti di gruppi di potere». Soddisfatti del successo della manifestazione il segretario della Cgil Guglielmo Epifani e il gruppo dirigente del Pd. «È una grande prova della società italiana », ha dichiarato Franceschini. «Solo per Berlusconi non c’è un problema di libertà di stampa in Italia», ha detto Bersani. Mentre Marino ha invitato il centrosinistra a riflettere sulle proprie responsabilità, per non aver risolto il conflitto d’interessi quando era al governo.