Il caso. Ecco perché il governo ha detto no alla dichiarazione Ue sui diritti Lgtb
La notizia apre giornali e siti: c'è anche l'Italia tra i nove Paesi che hanno deciso di non sottoscrivere la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbt presentata dalla presidenza di turno belga. Le opposizioni attaccano. Forza Italia non nasconde perplessità. Ma il governo ha deciso e Giorgia Meloni, nelle telefonate più private spiega il perchè di una scelta: «Giusto combattere «ogni discriminazione, ogni persecuzione, ogni abuso che in molte nazioni del mondo vengono perpetrati ancora in base all'orientamento sessuale... Giusto chiedere alla comunità internazionale di tenere la guardia alta... Ma abbiamo colto nella dichiarazione dell'Unione un approccio idelogico...». Chi ascolta la premier capisce: sì a combattere discriminazioni, no «pericolose derive sul gender». La scelta è presa. L'Italia non firma. Insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. L'Italia dice no a un testo dove si fissano scelte precise. Uno: l'impegno ad attuare strategie nazionali per le persone Lgbt. Due: l'impegno a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l'Uguaglianza quando sarà formata la prossima commissione stanziando risorse sufficienti e collaborando con la società civile... Scelte precise. Il governo ha guardato quel testo. Prima il ministero della Famiglia guidato da Eugenia Roccella. Poi il vero braccio destro della premier Alfredo Mantovano. Poi la premier stessa. I dubbi sono tanti. I sospetti anche. C'è un tentativo di indirizzare le future politiche europee senza fare i conti con quella che sarà la nuova maggioranza che verrà scelta dagli elettori con il voto dell'8 e 9 maggio? La polemica divampa. Elly Schlein e Giuseppe Conte attaccano: proviamo rabbia e vergogna. Palazzo Chigi e ministero della Famiglia non indietreggiano: non firmeremo mai nulla che neghi l'identità maschile e femminile. Insomma il testo Ue non va. Non piace. Non convince. «Ricalca la proposta della legge Zan», ripetono ai piani alti del ministero della Famiglia che confermano con parole sempre più chiare i sospetti: c'è una sinistra europea e italiana che pensa di usare la lotta all'omofobia per aprire le porte al gender. E proprio Zan attacca: governo ipocrita. Meloni non ci sta e si prepara a rendere pubblici gli sfoghi privati: sempre contro l'omofobia, mai con chi vuole aprire la porta a leggi che permettano di dichiararsi maschio o femmina al di là della realtà biologica. Il dibattito salirà di intensità e emergeranno più chiari i dubbi di Forza Italia. Un primo segnale arriva dall'azzurra Renata Polverini: «Mi dispiace che il governo italiano abbia scelto di non firmare la dichiarazione Ue a favore delle politiche Lgbt...Così ha vinto la linea Vannacci e ho detto tutto, una linea nella quale io assolutamente non mi riconosco. La società è cambiata, vogliamo capirlo una volta per tutte?», ripete la candidata alle Europee per FI Renata Polverini, che nel 2020 votò a favore del ddl Zan.