Sono due movimenti contemporanei e contrari. Tanto più Berlusconi fa leva sul prudente nulla osta europeo per virare verso il 2013 o, in alternativa, verso il voto anticipato nella primavera 2012, tanto meno possono perdere tempo le fronde della maggioranza favorevoli al passo indietro del premier e all’allargamento della maggioranza. Ma ieri il gioco di specchi è diventato un giallo. «C’è una lettera-appello al premier perché si dimetta proprio per poter dare corso agli impegni assunti con l’Ue», scrive un’agenzia alle 17.36. La scossa rompe i sismografi. Comincia la caccia alla testa d’ariete. Le tracce conducono verso il Senato, verso le cene "sospette" di Beppe Pisanu, verso i mal di pancia degli scajoliani, verso Lamberto Dini. Ma sotto la missiva, a quanto pare, non ci sono firme indelebili.Berlusconi, subito allertato della vicenda, risponde dal <+corsivo>Tg1<+tondo> in prima serata: «La soluzione non è un governo tecnico». E in privato, anche al ministro Maroni, detta subito la linea: «Non è vero nulla». Angelino Alfano, poco prima, aveva replicato stizzito: «Non dico nulla su fantomatiche lettere anonime». Intanto i due capigruppo al Senato, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello, prendono il telefono in mano: «Lamberto, Beppe, Franco - Franco Orsi, lo scajoliano più in vista a palazzo Madama -, fateci capire cosa sta succedendo». I tre negano l’esistenza di un testo anti-premier. E dettano ciascuno per conto proprio due righe alle agenzie: «Non ho scritto, letto e sottoscritto nulla». La smentita più importante è quella dell’ex ministro dell’Interno, che l’altro ieri sera ha convocato a cena un gruppetto di dieci-dodici senatori, i presunti sostenitori dell’appello.Arrivano però stralci della lettera. «Caro presidente...», e giù una sfilza di complimenti al Cavaliere. Però, per «non finire su un binario morto», è necessario «rappresentarti il nostro critico convincimento sull’esiguità dei numeri che non consente a questo governo di portare avanti nemmeno l’ordinario». Dunque «in spirito di lealtà» si annuncia che il sostegno all’esecutivo «non potrà più essere garantito in assenza di una forte discontinuità politica e di governo».A Palazzo Grazioli è allarme rosso. Su indicazione del premier il Pdl punta tutto sull’assenza di firme. Gasparri e Quagliariello scrivono una nota che allo stesso tempo difende e allerta gli scontenti del gruppo: «Noi siamo aperti al dialogo, e non abbiamo mai pensato che una cena possa trasformarsi in chissà quale congiura. Si parla di una presunta lettera, ma i presunti ideatori non l’hanno mai scritta. Nel confronto bisogna metterci la faccia». Poi fanno intendere che la missiva sia stata opera delle opposizioni o di «qualcuno» che ha aperto «la caccia all’untore» sfruttando «la buona fede dei senatori Pdl». «È una patacca», gridano uno dopo l’altro i colonnelli.Può essere. Come può essere che un "indignado" azzurro abbia tastato il polso in vista di una lettera "vera" da scrivere la settimana prossima. Tanti, anche nel drappello che fa riferimento a Crosetto, ammettono che così si aprirebbe la via a tanti deputati timorosi di essere cancellati da nuove elezioni con il Porcellum. L’ex-"responsabile" Sardelli già ha detto il suo «si». E ai movimenti interni iniziano a guardare con interesse anche i 40enni esclusi da un’altra presunta "cena dei giovani", stavolta convocata da Alfano. Insomma: con la prima stagione congressuale all’insegna del tutto contro tutti, e con i maroniani alla finestra in attesa di un segnale che li liberi dal patto Silvio-Umberto (si riapre anche la partita per scalzare da capogruppo alla Camera il bossiano Reguzzoni), la partita dei numeri è da giocare ogni giorno, sino a quando il premier verrà in Aula a presentare il piano anti-crisi. In base ai patti con l’Ue, dovrebbe accadere entro il 15 novembre.