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Lettera aperta. Ramonda a Draghi: «Si istituisca il ministero per la Pace»

Giovanni Paolo Ramonda giovedì 4 febbraio 2021

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera aperta del presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII,
Giovanni Paolo Ramonda, al presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi.


Egregio professor Mario Draghi,
presidente incaricato della formazione del nuovo governo, le scrivo in quanto presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata dal servo di Dio don Oreste Benzi, da molti anni impegnata in Italia e nel mondo a condividere la vita di bambini e adulti vittime di ogni forma di disagio, violenza ed emarginazione. Innanzitutto, vogliamo complimentarci e porgere i migliori auguri per l’importante incarico che il presidente Mattarella ha inteso assegnarle. Vogliamo altresì ringraziarla per aver accettato questo gravoso compito, in particolare in un momento storico in cui il nostro Paese, come il resto della Comunità internazionale, si trova ad affrontare diverse e urgenti sfide. Ed è per questo che oltre a ringraziarla e complimentarci ci permettiamo di sottoporre alla Sua attenzione alcuni argomenti, a parer nostro di primaria importanza, in particolare in questa contingenza storica.

Le riflessioni di seguito esposte, sono frutto di decenni di impegno, per la nostra Associazione, a fianco delle persone più ai margini della società. Riteniamo che, per quanto si collochi in un momento critico per il nostro Paese, l’attuale crisi di governo possa offrire delle opportunità. La Pandemia, una tragedia globale, ha reso palese la consapevolezza di essere una comunità mondiale, dove il male di uno va a danno di tutti. E’ oggi ancor più diffusa l’idea che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme.
In questo momento il Paese è gravido di conflitti sociali e politici acuiti dalla pandemia, che solo se sapientemente e prospetticamente affrontati, può ridursi il rischio che degenerino ulteriormente fino a divenire insolubili.

Riteniamo per tanto doveroso chiederle, se lo riterrà, di porre nell’agenda politica del governo che si è impegnato a formare una sostanziale attenzione alla Pace, attraverso l’istituzione del Ministero della Pace, così come declinata nel documento che qui si può leggere.

Riteniamo che un adeguato investimento per la Pace possa, oltre che garantire una rinnovata stabilità al Governo che si appresta a formare, promuovere un piano di sviluppo e ricomposizione dei conflitti già menzionati. La Pace va sostenuta, curata, pianificata e organizzata. Dal livello locale e quotidiano fino a quello nazionale e dell’ordine mondiale. La nonviolenza può “diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”, come in altri termini già sostenuto anche da papa Francesco.

La necessità di una politica strutturale per la Pace è già scritta nella dichiarazione dei diritti umani dal 1948 e nella nostra Costituzione; alla scomparsa nel dopoguerra del Ministero della Guerra avrebbe dovuto succedervi immediatamente l'istituzione del Ministero della Pace accanto a quelli della Difesa e dell'Interno. Il ripudio della Guerra come azione attiva e la coesione sociale nazionale necessitano di nuovi assetti organizzativi ministeriali.

Tantissimi sono i gruppi sociali e terzo settore che quotidianamente realizzano strategie di sostegno, cura, pianificazione e organizzazione della Pace. Tuttavia riteniamo che manchi una " casa" istituzionale dei costruttori di Pace”. In virtù dell’ampia esperienza maturata anche in chiave sussidiaria da parte dei difensori dei diritti umani nonviolenti, degli educatori alla Pace, di chi lavora per un’economia disarmata, ci pare opportuno che tale risorsa debba essere capitalizzata dalle istituzioni e dalla politica.

L’esperienza strategica degli artigiani di Pace deve divenire patrimonio per una politica del bene comune estesa strutturalmente all’intero Paese nei diversi settori di intervento.

L'Italia ripudia la guerra e il dettato costituzionale deve assumere il valore che gli è proprio, di forza vincolante e precettiva. Il Paese non può più continuare a sedersi vivendo della “rendita storica” dei nostri padri costituenti, se vuole attuare a pieno quanto essi hanno voluto, non può più limitarsi alla difesa o alla repressione delle minacce alla pace e alla coesione sociale, il cui ruolo indiscusso, da solo, seppur necessario, è insufficiente.

Vorremmo che le Istituzioni adottassero la visione prefigurata dalla Carta Costituzionale per cui la costruzione costante e ininterrotta della pace positiva è onere, compito e funzione pre-condizionale a ogni altra azione di indirizzo politico e in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’obiettivo 16, con adeguate infrastrutture pubbliche che le rappresentino a pieno per cura e funzione. Lo Stato ha bisogno di istituzioni in grado di creare Pace e sostenere i gruppi e gli organi della società che quotidianamente costruiscono Pace attraverso un costante impegno per la promozione e la protezione delle libertà fondamentali e dei diritti umani internazionalmente riconosciuti.

Non è più rimandabile “organizzare la pace positiva", lo Stato deve poter essere riconosciuto quale "casa di riferimento istituzionale" per tutte quelle forze della società civile che già operano nella costruzione di percorsi e attività di pace. Per questo riteniamo che l'istituzione di un Ministero della Pace risponda allo spirito e alla lettera degli articoli 10 e 11 della Costituzione, del Preambolo e degli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite, del Preambolo e degli articoli 1 e 28 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, nonché della Dichiarazione sul Diritto alla Pace adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2016.

L’istituzione di un Ministero della Pace risponde anche a precise esigenze di giustizia sociale quanto mai attuali e fortemente amplificate dalla pandemia.

Solo costruendo giorno dopo giorno la Pace si genera un tessuto sociale positivo, in grado di superare le forze disgreganti, i populismi e le crisi, di reagire alle spinte violente che scaturiscono dai conflitti sociali ed economici e dalle tensioni delle periferie dell’emarginazione e di affermare il valore sommo della dignità umana, della eguale dignità di tutti gli esseri umani.

Dire “dignità umana” significa dire che vita e pace costituiscono un binomio indissociabile. In questa ottica, il Ministero della Pace è una risposta innovativa al bisogno di sicurezza umana e benessere ed in grado di informare con nuove visioni politiche strutturali l’educazione, l’economia, i conflitti ed i rapporti locali, nazionali ed internazionali, la giustizia, l’ambiente, la difesa civile e la sussidiarietà verticale e orizzontale col le realtà del terzo settore.

Per questo, signor Presidente incaricato, rinnovando ringraziamenti ed auguri, vorremmo chiederle, nell'ambito dei suoi poteri istituzionali, di considerare e sollecitare questa proposta negli incontri che avrà con le forze politiche in vista della formazione del nuovo Governo, affinché la pace con un Ministero della Pace dedicato possa divenire effettivamente una scelta di Governo.

Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII