C'era il rischio concreto di finire al 2014 con l’approvazione in Parlamento del ddl sul finanziamento ai partiti, con l’effetto di procrastinare la sua applicazione al 2015. Così il governo guidato da Enrico Letta ha deciso di mettere la quarta e di accelerare, trasformando la proposta di riforma in un decreto legge, già nel Consiglio dei ministri di ieri mattina.
In questo modo il provvedimento sarà operativo da gennaio, anche se il finanziamento pubblico sparirà gradualmente lungo i prossimi tre anni. Dal 2017, poi, lo stop definitivo. Non solo. Per raccogliere fondi i partiti dovranno iscriversi a un registro nazionale, dotandosi di uno statuto con requisiti di democraticità e trasparenza, che dovranno pubblicare sul proprio sito.
«Avevo promesso ad aprile l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti entro l’anno. L’ho confermato mercoledì. Ora in Consiglio dei ministri manteniamo la promessa», aveva scritto su Twitter prima della seduta. Poi in mattinata la seconda conferma da Palazzo Chigi: il decreto è passato. Così da rimarcare la volontà del governo di voler andare fino in fondo su questo tema. «Il testo votato oggi – precisa Letta – è quello del ddl approvato dalla Camera. Con qualcosa in più». Ma c’è già chi contesta aspramente come Antonio Di Pietro e i gruppi di Forza Italia. Anche se il più duro come sempre è Beppe Grillo. L’ex comico genovese ha subito replicato, servendosi pure lui di Twitter: «Basta con le chiacchiere enricoletta. Restituisci ora 45 milioni di euro di rimborsi elettorali del Pd a iniziare da quelli di luglio. #Bastaunafirma».E man mano che passavano le ore e che il decreto diventava certezza l’ex comico genovese ha accentuato i toni: «Per rinunciare ai finanziamenti pubblici è sufficiente non prenderli come ha fatto il M5S. Il decreto legge di Letta è l’ennesima...» presa in giro. Soddisfatto invece il vicepremier Angelino Alfano: «Abbiamo mantenuto la promessa, il decreto serve per far entrare immediatamente in vigore la legge». Il ministro alle Riforme, Gaetano Quagliariello sceglie pure lui i social network per esprimere la sua soddisfazione: «E una è andata: abolito finanziamento pubblico dei partiti! Ora avanti con la riduzione del numero dei parlamentari #eccoifatti».Così, insomma, il governo ha marcato, a due giorni dal voto di fiducia, il “nuovo inizio” della maggioranza che, senza Silvio Berlusconi, si poggia ora su Enrico Letta, Angelino Alfano e sul neoleader del Pd Matteo Renzi, che subito, attraverso i suoi, rivendica l’effetto-scossa delle primarie sull’esecutivo. Ma, a detta del premier, sono state le difficoltà di arrivare entro Natale al via libera finale al ddl a Palazzo Madama ad aver spinto l’esecutivo ad aggirare i ritardi con un decreto che sarà subito operativo in attesa del voto entro 60 giorni. «Molti passi sono stati fatti» per la riduzione dei costi della politica «ma quello fatto oggi è il più importante» perché «è quello su cui i cittadini si sentivano più presi in giro», ha concluso Letta in serata, in un intervista al <+CORSIVOA>Tg2<+TONDOA>. Precisando: «La nostra scelta è stata quella di dire che da ora sono i cittadini che decidono se dare o meno il contributo ai partiti. È il segno che facciamo sul serio».