Attualità

I PIANI DEL PREMIER. Letta: «Voglio fatti, non mi farò logorare»

Marco Iasevoli martedì 6 agosto 2013
Ha ascoltato. Ha atteso. Ha pazientato. Ma ieri, per Letta, è scattata l’ora del contrattacco. Nessuna polemica, ma una provocazione lanciata sul tavolo del Pd e del Pdl: «Nel momento in cui non si potranno più compiere fatti, non mi interessa restare un giorno in più al governo. Non mi farò logorare». E perché non restino parole al vento, a sorpresa il premier detta da Bolzano l’agenda delle prossime settimane: «Il governo non va in ferie. Nella seconda metà di agosto avremo una seria di Cdm per affrontare i nodi programmatici su cui stiamo lavorando».Un’accelerazione in piena regola per mettere alla prova i partiti, per capire se i calcoli elettorali vengono prima del Paese. I temi sul tavolo del Consiglio dei ministri dovrebbero essere abbastanza convincenti sia per il Pd sia per il Pdl: la parola «fine» - assicura il premier - su Imu e Iva, l’avvio della soluzione definitiva per gli esodati, il rifinanziamento della cassa integrazione. La domanda retorica che il premier pone a Berlusconi e ai "falchi" del suo partito è una sola: «Siete disposti a ostacolare questi provvedimenti per andare al voto?».L’accelerazione è stata concordata con Angelino Alfano alla luce di alcuni segnali distensivi. La calma che regna a Palazzo Grazioli, la ripresa senza eccessivi scossoni dei lavori parlamentari, la "pausa di riflessione" concordata da Pdl e Quirinale sui margini esistenti per garantire «agibilità politica» al condannato Berlusconi. In una giornata dunque di relativa "pace", Letta piazza l’affondo. In mattinata si fa blindare dal Tesoro e da Bankitalia, lasciando intendere che solo dei folli potrebbero affrontare in campagna elettorale i primi segni di ripresa. Poi, subito dopo, rinsalda l’asse con il segretario del Pd Guglielmo Epifani, sempre più il suo segretario.All’uscita del vertice con Letta, il leader democrat cerca di conciliare la "faccia feroce" con toni rassicuranti: «Ho detto ad Enrico di non farsi logorare. Per governare bisogna dire anche dei "no"». È ovvio che il segretario di un partito diviso parli così. Ma la sostanza del faccia a faccia è un’altra: i due hanno concordato che non deve essere il Pd a innescare la crisi. I sondaggi dicono che chi crea l’instabilità poi paga alle urne. Letta in persona andrà a dirlo alla direzione del partito fissata giovedì. Sfoderando, probabilmente, parole severe contro quegli «strani e improbabili assi trasversali» che si stanno creando per trascinare il Paese al voto. Nel colloquio di un’ora, Letta e Epifani hanno parlato anche del nodo-decadenza che da qui a poco toccherà il Cavaliere. I senatori lettiani fanno intendere che tra un mese la partita si chiuderà, e il Pd non farà sconti a Berlusconi. La cosa potrà innescare la crisi finale? Letta spera di «no». Il patto che propone è un altro: il leader del Pdl accetta le conseguenze della condanna in terzo grado senza causare terremoti, ma il Pd riconoscerà e, per certi versi, garantirà il suo ruolo di leader del centrodestra. Come, dovrà inventarselo Napolitano. «Nessuno vuole ucciderlo politicamente», dicono i lettiani.Di certo la "negoziazione" per tenere in piedi l’esecutivo senza però renderlo inefficace passa per un dialogo Pd-Pdl sulla riforma della giustizia. Palazzo Chigi vorrebbe stare alla larga dalla questione, preferirebbe un percorso parlamentare comunque «sminato» dalle divergenze di partenza. La bozza dei saggi del Quirinale, in questo senso, è considerata «una buona base di partenza». Ma in questa fase buttarsi dentro questa sfida viene considerato un pericolo più che un’opportunità.Cosa poi accadrà dopo il voto sulla decadenza è imprevedibile. Lo scenario delle urne anticipate alla primavera 2014, nei fatti, non può essere allontanato. Perciò il premier spinge, un po’ perché ci crede un po’ per spingere a più miti consigli il Pdl, sulla legge elettorale: «Il Porcellum – dice ancora da Bolzano – va cambiato nei tempi più rapidi possibili». È questa l’estrema arma nelle mani del Colle e del premier: modificare le regole del voto con un’altra maggioranza.Ma sono valutazione di là da venire. Qui e ora bisogna vegliare sui lavori parlamentari perché si chiudano tutti i decreti in esame senza sgambetti. «È una settimana decisiva», avverte Letta.