Attualità

GIUSTIZIA. Legittimo impedimento via libera tra le polemiche

Gianni Santamaria giovedì 11 marzo 2010
Passa a colpi di fiducia il legittimo impedimento. Non passa la buriana in Parlamento. Con le opposizioni unite nel dissenso sul merito del provvedimento. Ma divise sui metodi. O almeno su quelli usati ieri dall’Idv, i cui senatori si sono seduti a terra, nel corso della seduta che ha portato in serata all’approvazione finale del disegno di legge con lo stesso testo già passato alla Camera. E che prevede la possibilità per il presidente del Consiglio e i ministri di non presentarsi alle udienze dei procedimenti penali in caso di «attività coessenziali alle funzioni di Governo».Nuvole nere fanno capolino sin dall’esordio, al mattino, quando i lavori vengono sospesi per mancanza del numero legale. Lo stesso avviene alla ripresa delle 15. Nel frattempo i dipietristi inscenano una protesta silenziosa, sedendosi intorno all’emiciclo con una copia della Costituzione in mano. Dall’alto dei banchi del Governo li osservano alcuni ministri, Altero Matteoli, Maurizio Sacconi, Elio Vito e soprattutto il Guardasigilli Angelino Alfano. Manca lui, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che le opposizioni volevano in aula per spiegare l’urgenza di blindare un provvedimento da loro considerato salva-premier. Urgenza motivata dal Pdl con l’esigenza di evitare ostruzionismi, vista la presentazione di 1.700 emendamenti dai banchi avversari. «In realtà nessuno ha pensato di mettervi pretestuosamente i bastoni tra le ruote», protesta Gianpiero D’Alia dell’Udc, che ha votato anch’essa contro, pur essendo tra i promotori alla Camera di un ddl che adesso giudica troppo esteso nella platea dei beneficiari.I senatori dell’Idv proseguono nella contestazione anche durante le due "chiame" pomeridiane per la fiducia sui due articoli della norma. Lo fanno indossando magliette con le scritte «Berlusconi fatti processare» o «Basta leggi porcata» e sventolando la Costituzione, una copia della quale il capogruppo felice Belisario riserva al presidente di Palazzo Madama, Renato Schifani. Il quale già si è preso da Paolo Giaretta (Pd) l’accusa di non aver difeso le prerogative del Senato. Tra le convulsioni, non perde però mai la calma. E disinnesca la ricerca di polemica con i colleghi dell’opposizione di Pietro Marcenaro (Pd), che minaccia di non parlare. Anche altri senatori democratici criticano l’iniziativa dell’Idv e Mauro Marino evoca addirittura il «bivacco per i miei manipoli» pronunciato in spregio al Parlamento da Benito Mussolini.Il gruppo capeggiato da Anna Finocchiaro, però, anche se in modo meno plateale, si alza compatto in piedi con la Costituzione in mano mentre Nicola Latorre ribadisce nella dichiarazione di voto le ragioni del no. «Altro che legittimo impedimento. Questo è illegittimo aggiramento», tuona. A difendere il provvedimento la Lega, con Maurizio Bodega. Ma in giornata anche con il leader Umberto Bossi. Gli ultimi fuochi d’artificio prima del via libera definitivo (169 i sì, 126 i no e 3 gli astenuti) sono riservati all’intervento di Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, che conclude tra urla di «vergogna vergogna». Non solo per aver sostenuto che la misura non è un colpo di spugna, ma intende difendere chi governa da un «uso strumentale della giustizia fatto da troppi in questi anni». Ma anche per aver rivendicato i successi del governo, mentre «voi siete riusciti a ricoprire di rifiuti al Campania». E per una stoccata su Marrazzo, collegato ironicamente alla questione delle pasticcio sulle liste. Quando venne presentato, «l’ora era giusta, ma l’uomo era sbagliato».MILLS, MEDIASET E MEDIATRADE: I FRONTI APERTISono due i processi di Milano sui quali avrebbe conseguenze il legittimo impedimento. E un terzo potrebbe aprirsi nel caso in cui il Cavaliere dovesse essere rinviato a giudizio. Il primo processo è quello sulle presunte irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi da parte di Mediaset, in cui hanno cominciato a deporre i testimoni della difesa di Frank Agrama, ritenuto stando al capo d’imputazione, «socio occulto» del premier nella presunta frode fiscale oggetto del processo. Il secondo, invece, riguarda la presunta corruzione in atti giudiziari in concorso con l’avvocato inglese David Mills, per il quale la Cassazione ha dichiarato recentemente la prescrizione del reato. Per il premier, il processo era stato sospeso a lungo a causa del Lodo Alfano, poi dichiarato parzialmente incostituzionale. In un terzo procedimento, quello cosiddetto Mediatrade, il premier ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, che prelude la richiesta di rinvio a giudizio, con le accuse di appropriazione indebita e frode fiscale.