Attualità

In Senato. Ddl Zan, quattro emendamenti di Italia Viva per "rimuovere" il gender

Marco Iasevoli sabato 3 luglio 2021

Palazzo Madama, sede del Senato

È Italia Viva a girare le carte per prima. Il presidente dei senatori renziani, Davide Faraone, ha ieri presentato e resi pubblici i quattro emendamenti al ddl Zan da discutere al tavolo politico di maggioranza previsto martedì, prima che il 6 si vada in aula a votare sulla calendarizzazione. Interventi netti, probabilmente più di quanto si aspettassero Pd, M5s e Leu. In particolare, Iv chiede di stralciare le definizioni contenute nell’articolo 1 e di tornare alla formulazione della proposta Scalfarotto, che non contemplava l’«identità di genere». «Stupiti» e «interdetti» i dem che più spingono per l’esame del testo "tal quale", dallo stesso Alessandro Zan a Monica Cirinnà. Ma nessuna parola di apertura alle proposte di Iv nemmeno da Franco Mirabelli, capogruppo del Pd in commissione Giustizia al Senato: si tratta, dice, di emendamenti «inaccettabili» e comunque «insufficienti a colmare le distanze siderali» con la Lega. Motivo per cui «la via maestra resta l’aula il 13 luglio». «Emendamenti-trucchetto», li definisce la pentastellata Alessandra Maiorino.

Mettere sul tavolo il concetto di «identità di genere» ha però per Iv un valore politico, perché va ad incontrare una sensibilità comune anche ai cosiddetti "liberal" di Forza Italia, capeggiati da Mara Carfagna. La ministra del Sud, all’interno del suo partito, è distante dalle posizioni di Antonio Tajani e dello stesso Berlusconi, e ieri ha dato il via libera ad un’intesa per «eliminare i punti divisivi».

La dura reazione dem non inquieta i renziani. Che rispondono ricordando come il ddl Zan sia in realtà nato dal confluire, alla Camera, di cinque diverse proposte, tra le quali, appunto, quella di Ivan Scalfarotto, esponente politico certo non insensibile alla richiesta di maggiori tutele da parte della comunità Lgbt. Il testo di Zan chiedeva di punire i reati di odio fondati su «identità di genere e orientamento sessuale», quello di Laura Boldrini parlava di «sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere e orientamento sessuale», in quello di Giusi Bartolozzi (Fi) il termine era «genere», mentre il ddl Scalfarotto puniva i reati di odio motivati da «omofobia e transfobia». Alla fine il testo unificato del relatore Alessandro Zan adottò i termini «sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere». Un testo approvato alla Camera dall’allora maggioranza giallo-rossa, giunto al Senato a novembre e che ora è a un bivio: o si va al muro contro muro tra centrodestra e centrosinistra di governo o si va ad una mediazione. Uno scenario, quello del muro contro muro, dagli esiti imprevedibili perché nessun partito di maggioranza è assolutamente certo di "controllare" tutti i propri senatori e perché alla prova dei voti segreti qualcosa di sorprendente potrebbe accadere, in un senso (la stroncatura del testo con la collaborazione degli scettici di centrosinistra) o nell’altro (la sua approvazione con la collaborazione degli "aperturisti" di centrodestra).

Perciò Iv spinge per la mediazione e rifiuta le accuse del Pd. Per Cirinnà «ormai Renzi è allineato a Salvini», ma pochi giorni fa l’ex premier ha spiegato in un’intervista che le leggi di questo tipo si fanno anche "facendo di conto" in aula. È da dire che Iv è l’unica forza politica ad aver annunciato preventivamente gli emendamenti, che andavano presentati - questo l’accordo politico con il presidente della commissione Giustizia, il leghista Andrea Ostellari - ieri sera. La Lega, di cui il Pd non si "fida", non si è mossa. Idem M5s, Leu e lo stesso Partito democratico, che hanno la linea dell’esame diretto in aula. Questo potrebbe portare, martedì prossimo, ad un esame nel merito solo degli interventi richiesti da Italia Viva.

Che sono quattro: due sull’articolo 1 e le definizioni, ovvero lo stralcio dell’attuale formulazione e la riformulazione secondo il lodo-Scalfarotto. Iv interviene poi sull’articolo 7, in cui si parla delle iniziative da tenere nelle scuole in occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia e la transfobia: queste dovranno rispettare «l’autonomia scolastica» dei singoli istituti, specificano i renziani. Infine il capogruppo Faraone e Giuseppe Cucca propongono di eliminare l’articolo 4 con la clausola "salva-idee" perché già la Costituzione tutela la libertà di opinione e diversi giuristi hanno sottolineato l’anomalia di una legge ordinaria che pretende di regolare una garanzia costituzionale.