Attualità

BIOETICA. Fine vita, al Senato semaforo verde per il ddl

Pier Luigi Fornari venerdì 27 marzo 2009
Il Senato approva a larga maggioranza con 150 voti a favore, 123 contro e 3 astenuti, il dise­gno di legge sul fine vita, in una versione nel­la quale è stata cancellato il carattere «vincolan­te » delle dichiarazioni anticipate di trattamento (dat). A conclusione dei lavori il presidente Renato Schifani ha sottolineato come tutti i senatori «ab­biano in questi mesi adempiuto all’obbligo di contribuire, seppur in una prima fase perché poi toccherà alla Camera, a dotare il Paese di una di­sciplina in una materia che la richiedeva con for­za da tempo». Il Senato, ha aggiunto, «si è sapu­to confrontare con libertà, franchezza e coraggio sui temi rispetto ai quali l’unica guida è stata, co­me deve essere, la coscienza individuale di tutti noi». Il 'sì' definitivo al provvedimento è giunto nel pomeriggio, dopo che nella mattinata l’aula spronata e più volte richiamata all’attenzione da Schifani, ha compiuto «una buona maratona» li­cenziando ben 6 articoli. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha e­spresso soddisfazione a nome del governo per «la solidità mostrata dalla maggioranza», ringra­ziando Schifani, per il rispetto dei tempi e il sot­tosegretario Eugenia Roccella che ha seguito l’i­ter del provvedimento. Nel ddl, secondo il mini­stro, «trova conferma quella strumentazione ri­volta al valore della vita e della persona che ave­vamo auspicato con la garanzia della nutrizione e dell’idratazione». Il caso Englaro con questa norma «non sarebbe stato possibile». E la stessa Roccella si è dichiarata soddisfatta perché «il Pdl ha dimostrato di non essere un partito eticamente anarchico, ma un partito autenticamente liber­tario». L’opposizione invece ha «cambiato linea dopo un rapporto che all’inizio era molto dialo­gico». Il Senato approvando il ddl, ha commentato il ca­pogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, «ha scelto per la vita, contro il partito della morte e dell’eu­tanasia. Avremmo voluto fare prima una legge che impedisse eventi drammatici. Dedichiamo il voto di oggi a chi non c’è più. A chi ogni giorno assiste chi soffre, alle suore di Lecco in particola­re ». «Non siamo sicuri che quella che stiamo ap­provando sia la legge migliore. Sappiamo però di aver fatto un buon lavoro, e di possedere gli ar­gomenti e la forza per spiegarlo a un’opinione pubblica fin qui intossicata di ideologia», ha det­to il suo vice, Gaetano Quagliariello, in dichiara­zione di voto finale, richiamando sia il «principio di precauzione», sia una scelta culturale «che pro­viene da quel senso assoluto del diritto alla vita» pietra miliare nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Ha ringraziato l’opposizione «per la lealtà con cui ha perseguito le proprie i­stanze », ma ha assicurato di non aspirare «ad a­vere i quarti di nobiltà politico-culturale dei Gat­topardi ». «Da questa parte non ci sono sciacalli», ha aggiunto difendendo il comportamento del suo gruppo nel duro scontro, la sera in cui fu co­municata la morte Eluana Englaro. Invece secondo la capogruppo del Pd, Anna Fi­nocchiaro, il ddl è fondato «sul tradimento» an­che della Costituzione e «su parole ingannevoli». A suo giudizio le dat «potranno essere comun­que disattese e il tradimento arriverà nel mo­mento della maggiore debolezza». La presidente dei senatori democratici ha esaltato il dibattito in­terno al suo gruppo, assicurando di aver impa­rato «a dubitare», e che è stata riconosciuta la li­bertà di ciascuno. Mentre nella maggioranza vi sa­rebbe state «paura e sordità». «Non capisco l’opposizione che si sente tradita» ha replicato la Roccella, sottolineando che «il te­sto di legge è sempre rimasto quello»: il vincolo per il medico «non può esistere» come affermò un parere del Comitato nazionale per la bioeti­ca. In dissenso dal voto contrario del gruppo del Pd hanno an­nunciato un 'sì', Emanuela Baio e Claudio Gustavino. La prima ha sottolineato che il ddl «afferma in modo chiaro il valore principe della difesa della vita». Però la Baio ha la­mentato che non siano stati inseriti nei livelli essenziali di assistenza i servizi per le fa­miglie di pazienti in «condi­zione di estrema fragilità». La legge «con chiarezza, non lascia alcun indugio eutanasico», ha sostenuto Gustavino, dicendosi «orgoglioso» di quanto approvato in materia di i­dratazione e alimentazione. Non ha partecipato al voto Luigi Lusi, che ha accusato la maggioran­za di aver impedito miglioramenti. Per quanto ri­guarda il Pdl i voti in dissenso sono stati: i 'no' di Pera, Paravia, Saia e Saro. Astenuti Conti, Conti­ni e Malan. Laura Bianconi, contraria alle dat, non ha partecipato al voto. «Un buon testo – ha detto Fabio Rizzi annun­ciando il 'si' della Lega – certamente il migliore possibile», che avrebbe potuto essere «ancor più valido e condiviso», se non vi fosse stata «una tempistica compressa». Il capogruppo dell’Udc, Gianpiero D’Alia, dichiarando il voto favorevole, ha rilevato che «con grave ritardo, il Parlamento interrompe la latitanza» sul fine della vita, col­mando «un vuoto riempito impropriamente da sentenze che affermano, con insopportabile di­sinvoltura, la possibilità di lasciar morire di fame e di sete un essere umano sulla base di sue pre­sunte volontà». «Totalmente negativa», invece la posizio­ne dell’Idv, annunciata da Giuseppe Astore (Idv), pro­spettando il referendum. Tra le principali modifiche approvate ieri c’è l’elimina­zione, nell’articolo 4 del ca­rattere vincolante delle dat, con un emendamento di An­tonio Fosson e Salvatore Cin­tola del gruppo Udc-Svp-Aut. È stato, poi, soppresso il com­ma 3 dell’articolo 6 che vietava al fiduciario di modificare in alcun modo le dat e lo impegnava a garantirne la presa in considerazione. Nell’ar­ticolo 7, è stato soppresso il comma 3, che in si­tuazioni d’urgenza prevedeva che il medico, sen­tito il fiduciario, decidesse «in scienza e coscien­za » annotandolo «nella cartella clinica». È stato soppresso anche il comma 4 che specificava che se le le dat non corrispondessero più agli svilup­pi scientifici il medico potesse disattenderle mo­tivandolo nella cartella clinica.