«Da tempo alcuni magistrati tentano di smontare la legge 40 a forza di sentenze, contraddicendo la volontà popolare espressa in un referendum, sia la volontà del Parlamento. L’intervento del Tribunale di Bologna si inscrive in questa tendenza». Il giudizio di Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare, sull’ordinanza del giudice felsineo Cinzia Gamberini, che ha permesso la diagnosi genetica preimpianto a una coppia portatrice di una malattia genetica, è tranchant.
Dopo questa ordinanza si apre uno spiraglio alla diagnosi preimpianto in Italia? «No. Si tratta di un tribunale civile che ha emanato un’ordinanza su un singolo caso. La legge 40 resta la legge».
Oltre alle sentenze ambigue, anche i ricorsi aumentano. «La legge 40 risente di una cattiva propaganda, tanto che è una inchiesta della European Society of Human Reproduction a dire che il 40% delle coppie italiane che vanno all’estero lo fanno per prestazioni che potrebbero tranquillamente fare in Italia. La disinformazione alla fine si ritorce contro gli stessi centri che la attuano».
L’ordinanza di Bologna dice di appoggiarsi sulla sentenza della Consulta dello scorso aprile. «La Corte ha detto che non deve essere il legislatore ma il medico a decidere il numero degli embrioni da produrre e impiantare, tenendo conto ovviamente della salute della donna. Il magistrato ha stabilito invece qual è il numero degli embrioni da produrre, non meno di sei, contraddicendo così la Corte. Inoltre la sentenza della Corte ha lasciato intatti tutti gli altri divieti della legge 40, tra cui quello di crioconservazione – pratica che deve rimanere un’eccezione, per cui bisogna produrre il numero strettamente necessario di embrioni – e soprattutto quello di selezione eugenetica».
A questo proposito, il magistrato giustifica la selezione degli embrioni appellandosi a quel rispetto della salute della donna – intesa come salute psichica, evidentemente – richiamato dalla Corte. Un accostamento neanche troppo velato alla legge 194. «La 194 non ha legittimato l’eugenetica, mentre questa ordinanza introduce per la prima volta, ed è una cosa gravissima, 'il diritto di abbandonare l’embrione risultato malato': sono le parole testuali che usa il giudice. La 194 fa riferimento a una donna che si ritrova in grembo un figlio e che non ce la fa a portare a termine la gravidanza, salvo mettere a repentaglio la sua salute psichica. Nel caso della fecondazione assistita non si parte da una gravidanza: c’è un progetto di maternità cui hanno dato il consenso informato sia la madre che il padre. Si tratta di qualcosa di programmato. Quindi una donna farebbe una previsione sul fatto che impiantare quell’embrione potrebbe incidere sulla sua salute psichica... ».
Insomma due situazioni non comparabili. «Assolutamente no. Per la prima volta, ripeto, si parla in un atto giurisprudenziale di un diritto al figlio al sano e, implicitamente, di un non diritto del figlio malato a venire al mondo. Una chiarissima apertura all’eugenetica».
Si possono frenare questi ripetuti tentativi di aggirare le legge 40 per via giudiziaria? «Confido molto nelle nuove linee guida che stiamo elaborando, con l’ausilio di due commissioni, e che saranno pronte tra circa sei mesi. Le linee guida non servono per interpretare la legge ma per garantirne un’applicazione il più possibile trasparente e conforme ai suoi principi».