Per ricompattarsi, il centrodestra ha scelto una delle piazze più simboliche della sinistra italiana: piazza Maggiore, a Bologna. Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno risposto all'appello di Matteo Salvini ed hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Lega per
lanciare il messaggio che "per vincere bisogna essere uniti, ma
senza organizzare un ritorno al passato. Questo - ha chiarito
Salvini - non è un ritorno al '94, alle vecchie formule, alle
marmellate, qua comincia qualcosa di nuovo che è guidato dalla
Lega, ma che è aperto a tutti gli italiani che oggi sono lontani
dalla politica".
La manifestazione bolognese viene commentata in nottata da
fonti di Palazzo Chigi con parole molto dure: "Noi stiamo
riportando l'Italia a crescere, altri preferiscono giocare sulla
paura". Il senso del ragionamento è: Noi siamo e diamo stabilità e
tranquillità. Loro puntano a spaventare gli italiani.
Ma ancor più che le parole, ad essere importanti sul palco di
piazza Maggiore sono state le simbologie: Salvini ha, di fatto,
rivendicato la leadership sua e della Lega sulla nuova alleanza.
Da Berlusconi, al quale non è stato riservato l'onore della
chiusura, non è arrivata una vera e propria abdicazione: ha
speso parole di grande apprezzamento per i suoi alleati che
insieme hanno i suoi anni, ma ha anche fatto loro capire che
senza di lui la nuova alleanza non ha chance.
La manifestazione bolognese è stata un buon successo di
affluenza (circa
20mila persone in piazza, non certo i 100mila
annunciati da Salvini, ma comunque un discreto colpo d'occhio)
in una città totalmente blindata, con numerosi cortei
antagonisti che si sono conclusi con una carica, un funzionario
di polizia ferito e due manifestanti fermati: un bilancio che,
data la tensione della vigilia, si temeva molto peggiore.
Ma è servita anche, come non ha mancato di sottolineare un
politico navigato come Bobo Maroni, a definire il "perimetro del
centrodestra che si candida a governare l'Italia". Un perimetro
dal quale è fuori il Nuovo centrodestra: il suo leader, il
ministro dell'Interno, Angelino Alfano, è stato attaccato dal
palco almeno quanto Renzi, che almeno nelle intenzioni
dell'iniziativa, era il bersaglio privilegiato.
Salvini non ha scelto eufemismi. "Con noi un personaggio
inutile e incapace come Angelino Alfano non ci sarà mai". Il ministro dell'Interno
gli ha replicato con le parole del suo conterraneo Leonardo
Sciascia: "Salvini non è un piccolo uomo o un ominicchio, ma un
quaquaraquà incolto e ignorante". Alfano ha criticato apertamente anche il suo ex mentore,
autore di una scelta di campo che pare ormai irreversibile.
"Andare a 80 anni a farsi fischiare da questa gente è una cosa
molto triste. Salvini è diventato il suo diretto superiore", ha
detto alludendo anche ai mugugni della piazza leghista quando
l'ex premier si è dilungato a snocciolare il suo programma
elettorale. Berlusconi, in compenso, non ha fatto mistero di non
avere nostalgie del suo ex delfino. "Con questa ritrovata unità
- ha detto l'ex Cav - superiamo il 40% e vinciamo le prossime
elezioni. Con Matteo, con Giorgia e con Silvio non ce ne sarà
più per nessuno". È questo ciò che Giorgia Meloni ha definito
"il fronte anti-Renzi" che si prepara a costruire un'alternativa
di governo.
Il rinnovato centrodestra di piazza Maggiore, ha assicurato
Salvini, si metterà subito al lavoro per la prima sfida in
programma, ovvero le elezioni comunali della prossima primavera,
che non serviranno solo per provare a riconquistare alcune
importanti città, ma anche per tentare la spallata al governo:
"Se si va insieme - ha detto Salvini - Renzi va a casa il prima
possibile".