Attualità

Le tensioni. Proteste e antisemitismo: che cosa sta succedendo nelle nostre università

Vito Salinaro giovedì 21 marzo 2024

Gli studenti di Bologna, sotto lo slogan "Boicotta Israele", si scontrano con la Polizia

«La violenza contraddice l’essenza stessa dell’università, sede naturale del pensiero critico». È dunque da «condannare qualunque atto teso a silenziare con la prevaricazione l’opinione altrui». È quanto evidenziato dalla Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), al termine dell’incontro avuto a Roma, con il ministro dell’Università e della ricerca, Anna Maria Bernini, in cui è stato annunciato «l’impegno ad adottare buone pratiche orientate alla preservazione del diritto di esprimere qualunque opinione all’interno degli spazi universitari, nel rispetto del confronto culturale, del vivere civile e dei valori fondanti della Costituzione della Repubblica».

Insomma, gli atenei «sono comunità di studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo che, attraverso la formazione, la ricerca scientifica e il dialogo, generano e trasmettono nuovo sapere, fondato sul confronto, anche aspro e determinato, fra tesi diverse. Argomentate e non gridate. Sostenute dall’esercizio della ragione e non imposte», ha ribadito la Conferenza. Una puntualizzazione giunta mentre imperversa un crescente clima ostile nei confronti di Israele. Che ha portato anche a scontri con le forze dell’ordine (a Bologna) e ad occupazioni da parte dei collettivi studenteschi di sinistra che hanno impedito lo svolgimento di dibattiti e convegni (hanno fatto rumore le contestazioni al giornalista David Parenzo alla Sapienza di Roma e al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, alla Federico II di Napoli).

Ad accrescere ulteriormente la tensione, la decisione da parte di alcune università - l’ultima quella di Torino -, di interrompere rapporti di collaborazione e progetti avviati con gli atenei israeliani, in aperto dissenso con la politica adottata dal premier Benyamin Netanyahu, dopo l’attacco sferrato da Hamas al suo Paese il 7 ottobre scorso. L’incontro di Roma, ha precisato da parte sua Bernini, è servito «per ascoltare e condividere le soluzioni migliori per evitare che episodi come quelli dei giorni scorsi si ripetano. La riunione è andata bene. Non siamo preoccupati, tuteliamo la libera manifestazione del pensiero con un unico, insormontabile, sbarramento: la violenza. A quel punto saranno i rettori, che hanno ringraziato le forze dell'ordine, a stabilire quando e dove chiederne l'intervento. Ho chiesto loro di continuare a incontrarci, non ci sono state lamentele, stiamo cercando gli strumenti. Non abbiamo parlato delle collaborazioni con Israele quanto di dare voce a tutti».

Che si viva un «momento carico di tensione», non è un mistero nelle parole del rettore della Statale di Milano, Elio Franzini: «Speriamo di risolverlo. In una università come la mia non si può pensare di limitare gli accessi, abbiamo più di 40 sedi, è impossibile», ha risposto alla domanda dei cronisti sulla limitazione degli accessi durante i dibattiti “a rischio”. A Napoli, da qui in avanti, le cose andranno diversamente: «Da noi 250 ragazzi – ha raccontato il rettore della Federico II, Matteo Lorito – volevano assistere al dibattito con il direttore di Repubblica Molinari, e 20 lo hanno impedito. L’università è la casa dove si deve parlare di tutto e con tutti. Faremo eventi con prenotazioni e inviti, questa è la conseguenza più triste. Abbiamo appena chiuso le prenotazioni per Geolier, 500 posti prenotati in pochi secondi».

È aperta una riflessione «sul tema dell'antisemitismo per chiarire un concetto– ha osservato il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi –: criticare alcuni atti dell'attuale governo israeliano non è un'azione di antisemitismo», né «una mancanza di rispetto della comunità ebraica, bisogna distinguere i popoli dalla critica di certi atti». Comunque, ha commentato il rettore di Roma Tre, Massimiliano Fiorucci, «non va bene quando ci sono episodi di violenza, sia essa verbale o non verbale, quando è impedito a qualcuno di parlare; faremo in modo che questo non succeda e che ci sia un confronto anche su posizioni diverse ma dove le opinioni si possono tutte esprimere».