Attualità

INCHIESTA. Le terre strappate ai clan coltivate nel nome di Livatino

Antonio M.Mira venerdì 18 febbraio 2011
Dalla morte alla vita, dalla violenza alla speranza, dall’economia mafiosa al lavoro pulito. Contrada Virgilio nel comune di Naro. Sessantacinque ettari di fertile terra siciliana. Poco più di venti anni fa un coraggioso "giudice ragazzino" indagava per sequestrarli alla potente famiglia mafiosa agrigentina dei Guarneri. Era Rosario Livatino, magistrato profondamente convinto dell’importanza della lotta al potere economico delle cosche. Pagò con la vita questa scelta, ucciso dal piombo dei killer mafiosi il 21 settembre 1990. Ora quei terreni torneranno alla vita e daranno grano dorato e un lavoro pulito e onesto. Proprio qui, infatti, nascerà e lavorerà una cooperativa in memoria del suo nome. Giovani e agrigentini, come Livatino, nato a Canicattì dove visse coi genitori fino alla morte violenta. Una bella squadra la affiancherà e sosterrà. L’iniziativa, infatti, nasce dalla collaborazione tra l’associazione Libera, la Diocesi di Agrigento, la Caritas diocesana, l’Agesci, il progetto Policoro della Cei per l’imprenditorialità giovanile nel Sud, la Prefettura, Confindustria, la Camera di Commercio, il Consorzio agrigentino per la legalità e lo sviluppo. Si è cominciato con un bando, pubblicato l’1 dicembre e aperto fino al 28 febbraio, per la selezione dei dodici giovani che seguiranno un corso di formazione (relativo a 6 profili professionali) e poi entro la fine dell’anno costituiranno la cooperativa. Un cammino già intrapreso con successo per le tre cooperative siciliane "Placido Rizzotto", "Pio La Torre" e "Beppe Montana"; per quella pugliese "Terre di Puglia"; per quella calabrese "Valle del Marro" e per quella campana "Le terre di don Peppe Diana". E che sarà utilizzato anche dalla prossima a Isola Capo Rizzuto (Crotone). L’iniziativa verrà illustrata questa mattina ad Agrigento, alla presenza del arcivescovo, Francesco Montenegro, del prefetto, Francesca Ferrandino, del presidente di Confindustria Agrigento, Giuseppe Catanzaro, uno dei protagonisti della "primavera siciliana".Un scelta forte e piena di signficato. Livatino, infatti, negli ultimi anni di vita lavorò come giudice al tribunale per le misure di prevenzione, proprio il settore che opera sul fronte del contrasto alle ricchezze accumulate dalle mafie. Ci credeva molto il giovane magistrato, entrando anche in contrasto con alcuni colleghi e facendosi molti nemici tra i mafiosi e la zona grigia che li proteggeva. Non è un caso che il corso che ogni anno viene organizzato dal Csm sul tema dei beni confiscati sia intitolato proprio a Livatino. Quest’anno inizierà il 7 marzo, data del quindicesimo anniversario dell’approvazione della legge 109, sull’uso a fini sociali dei beni confiscati, nata dopo la racccolta di più di un milione di firme da parte di Libera. Una legge che completava il lavoro portato avanti da bravi e sensibili magistrati come Livatino.Si comincia coi 65 ettari di Naro, "regalo" del giudice Livatino e altri 11  nel comune di Licata. Ma si punta anche all’utilizzo di altri 250 ettari in località Gibbesi sempre a Naro, per ora "bloccati", malgrado la confisca, da alcune criticità come ipoteche o conteziosi coi vecchi affittuari. Purtroppo non una rarità nelle vicende dei beni confiscati.Non sarà solo lavoro pulito, ma anche educazione.  Nel progetto è infatti inserita la gestione di un centro di aggregazione sociale sempre a Naro in contrada Robadao, nato coi finanziamenti del Pon sicurezza del Viminale, ma purtroppo ancora inutilizzato. A rimboccarsi le maniche, già da subito, saranno gli scout dell’Agesci, come ci spiega Salvatore Ciulla, del comitato di zona dell’associazione e animatore di comunità del Progetto Policoro. Proprio educazione e lavoro. "Puntiamo su un percorso formativo sia coi capi che vivono il dramma del precariato sia coi ragazzi". Uno degli obiettivi sarà coinvolgere questi ultimi in un primo contatto coi beni confiscati, recuperando il centro di aggregazione in parte vandalizzato. "Faremo dei piccoli campi di lavoro per renderlo fruibile e per svolgervi poi incontri tra i ragazzi e testimoni della lotta alla mafia". Nel nome di quel "giudice ragazzino" ucciso per strappare questa terra al male. "Ne abbiamo parlato coi ragazzi e per loro è stata una scoperta. Sono rimasti molto colpiti perchè era una persona normale, semplice, concreta. Proprio come piace a loro". Un altro regalo di Rosario Livatino.