La crisi politica. Le tappe per uscire dallo stallo
ESPLORAZIONI PER STANARE I LEADER
Se Casellati sblocca parte il governo centrodestra-M5s. O lunedì tocca a Fico con il mandato di allettare il Pd.
Come hanno spiegato costituzionalisti e giuristi di ogni ordine e grado, l’incarico esplorativo conferito a Maria Elisabetta Alberti Casellati non è un’investitura a premier. Consiste, piuttosto, in un mandato politico a sondare la reale fattibilità di una delle ipotesi emerse nei primi due giri di consultazioni al Colle: un governo tra il centrodestra unito e M5s. La probabilità che i veti di 5S su Berlusconi cadano è, al momento, molto bassa. Così come è poco probabile che il Movimento di Di Maio accetti di rinunciare alla poltrona da premier. Ma poniamo in ipotesi che oggi, con il secondo round di incontri a Palazzo Giustiniani, il presidente del Senato riesca a trovare la giusta quadra: in tal caso, tra domani o lunedì, il presidente della Repubblica potrebbe conferire un incarico pieno per la formazione dell’esecutivo. Alla stessa Casellati, a Salvini in quanto leader del centrodestra, a un uomo di collegamento come Giorgetti. Non importa tanto il 'chi' quanto lo schema: centrodestra come coalizione più votata insieme al gruppo parlamentare più corposo. Ma realisticamente va posta l’ipotesi che Casellati - come già si è intravisto ieri - non riesca a sbloccare la situazione. L’unica 'novità' è che Berlusconi ha aperto a M5s, ma non basta certo a convincere i pentastellati a fare altrettanto. Se domani quindi Mattarella dovesse registrare il blocco totale tra centrodestra e 5s, si prenderebbe dei giorni di riflessione per poi conferire, lunedì, un nuovo incarico esplorativo a Roberto Fico, presidente pentastellato della Camera. A lui darebbe una consegna speculare a quella ottenuta da Casellati: verificare se si può davvero aprire l’altro forno, quello che mette insieme M5s e Pd. Anche la tempistica sarebbe simile: Fico dovrebbe riferire al Colle martedì sera o giovedì (mercoledì è la Festa della Liberazione). Non si può escludere che il Pd offra una disponibilità, ma la condizione è pesante: la rinuncia alla premiership da parte di Di Maio. Fico può farsi carico di un negoziato così complesso sul punto più importante? E M5s reggerebbe? Due domande che fanno pensare che anche quello di Fico potrebbe risultare un tentativo a vuoto.
L'ATTESA NECESSARIA
La decisione finale solo dopo il Friuli. Intervallo anche per "sciogliere" il Pd
Se fallissero entrambi gli incarichi esplorativi, il Colle si troverebbe al bivio: insistere su un accordo politico o passare alla strada del governo istituzionale. Ma la settimana prossima non è proprio quella migliore per prendere una decisione così dirompente. Quando, più o meno a metà della prossima settimana, Fico avrà comunicato che al momento non ci sono le possibilità per un governo M5s-Pd, mancheranno pochi giorni al voto in Friuli e ne saranno passati pochi anche dalle elezioni in Molise. Una ulteriore breve pausa di riflessione potrebbe risultare opportuna e necessaria, a meno che gli scenari internazionali non impongano svolte che prescindono da ogni aspetto particolare. D’altra parte sia in questo week-end sia nel prossimo quasi tutti i leader sono in campagna elettorale nelle Regioni interessate, a dimostrazione di quanto i partiti ci tengano a fare un buon risultato. Nel centrodestra, poi, Molise e Friuli sono una specie di cartina di tornasole dei rapporti di forza interni. Nella Regione dell’Italia centrale si valuterà il peso di Forza Italia. Nel profondo Nord-Est la Lega cerca un "boom" che faccia rumore a Roma. L’attesa del voto in Friuli del 29 aprile potrebbe aiutare anche a suscitare una svolta nel Pd. I dem aspettano che si areni il negoziato Salvini-Di Maio per tornare in partita in un governo istituzionale con l’ombrello del Colle. I tre punti posti da Martina nei giorni scorsi (poveri, famiglia e salario minimo) in prospettiva servono a scrivere l’agenda di un "governo del Presidente". Da fare con tutti? O anche con uno solo degli altri due poli? Su questo punto i dem ancora non hanno una linea chiara. A Forza Italia piacerebbe trainare il Pd in un esecutivo guidato dal leghista "moderato" Giancarlo Giorgetti. I dem vorrebbero non concedere l’opposizione a M5s e quindi preferiscono aspettare un’indicazione tripartisan del Colle.
LA MOSSA INEVITABILE DEL COLLE
La carta del "governo utile" (Giampaolino o Cassese?). A meno di un ritorno di fiamma tra Salvini e Di Maio
Il 2 maggio, o comunque in quella settimana, qualcosa accadrà. Se restassero in piedi tutti i veti incrociati, il presidente della Repubblica farà la sua proposta al Paese, al Parlamento e ai partiti: un governo istituzionale, un esecutivo utile a "scavallare" la manovra di ottobre e a riportare il Paese al voto entro la primavera 2019 in condizioni di stabilità economica e magari con una nuova legge elettorale. Già circola qualche nome, tra cui quelli di Luigi Giampaolino e Sabino Cassese. Il capo dello Stato si aspetta che un esecutivo del genere annoveri nella propria maggioranza quei partiti che attraverso le consultazioni e gli incarichi esplorativi hanno avuto l’opportunità di costruire un governo politico, quindi anche Lega e M5s. Non è da dare per scontato. E non è dare per scontato l’appoggio del Pd se una di queste due forze dovesse tirarsi fuori. I dem infatti non vogliono concedere a nessuno l’opportunità di fare opposizione da soli in un lento cammino verso il voto-bis, mentre le forze "responsabili" saranno impegnate a sostenere un governo che realisticamente potrà solo scongiurare lo scatto dell’aumento Iva. Per ottenere un governo istituzionale sostenuto solo da due dei tre poli, quindi, Mattarella dovrà spendere una profonda "moral suasion". Ma attenzione, immediatamente dopo il Friuli potrebbe ricomparire anche un altro scenario. Un governo Lega-M5s con Forza Italia ai margini, in una posizione defilata, magari relegata all’appoggio esterno. È lo scenario che si era palesato dopo il primo giro di consultazioni al Colle e che poi è svanito la notte prima del secondo giro. Non è da escludere un ritorno di fiamma tra Salvini e Di Maio legato alla fine della campagna elettorale per le Regionali. I leader di Lega e M5s hanno mostrato un’intesa invidiabile nelle nomine delle presidenze delle Camere e nella definizione dei primi atti del Parlamento. Può un feeling del genere svanire di colpo? O c’è semplicemente bisogno di tempo perché maturi e porti a una soluzione di governo? Nella peggiore delle ipotesi, il 2 maggio lo si saprà con certezza. O Mattarella dovrà fare da sé.