Integrazione. Cittadinanza, le seconde generazioni: legge subito
Il presidente del Senato Pietro Grasso con Santerini, Chaouki e i rappresentanti delle seconde generazioni
Basta "italiani senza cittadinanza". Basta "stranieri a casa propria". Da sedici mesi la palla è nel campo del Senato, all’esame della Commissione Affari Costituzionali, ma di fatto tutto è fermo. Non si sa quando la nuova legge sulla cittadinanza, approvata a ottobre 2015 dalla Camera, sarà votata nell’aula di Palazzo Madama. Ieri si è pronunciato in modo chiaro Pietro Grasso: «Se dipendesse da me, sarebbe già approvata». La seconda carica dello Stato ha ricevuto una delegazione di figli d’immigrati accompagnata da Milena Santerini (Democrazia solidale-CD) e Khalid Chaouki (Pd). I due deputati, in prima linea nel percorso che ha visto l’approvazione a Montecitorio, hanno lanciato un appello al Senato che ha visto l’adesione di 40 parlamentari di diversi schieramenti e oltre 30 associazioni impegnate per l’integrazione, che da anni invocano la riforma.
Ci sono il portavoce dell’Unicef, il mondo cattolico (Comunità di Sant’Egidio, Centro Astalli, Focolari, Casa della Carità), ma soprattutto le realtà delle seconde generazioni, come Anolf Cisl, Associna, Lotus Club, Pontes, Genti di Pace, i Giovani musulmani d’Italia. Kelum Perera di Lotus, 33 anni, nato a Firenze da genitori singalesi, è cresciuto tra Forlì e il cricket. Oggi lavora come consigliere nazionale del Coni ed è uno dei giovani che ha incontrato Grasso. Dice: «Non deve esserci differenza tra un bambino figlio di italiani e un suo coetaneo nato in Italia da genitori stranieri. Lo vedo anche nello sport: per tanti "italiani senza cittadinanza" la partecipazione ai livelli più alti è preclusa». Dopo di lui, Marco Wong, presidente di Associna, ha detto: «Sono 36 anni che aspetto di essere italiano e non dover più rinnovare il permesso di soggiorno». Non a caso il presidente del Senato ha voluto regalare una copia della Costituzione come auspicio: un augurio, dunque, a diventare un domani italiani di diritto e non solo di fatto. Al Senato la riforma della cittadinanza è ferma perché "superata" da altre priorità, sommersa da 8mila emendamenti presentati dalla Lega Nord come forma di ostruzionismo.
Nonostante questo, Grasso ieri si è detto fiducioso rispetto a una rapida approvazione. «Questo provvedimento – hanno detto Santerini e Chaouki – non è più rinviabile, riguarda il futuro del nostro Paese: i figli di famiglie immigrate, nati o cresciuti qui, sono una risorsa importante e devono poter diventare cittadini a tutti gli effetti attraverso una partecipazione attiva al patto costituzionale». Sono quasi un milione gli italiani senza cittadinanza, stranieri per la legge ma «qui da una vita»: studiano nelle nostre scuole, si laureano nelle nostre università, giocano nelle squadre di calcio e frequentano gli oratori. Lo ha sottolineato anche il presidente del Senato. «Ogni volta che visito le scuole per parlare di legalità, mi impressiona vedere che ci sono tanti ragazzi, ancora non italiani, che lavorano con impegno per diffondere la cultura della legalità». Continua Paolo Morozzo della Rocca della Comunità di Sant’Egidio, anche lui nella delegazione ricevuta al Senato. «La cittadinanza ai nuovi italiani gode di un consenso profondo nella società: per l’Istat, oltre il 70% degli italiani è favorevole alla riforma sin dal 2012». Per Santerini, deputata che ha seguito questi temi anche come docente di Pedagogia alla Cattolica di Milano, «va adeguata la legge a una realtà, quella dei 'nuovi italiani', che non è un’emergenza o un fatto estemporaneo, ma uno dei fenomeni epocali tipici delle società occidentali. Aver studiato in Italia, ad esempio, vuol dire condividere la cultura del Paese: è questo che rende cittadini. Il testo all’esame del Senato riconosce il legame effettivo, i fatti: permanenza, adesione e condivisione».