Milano. Le mani della 'ndrangheta sulle curve
Il procuratore di Milano Marcello Viola
Droga, «dalla quale la ‘ndrangheta «ricava guadagni enormi e li reinveste», dato «l’incrocio tra domanda e offerta a livelli altissimi»; traffico di rifiuti, «un’attrazione irresistibile» in quanto «attività a basso rischio e molto redditizia». Ma anche «il mondo del calcio», dove la ‘ndrangheta può esercitare una «attività di controllo» nella gestione dei parcheggi degli impianti o dei biglietti. È una sintesi di quanto ha detto ieri il procuratore della Repubblica di Milano Marcello Viola durante l’audizione in commissione parlamentare antimafia. «Dalle indagini milanesi è emersa l’esistenza di rapporti non occasionali tra la criminalità organizzata ed esponenti delle tifoserie di calcio oppure tra questi e i gruppi eversivi», ha detto Viola.
Il pm di Milano Paolo Storari, ascoltato in audizione insieme alla collega a capo della dda Alessandra Dolci, ha invece posto l’attenzione sui «serbatoi di personale» gestiti dalla criminalità e sullo sfruttamento della manodopera a basso costo: «Imprese che si mettono ad affittare manodopera a grandi imprese», ha detto Storari, rovesciando i termini di un rapporto strutturale: «Non è la criminalità mafiosa che conforma e modella la criminalità economica - dice -, ma è la criminalità economica che conforma e modella la criminalità mafiosa. Le cooperative spurie in mano alla ‘ndrangheta si comportano da ‘ndranghetisti ma come operatori commerciali illegali. Il committente non sempre è in dolo, ma si disinteressa di chi ha dentro, mosso solo dalla logica del costo», ha aggiunto il pm.
Questa è la «colonizzazione della ‘ndrangheta in Lombardia, che, anche se da un lato ha ancora come principale fonte di reddito il narcotraffico, dall’altro ha subito una mutazione genetica con le infiltrazioni nel settore economico-finanziario e nel mondo dell’impresa» spiega ancora Viola. Contro i professionisti dell’illegalità occorrono così nuovi strumenti, come i protocolli siglati con le sezioni fallimentari dei tribunali per avere informazioni sui reati spia, l’utilizzo di più personale di Agenzia delle Entrate e Inps, i consulti con Consob e Bankitalia, «perché il livello di analisi deve essere all’altezza dei consulenti di qualità di cui le mafie si servono», ha sottolineato la procuratrice antimafia Dolci. Oggi le “locali” di ‘ndrangheta nell’area di competenza della dda milanese si sono ampliate a 25. Dieci in più di quelle scoperte con l’indagine Infinito nel 2009, e con molti dei condannati di allora arrivati a fine pena, e perciò nuovamente attivi. Sono mantenuti anche «i collegamenti tra locali lombarde e le ‘ndrine calabresi, «che confermano l’esistenza di una struttura unitaria, ferme restando le rispettive autonomie» ricorda ancora il procuratore capo di Milano, che ha spiegato alla commissione «la drammatica» mancanza di risorse degli uffici con tre numeri: sette milioni di persone nel distretto milanese per «12 magistrati ridotti nell’ultimo periodo a 9 sostituti».