Terremoto. Le 5 suore che resistono a Spello: «Con l'aiuto di tutti possiamo farcela»
Nella via principale di Spello – la “Splendidissima Colonia Julia” com’è stata definita da Cesare la cittadina posta al centro dell’Umbria – di fronte alla collegiata di Santa Maria Maggiore che ospita affreschi del Pinturicchio, c’è il monastero agostiniano di Santa Maria Maddalena. È stato fondato nel 1316 e proprio lo scorso anno sono stati celebrati i sette secoli di presenza della forma di vita contemplativa che si ispira alla regola di Agostino.
«Una storia fatta di persone, piccoli e grandi fatti, simboli, momenti più o meno lieti», ha scritto il vescovo di Foligno e assistente ecclesiastico dell’Azione Cattolica Italiana, Gualtiero Sigismondi, nel libro commemorativo di questa significativa presenza monastica, punto di riferimento importante per le famiglie spellane. Oggi vivono all’interno di queste antiche mura, scrigni di silenzio e preghiera, gratuità e fecondità, cinque monache e due terziarie. La più giovane è l’abbadessa suor Maria Monica Dejolde, 56 anni, filippina. Lucidissima l’abbadessa emerita suor Agnese Di Adamo, 95 anni di età, 80 di clausura, più di 40 come guida della comunità (ora è la vicaria). Poi, altre tre religiose: due italiane di 90 e 75 anni, una filippina di 72 anni malata di Parkinson. Tra i momenti meno lieti nella vita di questo monastero c’è sicuramente il terremoto. Nel 1997 le forti scosse che sconvolsero l’Umbria e le Marche hanno seriamente lesionato la chiesa (di proprietà della diocesi di Foligno, riaperta al culto nel 2008), convento e casa di accoglienza (riaperti nel 2001). Per quattro anni le religiose sono state ospitate in una parte della canonica di Spello. «La clausura – racconta l’Ab
badessa emerita – è una vita bellissima; il terremoto però ci ha causato tantissimi disagi umani, burocratici, economici, legali».
«Ed ora – le fa eco suor Maria Monica che le è succeduta nell’incarico – siamo punto e a capo». Il terremoto che un anno fa, il 30 ottobre 2016, ha distrutto gran parte della Valnerina ha fatto nuovamente capolino al monastero di Santa Maria Maddalena. La piccola, bella e accogliente chiesa è nuovamente chiusa, ma questa seguirà l’iter previsto per il recupero dei beni culturali ecclesiastici e se ne occuperà la diocesi. Questa volta le monache non hanno dovuto abbandonare la clausura e questo grazie anche al modello di ricostruzione attuato dall’Umbria dopo il sisma del 1997, evocato più volte come esempio da seguire anche dopo i terremoti dell’Aquila 2009, Emilia Romagna 2012, Lazio-Umbria-Marche, Abruzzo 2016. Diverse camere della casa di accoglienza invece hanno subito danni, già sistemati però in autonomia dalle monache. «Siamo intervenute direttamente e immediatamente – spiega l’Abbadessa – perché la casa di accoglienza, insieme alla realizzazione delle corone del rosario con incorporata l’immagine di Santa Rita che le nostre consorelle agostiniane di Cascia ci chiedono per i devoti, è l’unico nostro sostentamento. Siamo in là con gli anni, aumentano le spese mediche e se non fossimo intervenute subito ci saremmo trovate in difficoltà».
Le anziane monache, affiliate al monastero agostiniano di Urbino che invia costantemente a Spello alcune religiose per un sostegno nella preghiera, nella condivisione della regola di S. Agostino e nella vita fraterna, chiedono alla sensibilità dei lettori di Avvenire un aiuto concreto, come già verificatosi nel 1997: Unicredit, filiale Spello, Iban IT43D0200838691000029429043; Ccp n. 13563069 intestato a Monastero Agostiniane di Santa Maria Maddalena. «Fin da ora ringraziamo – dice ancora suor Maria Monica – quanti vorranno essere generosi con noi. Affidiamo il nostro futuro alla Provvidenza di Dio, alla sua volontà e infinita misericordia».